La musica ha sempre avuto un ruolo importante per me, ogni momento della mia vita è impresso in modo indelebile nella mia playlist. Così, quando Alessandra e Giulia mi hanno invitato a parlare proprio di musica ho accettato con entusiasmo. Ed eccomi qui.
Io sono Federica, e oggi vi parlerò di un album che mi fa ballare da sola dentro la mia camera, Iodegradabile di Willie Peyote.
Chi è Willie Peyote?
Vero nome Guglielmo Bruno, è un rapper e cantautore italiano. Il suo pseudonimo nasce dall’unione di Willy il Coyote (personaggio animato dei Looney Tunes e il peyote (pianta allucinogena dell’America settentrionale), inoltre Willie è un riferimento al suo vero nome.
Inizia la sua carriera suonando il basso in una band punk rock, avvicinandosi al rap solo nel 2004.
Nel 2011 inizia a farsi posto nel panorama musicale italiano con il suo primo album da solista, “Il manuale del giovane nichilista”. Due anni dopo, nel 2013, esce “Non è il mio genere, il genere umano”, in cui riconferma il suo pessimismo verso la realtà.
Ma la vera svolta arriva nel 2015 con l’album “Educazione Sabauda”, ottenendo l’attenzione della critica e del pubblico grazie ai temi sociali affrontati, ne è un esempio il singolo “Io non sono razzista ma..”.
Nel 2017 pubblica il suo terzo album “Sindrome di Toret”, coniugazione perfetta delle sue due anime, rock e hip-hop, riconfermandosi una grande promessa del cantautorato italiano, raggiungendo la Top 10 della classifica FIMI degli album più venduti; contemporaneamente il brano Ottima Scusa, presente nell’album, viene certificato disco d’oro.

Perché ho scelto questo album?
Ho scelto “Iodegradabile”, perché in questo album Willie si riconferma un cantante che non è mai banale, che riesce ad affrontare con ironia la nostra realtà tragicomica. Questo album costringe l’ascoltatore ad uscire dalla sua bolla e a guardare in faccia ciò che lo circonda, riuscendo ad affrontare temi come la politica, la società ma anche l’amore in modo diretto. Il cantante descrive una realtà amara, quasi difficile da digerire, ma addolcita da una sonorità unica nel suo genere.
Come si dice?! “basta un poco di zucchero e la pillola va giù”
L’album:
L’album è composto da 12 brani, e si apre con un “Intro” in cui una voce femminile preannuncia il tema dell’album, come a preannunciare l’inizio di un nuovo sceneggiato televisivo, preparando l’ascoltatore alle tracce successive. In quest’album Willie affronta temi scottanti e verità scomode che ormai fanno parte del nostro quotidiano. Una società fondata sull’emarginazione del diverso, sulle apparenze e la falsa perfezione dei social.
Uno dei singoli che ha anticipato l’uscita dell’album è “La tua futura ex moglie”, traccia dalle sonorità quasi pop in cui il cantautore racconta di una storia d’amore, appena nata ma che prima o poi dovrà finire.
Parlando del brano Willie afferma:
“La tua futura ex moglie” è forse il mio primo vero pezzo d’amore, almeno il primo in cui non faccio il preso male. Cioè si, c’è la fine già nel titolo, ma a sto giro c’è effettivamente la paura di perdere qualcosa più che la rassegnazione. E’ l’inizio di tutto un nuovo percorso in cui, come ogni disco, sono cambiato prima io e poi la musica. Il resto lascio che lo cogliate dopo un paio di ascolti, che certe cose si nascondono sempre tra le righe.”
Cosa ne pensa Giulia?
Per me, il panorama musicale italiano (attuale) si può riassumere così: ripetitivo e fatto di voci interscambiabili. Certo, ci sono le dovute eccezioni, tipo Joan Thiele o in generale qualcuno che riesca a crearsi una identità musicale.
Quando ho ascoltato Willie Peyote per la prima volta, non ho avuto dubbi sul fatto che dietro due strofe che funzionano, ci fosse un persona che aveva la necessità di dire qualcosa di nuovo, che responsabilmente scegliesse come esprimersi, un feticista dell’ultima parola (scrivere 1312 non deve essere stato facile).
Un flow pazzesco e trascinatore su cui si sovrappone la vera chiave vincente: la costante polemica su tutto, che non è una messa in discussione vuota e sterile (certo, a volte sa di provocazione e basta, come ne La dittatura dei nonfumatori), ma poi ascolti con attenzione tutto in scaletta e la resa è un mix di riflessioni sulla politica (input: Portapalazzo) sui rapporti umani (Dettagli, ma anche Io non sono razzista ma e la figlia Mostro) e su qualcos’altro (Nessuno è il mio signore, Truman Show).
Poi arriva questo album e già dal concept lo si percepisce più sensibilizzato: ciò che sottende tutto il disco è la consapevolezza di quanto stia diventando tutto rapidamente veloce e consumabile.
Cosa ci stiamo perdendo nel gioco dell’approvazione? Ci si stia spersonalizzando anche a costo di rinunciare all’umanità? Ascoltatelo tutto davvero, perché credo che la base dell’empatia stia nella comunanza delle domande e questo disco potrebbe suggerirvene alcune.
Grazie tanto Federica per questa scelta (sperando di andare al concerto prossimamente).

Autore: Federica Tumbiolo
Classe 1995, studia Giurisprudenza all’Università di Pisa. Fa parte di Radioeco dal 2019.