Il ritorno degli animali in città ci insegna di più sull’uomo che sulla natura: e ci spiega come affrontare la crisi climatica dopo il coronavirus.
Tra crisi climatica e coronavirus, in questi giorni si moltiplicano gli avvistamenti di animali che tornano a ripopolare le città, come delfini nel porto di Cagliari, cigni nei canali di Burano, anatre nelle fontane di Roma e lepri a Milano, ma anche scimmie in Thailandia, cervi in Giappone, e Puma a Santiago del Cile.
Molte di queste notizie sono però false, esagerate o viste con le lenti deformanti della distanza: è ovvio che se abiti dall’altra parte del mondo, non lo puoi sapere che i cigni a Burano ci stanno normalmente. O che le lepri a Milano le potevi vedere anche prima, se capitavi di notte nel parco di Citylife. E così via, animali che si muovono in città anche di giorno, perché vuote, ma in cui non è assolutamente la prima volta che si fanno vedere. Le scimmie in Thailandia e i cervi in Giappone sono normalmente presenti nella città, e la loro evasione dalla zona in cui restano normalmente confinati è dovuta sì alla mancanza dell’uomo, ma perché dipendono dai turisti, ora assenti, per procurarsi il cibo.
Cosa dicono queste osservazioni dal punto di vista scientifico? Beh, praticamente nulla. Basta conoscere un poco come funziona la statistica per capire che osservazioni sporadiche e opportunistiche, soggettive e quasi miracolose, non possono essere utili per uno studio statisticamente significativo. Per Fabio Bulleri, docente e ricercatore di biologia marina dell’Università di Pisa, l’unico significato che queste apparizioni hanno è quello di mostrare come gli ambienti urbanizzati, privati del nostro continuo disturbo, possiedano ancora un potenziale per il ritorno della biodiversità:
“gli avvistamenti di animali sia terrestri che marini compiuti senza un approccio quantitativo hanno uno scarso valore scientifico, ma suggeriscono comunque spunto per riflessioni riguardo al valore ecologico di ambienti urbani. Da un certo punto di vista, lo stop di molte attività umane rappresenta un esperimento su grande scala spaziale.“
Esperimento che si estende anche alle nostre emissioni di CO2, la cui riduzione in seguito alla quarantena è un indicatore della nostra capacità di agire sul cambiamento climatico.

Se non ci dicono quasi nulla sulla natura, però, la diffusione di queste notizie ci può dire qualcosa sulla natura umana. Anzi, due cose. La prima, è che in questo periodo buio, una notizia che ci rende felici, ci dà speranza e ci provoca meraviglia è questa ricomparsa degli animali nelle città, è vedere la natura che si riappropria degli spazi da cui l’avevamo espulsa ritornando a prendere il controllo.
La seconda cosa è che queste notizie sono anche una facile via di uscita dal problema: basta stare casa, e, sorpresa, ci troviamo che abbiamo risolto non solo il coronavirus ma anche inquinamento e crisi climatica. D’altronde le emissioni sono diminuite, no?
Il problema è che, ovviamente, questo periodo è momentaneo, e soprattutto, l’intervento dell’uomo sulla natura è ormai radicato, e non dipende tanto dalla nostra presenza fuori casa quanto dalle trasformazioni di habitat e clima che già sono avvenute. E le cui conseguenze dureranno a lungo, anche se smettessimo improvvisamente di fare qualsiasi danno.
Ma non deprimetevi. Se c’è una cosa che possiamo imparare da questa situazione è che, appunto, le cose possono iniziare a cambiare se facciamo le scelte giuste. In questa quarantena abbiamo cambiato il nostro stile di vita, seppur con iniziale difficoltà, comprendendo che il non farlo avrebbe portato solo a sacrifici e perdite molto più grandi in futuro. Istituzioni ed economia hanno dovuto capitolare, per il bene di tutti e anche di loro stessi, eliminando il superfluo e conservando solo il necessario alla sopravvivenza in questa situazione di crisi (anche se potrebbero fare di più).

Il pericolo rimane, anche quando la quarantena per il coronavirus finirà: la crisi climatica continua. Sul virus abbiamo saputo agire per evitare conseguenze peggiori, e così dobbiamo agire sul clima.
Dopo questo periodo di pausa con meno emissioni e più animali, la situazione non deve riprendere come prima, o peggio di prima. Facciamo tesoro di questo nostro senso di meraviglia, della puntiforme speranza che queste notizie ci hanno donato, e usiamolo per modellare il futuro che vorremmo.
Concludo con una citazione che mi è sempre piaciuta di Fargo, famoso film dei fratelli Coen
Così era la signora Lundegaard quella distesa per terra… E quello che stavi triturando era il tuo complice… E quei tre poveretti uccisi a Brainerd! E tutto per cosa?! Per quattro biglietti di banca… C’è altro nella vita che quattro biglietti di banca… Non c’ha mai pensato?!
Ora ci abbiamo pensato (tranne Donald Trump), a quanto sia senza senso, fuori da ogni logica, mettere in pericolo vite umane per salvaguardare il guadagno economico. Dobbiamo solo meditare (e il tempo lo abbiamo) su come il nostro stile di vita attuale metta in pericolo il nostro futuro ogni giorno. E capire che per salvarci, dobbiamo cambiare le nostre abitudini individualmente, ma soprattutto collettivamente.

Se volete spunti per ripensarvi, e meditare sulla crisi climatica ai tempi del coronavirus, ne trovate qualcuno in questi documentari, ma soprattutto seguite Fridays for Future, Extinction Rebellion, Greenpeace e Climate Save. Buona rigenerazione.
“Questo è assolutamente un momento difficile per tutti noi, siamo abbastanza sicuri che a nessuno di voi, così come a noi, piace restare sempre a casa, ma vi giuriamo che ce la faremo a combattere questa epidemia e pian piano ritorneremo alle nostre routine.“
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–Disconnected, la rubrica musicale mia e di Giulia Greco, in cui proponiamo gli album del cuore della redazione, due volte a settimana

Autrice Alessandra Pafumi
Studentessa di biologia marina nata nel 1997, tutti i suoi pensieri li darebbe in pasto ai pesci, se solo la volessero con loro, nelle profondità. Gioca a fare la blogger e la speaker per RadioEco dal 2019. Conduce Disconnected con Giulia Greco.
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