Per la rubrica settimanale “Le donne da cui trarre esempio”, oggi vi racconto la storia di Cathy La Torre, avvocata e attivista LGBTQI.
Come mai ho deciso di iniziare questa rubrica, l’ho già spiegato precedentemente, attraverso una mia vicenda personale, nel primo articolo che racconta la storia di Khalida Jarrar.
Solo una cosa mi preme ribadirla in ogni articolo della rubrica “Le donne da cui trarre esempio”:
Essere donna non è un difetto, ma un simbolo di libertà e forza. Femminismo non significa supremazia del genere femminile, ma parità di genere e rispetto, perché femminismo è giustizia e solidarietà. Perciò donne e uomini siate femminist* e rompete le catene del passato, onorate chi ha combattuto per voi e chi vi ha permesso di essere, oggi, ciò che volete essere.
Siate liberi.
E adesso mettetevi comodi e prendete appunti da chi non si arrende mai, come Cathy La Torre, per molti l’Avvocathy!
La storia di Cathy La Torre
Cathy La Torre, italo-statunitense, è nata il 31 agosto 1980 a Trapani e non poteva che appartenere al segno della Vergine, caratterizzato da una forte necessità di essere sempre in prima linea e di risolvere i problemi che riguardano le altre persone.
Siciliana di nascita ed emiliana di adozione, si trasferisce a Bologna per gli studi, laureandosi in Giurisprudenza e specializzandosi molto presto in diritto antidiscriminatorio, tutela della privacy e diritto delle nuove tecnologie. Oggi è avvocata e attivista LGBTQ+ e il 13 dicembre 2019 ha vinto il premio per la categoria “professionisti pro bono” di The Good Lobby Awards 2019, una celebrazione annuale che premia progetti, iniziative e campagne condotte da cittadini impegnati per il cambiamento sociale.
Tra milioni di cittadini europei, Cathy La Torre ha vinto il premio grazie al suo impegno costante nel battersi per i diritti civili , l’uguaglianza e la parità e per la sua lotta all’odio online, di cui a proposito ha lanciato una campagna dal titolo “Odiare ti costa”, insieme a Michela Murgia, un’iniziativa dell’associazione “Pensare Sociale” di sostegno, supporto e aiuto alle vittime di odio sul web.
La vita di Cathy La Torre però non è stata sempre facile: in un’intervista rilasciata ad IoDonna Cathy spiega che ha dovuto affrontare molti sacrifici per arrivare ad essere quello che è oggi.
“Eravamo lontani del paese, a Scopello, che oggi è un posto molto alla moda di villeggiatura, ma quando ero bambina lì non c’era nulla, solo il mare. I miei hanno fatto enormi sacrifici. Mio padre era un impiegato comunale, mia madre una casalinga; ha cominciato a lavorare a quarant’anni io ne avevo diciannove – e ha fatto 22 anni di precariato come vigile urbano: è stata assunta a tempo indeterminato solo a 64 anni”.
“All’inizio mia madre non parlava bene l’italiano: ho imparato a leggere e a scrivere da una vicina di casa che era stata insegnante di matematica e fisica. A cinque anni già leggevo e scrivevo: imparai sul giornale, e a 7 anni come regalo di compleanno chiesi l’abbonamento a Repubblica. Lì ho capito cos’era un legislatore, cosa sono le leggi; e pensavo che questo volevo fare: lavorare con il diritto.”
Cathy La Torrre, però, ha fatto dei difetti virtù e ha combattuto per quello in cui credeva raggiungendo obiettivi e traguardi, sia personali che delle persone che difendeva legalmente: nel 2019 infatti è stata nominata come miglior avvocato pro bono.
Cathy si batte quotidianamente contro l’odio online e per difendere i diritti di tutti, che lei definisce “diritti XXL, così grandi da contenere tutti”.
Negli ultimi anni l’odio sul web è raddoppiato e, ogni giorno, possiamo leggere commenti di una violenza verbale inaudita e umilianti, in particolare, per il genere femminile, vittima per eccellenza di questo reato, proprio come spiega Cathy la Torre:
““Ad oggi seguiamo 20 persone di rilievo pubblico solo due sono uomini. Tra le persone non conosciute su 100 bersagli 60 sono donne, 40 sono uomini”
Cathy La Torre per Dire.it
È il 2020, ma nonostante ciò per molte persone è come se vivessimo nel Medioevo: veramente nel XXI secolo giudichiamo ancora una persona per il suo modo di vestire, di apparire, per il suo orientamento sessuale, per i suo generi musicali, per le battaglie che porta avanti?
Veramente non abbiamo ancora sviluppato le capacità per accettarci l’un con l’altro? Per vedere al di là delle apparenze? Le capacità per vivere la propria vita liberalmente senza giudicare quella degli altri?
Cathy La Torre spiega sempre in un articolo di Dire.it che gli haters sono per lo più persone di un’eta compresa fra i 40 e i 60 anni:
“Non c’è una prevalenza di uomini o donne. Sono persone che non hanno la minima consapevolezza che quello che si dice sul web equivale a ciò che si dice nella realtà, una conseguenza della loro poca digitalizzazione suppongo”.
Pensando che “il virtuale sia una zona franca” odiano molto di più della generazione dei nativi digitali “meno incattivita perché ancora ha la speranza di poter cambiare il mondo”. Ed è per questo che su “Facebook, dove ci sono decine di migliaia di profili fake” l’odio è più presente che su “Instagram, dove l’età è più bassa”.
Cathy La Torre su Dire.it
E, allora, mi rivolgo a voi, alla mia generazione, noi nativi digitali: ascoltiamo gli insegnamenti di Avvocathy, seguitela sui social e smettiamo di commentare a sproposito sotto i post altrui. Il mondo è già pieno di cattiveria così per come è, non inaspriamolo ancora di più.
Cathy è un esempio che tutti noi dovremmo seguire, non solo perché ogni giorno attraverso il suo lavoro aiuta centinaia di persone, ma anche perché lei è simbolo di quelle donne che non si arrendono, che combattono e che, nonostante tutto, vincono e dimostrano al mondo che TUTTI possono farcela e che TUTTI siamo uguali.

Autore: Sara Binelli
Nonostante si presenti sempre con addosso una mantella di cinismo elegante, sotto è vestita da inguaribile romantica. Ama la scrittura e le piace far ridere gli altri.
Segretario d’Associazione (part-time) e segretaria del Presidente (full-time), è Responsabile dell’Area News e del Social Team di Radioeco, di cui ne fa parte dal 2017.