Continuiamo con un altro consiglio musicale per questa quarantena (recuperate qua il primo!), il freschissimo Green Juice dei Papooz.
Chi sono?
I Papooz sono la vostra prossima crush, sono due parigini con tanto stile quanto talento che potreste facilmente incontrare in un nightclub della capitale francese o in uno yatch party in Costa Azzurra. Con il loro fare romantico e le melodie accattivanti, è solo questione di tempo prima che la loro fama raggiunga anche noi italiani. Americhe e Inghilterra già li amano (cantano in inglese), e basta ascoltare un brano per rimanere contagiati (ops) dalle loro melodie jazz-rock, che non vi permetteranno di ascoltare altro per mesi. Tanto per dire, sono amici di Giorgio Poi e Erlend Oye dei Kings of Convenience.
Perché ho scelto l’album?

I Papooz hanno all’attivo due album, e ho deciso di parlare del primo, Green Juice, perché è quello con cui li ho conosciuti e con cui è cominciata la mia dipendenza.
Anzi, la prima volta li ho incontrati sul canale YouTube della Blogotheque, che vi consiglio di sfogliare durante questa quarantena. Artisti più o meno alternativi sono ripresi mentre suonano brani improvvisati in strade, parchi e appartamenti di Parigi (io mi sono sciolta vedendo Vampire Weekend o Bon Iver in tenera età), e riescono a trasmettere un’emozione digitale davvero vicina a quella di un concerto live. Con loro ho scoperto anche molti gruppi che amo, primo fra tutti proprio i Papooz, con il video di One of those Days.
Sarà che era estate, quindi ero anche abbastanza nel mood, ma l’inquietudine annoiata (saudade?) del video ha fatto presa nel mio cuore e ho dovuto subito scoprire chi fosse questo gruppo così preso bene dalle proprie atmosfere chill. E mi sembrava adatto proporvi ora un album che è stato in grado di rilassare e accompagnare un periodo di quiete forzata, come quella che stiamo vivendo.
L’album:
Il primo brano è Ann Wants to Dance, con un video così hipster da essere bellissimo.
La voce femminea che sentite è quella Armand, che saprà insinuarvisi nella testa e cullarvi nel malinconico far niente di queste giornate, con la suadente Toria’s Song, l’adorabile Trampoline o la zuccherosa Chubby Baby. L’altra metà del duo, Ulysses, è quasi sprezzante nel cantare le più tormentate (ma solo per gioco) Stories of Number e Brother. Catchy con nonchalance, sono sicuri di sé stessi, o forse solo divertiti e consapevoli di recitare il ruolo di artisti maledetti. Sofferenti per amore, viziati e viziosi, vorrebbero smettere di fumare, uscire dal loro languore quotidiano e bersi un sano Green juice. Ma di verde, ci sono solo le felci in copertina, che suggeriscono l’ambientazione esotica e tropicale del loro sound, soft come la bossa nova brasiliana. Infatti Simply Are è una cover riuscitissima e intossicante di uno storico sperimentatore del genere, Arto Lindsay.
Suoni e ambientazioni tropicali sono una direzione ben precisa dell’elettronica francese più recente: ad esempio, Caravelle di Polo & Pan è un viaggio dalla pista da ballo ad un equatore quasi mitologico, e anche il supergruppo L’imperatrice naviga in oceani a basse latitudini. I Papooz invece sono in grado di tradurre queste ispirazioni prettamente elettroniche nel groove delle loro chitarre e nei ritmi accattivanti ai limiti del pop, il tutto fingendo di essere rockstar anni ’70: ma senza forzare il tocco vintage che è invece assolutamente vincente, riuscendo così a portare gli Steely Dan nel nostro secolo.

Per comprendere davvero le capacità musicali del duo, dovete però fare due cose: prima di tutto, ascoltare il secondo album, Night Sketches. Più funk, più stratificato, più maturo, più vario, e più retrò, non potete tralasciarlo. E poi, guardatevi un video di qualche live session: l’energia travolgente che trasmettono dal vivo non sono ancora riusciti a incanalarla negli album.

Io non vedo l’ora di vedere che bop ci aspettano in futuro. Nel frattempo, vi lascio un video in cui ci salutano dalla quarantena. Ah, una curiosità: hanno detto “la mia ragazza è bella come David Bowie“ prima dei Coma Cose.
Cosa ne pensa Giulia?
La freshness è arrivata fino a qui (gli ambienti della periferia). Il problema è che, dopo questo ascolto, ho solo voglia di gettarmi in mare e galleggiare fino all’orizzonte (è normale?). Comunque, hanno un sacco di stile (loro fisicamente mi ricordano troppo gli MGMT in un mondo parallelo con meno droghe) e li collocherei in una ipotetica playlist del buonumore con Source (il video mi fa super ridere), Dancing Anymore e Tongue Tied.

Autrice Alessandra Pafumi
Studentessa di biologia marina nata nel 1997, 9 stelle del cinema su 10 la fanno piangere. Gioca a fare la blogger e la speaker per RadioEco dal 2019. Conduce Disconnected con Giulia Greco.