Anoressia: la malattia invisibile e il caso di Lorenzo Seminatore

Ad un mese dalla morte di Lorenzo Seminatore bisogna ricordare e capire. Vorrei essere smentito, ma quando ho guardato i video musicali del ragazzo torinese non ho pensato che fosse affetto da un problema grave come l’anoressia.

La sua tragica morte avvenuta a soli vent’anni, il 3 febbraio di quest’anno, ha portato a ridiscutere di una malattia fin troppo sottovalutata a tal punto che riesce a passare inosservata anche quando siamo di fronte a casi manifesti. 

Parto da lontano per trovare una risposta a una domanda  – perché non si è potuta evitare questa tragedia? – , ma soprattutto per comprendere il peso sociale che abbiamo nella rappresentazione del mondo e dei suoi valori. 

Mio padre è solito raccontare come da bambino venisse schernito per la sua magrezza. Molte persone ci tenevano a sottolineare che sembrava un ragazzino ebreo scappato da un lager. Il paragone increscioso, forse oggi diremmo cringe, era tuttavia giustificato da quella sensazione di vuoto che il secondo dopoguerra aveva lasciato alla generazione di mia nonna: c’era la fame!

La gente aveva avuto lo stomaco così tanto vuoto da creare un legame stretto tra magrezza e malattia. Il prototipo del figlio in salute era dal viso paffuto e con una pancetta prospiciente. Questo tipo era sicuramente sano. Non c’è rapporto di causa effetto con questo personale aneddoto e le dinamiche socioculturali di una malattia alimentare, ma solo un indizio per comprendere – per contrasto –  la realtà a noi contemporanea. 

Quello che poco più di cinquant’anni fa era il modello ideale di una persona sana oggi, invece, rientra senza mezzi termini nella categoria di grasso, o per lo meno di sovrappeso. Paradossalmente l’eccessiva magrezza non ci sconvolge, l’icona estremamente magra ha valore estetico ed è indice di ammirazione, perché capace di non cedere nemmeno agli appetiti della gola. 

tratto dal fumetto “Cheese” di ZuZu

Ragionamento per cui non ci si sorprende se Lorenzo Seminatore, un ragazzo di 1metro e 80cm di altezza, arriva a pesare 50kg. 

E qui ritorniamo al punto di partenza. Con pochi click e la curiosità necessaria si capisce che l’anoressia, o malattie ad essa vicine, nascono in presenza di condizioni psicologiche compromesse. Sono le risposte di un individuo che chiede aiuto senza l’utilizzo della voce, ma con il corpo. Nello specifico, il caso del ragazzo torinese radica il suo malessere, a quanto spiega la famiglia, nell’ansia per lo studio, prima al liceo e poi all’università, che poi abbandona per seguire la strada artistica. 

In una visione più ampia e sintetica, è il concetto di valutazione che andrebbe messo sotto accusa. Un’estenuante corsa al voto migliore in ogni ambito: scolastico, estetico, morale, creativo, sessuale, per decretare il successo e la soddisfazione dell’individuo, che se non viene raggiunto, diventa il primo passo per l’annientamento sociale.

E di certo non possiamo nascondere come le modalità comunicative dei social abbiano stimolato in pochissimi anni una percezione alterata dell’identità individuale. 

Ovviamente per malattie alimentari, quali anoressia, bulimia e simili, di cui si hanno testimonianze molto anteriori allo sviluppo della comunicazione sul web, non possiamo additare i social network, ma capire la maggiore responsabilità che abbiamo quando li usiamo.

Possiamo però continuare a fare e migliorare l’informazione affinché questa non resti una malattia invisibile

Ad esempio rompendo il cliché che l’anoressia sia una patologia solo ed esclusivamente  appannaggio del sesso femminile, ma che si diffonde anche tra i maschi, come sfortunatamente ci dimostra il caso di Lorenzo. 

Sviluppando un’educazione alla visione sul concetto di bellezza multiforme, la quale non necessiti di valutazione alcuna (né like o cuoricini del caso) ma che escluda solo la degenerazione nell’estremo, non solo per le categorie binomio magro/grasso, ma anche per tutte quelle in cui si possa riconoscere l’alterazione negativa dello stato di salute di una persona, principalmente quella psicologica. 

Infine, è più importante l’attivazione di una politica sociale in cui la cura per queste patologie non sia solo permessa a chi è economicamente in grado di farlo, ma che sia trattata al pari di quei mali che la sanità pubblica, e non solo privata, ha il dovere di sostenere adeguatamente per tutti e per tutte. 

Consiglio di lettura:

  • Cheese, graphic novel di ZUZU. È la storia dell’amicizia tra ZUZU, Dario e Riccardo. Gli innamoramenti folli, la noia delle giornate in periferia e gli entusiasmi immotivati, la voglia di sbranare il mondo, il difficile rapporto col proprio corpo e l’anoressia, le risate demenziali e le prime vere lacrime.” fonte Fandango Editore.

Autore: Salvatore David La Mendola

Scrittore creativo e irriverente, ha un blog tutto suo dal nome “Quasi Quasi mi faccio“, dice che “del perché gli basta ancora lo shampoo”. Ci siamo intesi? Un tipo senz’altro tutto da conoscere. È in Radioeco dal 2019.

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