Da biologa con la passione per la musica, mi sono chiesta che significato biologico la musica potesse avere, ovvero se fosse una caratteristica della specie umana su cui la selezione naturale avesse agito positivamente.
Come alimentazione e sesso, meccanismi fondamentali per la sopravvivenza dell’individuo e della specie, la musica provoca piacere. Per molti, però, fa parte dei comportamenti cosiddetti NAPS (non-adaptive pleasure seeking), come alcool e droghe, che stimolano nel cervello i meccanismi per produrre piacere, ma senza aumentare le possibilità di sopravvivenza dell’individuo. Però, la sua antichità (il primo strumento musicale ha più di 36.000 anni), e la sua presenza in tutte le culture umane, possono suggerire una sua importanza per l’evoluzione della nostra specie. Inoltre, al contrario di alcool e droghe, non è associata con una diminuzione della capacità di sopravvivenza e riproduzione, che in biologia chiamiamo fitness. Potrebbe quindi essere un adattamento profondamente nostro, che, come il bipedalismo e il pollice opponibile, ci spiega perché siamo come siamo.

L’etnomusicologo Bruno Nettl descrive la musica come “human sound communication outside the scope of language”. Dobbiamo quindi tener conto, nella nostra ricerca, anche del linguaggio, un’altra capacità unica di Homo sapiens. Sia la musica che il linguaggio sono composti da elementi acustici e gestuali, organizzati in frasi. Ma se nel linguaggio ogni elemento ha un significato in sé è per sé, nella musica il senso (il contenuto emotivo) lo si ottiene solo dalla frase complessiva: è, quindi, olistica. La musica è in grado di trasmetterci emozioni, e di farci ballare: ci fa muovere il corpo seguendone il ritmo, ci manipola. Anche il linguaggio può avere come risultato ultimo quello di manipolare i nostri comportamenti, ma la sua funzione primaria rimane quella di riferirsi a oggetti e situazioni.
Words tend to mean the most in songs that are just music
Devendra Banhart – Taking a Page
I nostri antenati filogenicamente più vicini sono i great apes africani (gorilla, bonobo e scimpanzé): nelle differenze fra il loro sistema comunicativo e il nostro possiamo trovare degli indizi sul perché noi parliamo, cantiamo e suoniamo e tutti gli altri animali no. Le aree del cervello attive durante la comunicazione in questi primati sono omologhe alle nostre: possiamo quindi supporre che il nostro linguaggio sia un’evoluzione del loro.

Studi su gesti e vocalizzazioni dei great apes mostrano come questi siano olistici e manipolativi, quindi più simili alla nostra musica che al nostro linguaggio. Per questo motivo, la teoria di antropologi come Steven Mithen o Camilla Power è che la musica si sia evoluta come un sistema comunicativo, antecedente al linguaggio. Questo, infatti, può essere descritto come un sistema per descrivere intenzioni ed emozioni più preciso e più sofisticato della musica stessa. Inoltre, la musicalità è prioritaria alle parole nello sviluppo umano: quando parliamo con bambini piccoli, siamo naturalmente portati a esagerare le caratteristiche musicali del linguaggio. E ciò che viene prima sul piano dello sviluppo, è solitamente antecedente anche nel piano evolutivo.
Why when the children grow up and leave
Still remember their nursery rhymes
Keith Richards / Mick Jagger – Some things just stick to your mind
Ma quindi, perché la musica si è evoluta? Qual è la sua funzione? In tutte le specie di primati con strutture sociali complesse, c’è un comportamento fondamentale per mantenere la coesione sociale e nutrire i rapporti: il grooming, ovvero
grooming , usato in ital. al masch. – In etologia, il comportamento di pulizia del mantello o della pelle esibito da molti mammiferi, il quale, quando sia svolto reciprocamente (allogrooming, contrapposto all’autogrooming), assume anche un significato di consolidamento dei legami e riaffermazione delle gerarchie tra i membri di un gruppo sociale (enciclopedia Treccani).

Noi uomini, abbiamo perso questo comportamento: per Robin Dunbar è proprio il linguaggio (e quindi, prima di esso, la musica) ad averlo sostituito, evolvendosi come adattamento ad un’espansione dei gruppi sociali, che avrebbe reso il grooming estremamente time-consuming. La musica, infatti, è associata inestricabilmente con la sociabilità e l’identità di un gruppo (uno fra i tanti esempi sono le canzoni popolari), e causa il rilascio di endorfine (ormoni per il controllo del dolore), in quantità maggiore se l’esperienza musicale è condivisa, inducendo felicità e promuovendo la cooperazione.

Un segnale però, nel mondo animale (e noi lo siamo!) non è affidabile se non comporta degli alti costi energetici per chi lo comunica. Il canto e la voce sarebbero quindi meno affidabili del grooming nel consolidare i rapporti sociali, in quanto richiedono poca energia. Ma la musicalità è stata selezionata dall’evoluzione in associazione ad un medium costoso, in grado di provare la sua onestà: i rituali, da sempre accompagnati dalla musica. Che quindi si sarebbe evoluta, precedentemente al linguaggio, come forma di comunicazione e unione sociale per una specie con popolazioni composte da un numero di individui sempre più alto.
These are the roots of rhythm
And the roots of rhythm remain
Paul Simon – Under african skies

Queste sono ovviamente solo alcune delle teorie (nella versione inglese e scientifica di questo articolo trovate tutte le fonti) che spiegano un po’ perché ci sentiamo come ci sentiamo quando ascoltiamo musica, o perché ci piace esibirci al karaoke di RadioEco. C’è ancora tanto da scoprire, e probabilmente non capiremo mai da dove proviene la musica. Questa, però, non è certo una ragione valida per smettere di ricercare le ragioni del suo fascino su di noi.
Songs can be incredibly prophetic, like subconscious warnings or messages to myself, but I often don’t know what I’m trying to say till years later. Or a prediction comes true and I couldn’t do anything to stop it, so it seems like a kind of useless magic.
Florence Welch

Autrice Alessandra Pafumi
Studentessa di biologia marina nata nel 1997, 9 stelle del cinema su 10 la fanno piangere. Gioca a fare la blogger e la speaker per RadioEco dal 2019. Conduce Disconnected con Giulia Greco.