La prima storia che apre la rubrica “Le donne da cui trarre esempio” è quella di Khalida Jarrar.
Prima di iniziare a raccontare la vita di questa donna, mi preme spiegare il motivo del perché ho sentito il bisogno di iniziare questa rubrica monografica sulle donne, dalle quali ognugn* potrà trarre degli esempi di vita.
Recentemente mi è capitato di rispondere ad un sondaggio che chiedeva “Secondo te, le donne contribuiscono ad alimentare il patriarcato?” E, senza pensarci troppo, la mia risposta è stata “Sì”.
Poi, mi sono interrogata sul perché avessi risposto di sì senza pensarci neanche un minuto. Perché una donna dovrebbe alimentare il patriarcato, lo stesso patriarcato che attacca la sua figura in quanto donna e che non vorrebbe farla emancipare? Lo stesso patriarcato che emargina le figure femminili e le fa sentire minuscole, quel patriarcato degli uomini, ma ahimè anche delle donne, di vecchio stampo, che non più possono coesistere nell’epoca in cui viviamo.
Già, perché una donna dovrebbe, in qualche modo, alimentarlo?
E poi è arrivata la spiegazione, un’amara spiegazione, che mi ha fatto molto male. La verità è che alcune donne sono ancora schiave di un sistema che non più appartiene loro, il quale ha costruito gabbie così forti e così strette da rendere quasi impossibile la via d’uscita. Succubi di questi preconcetti del passato, ancora oggi, non riescono a credere in loro stesse, ad emanciparsi, a svolgere alcune attività in piena indipendenza senza aver bisogno di un uomo al proprio fianco. Non riescono a sentirsi libere e soprattutto fiere di essere Donne, con la D maiuscola.
Questa rubrica, quindi, è destinata sopratutto a loro, affinché possano ispirarsi e capire che essere donna non è un difetto, ma un simbolo di libertà e forza. Femminismo non significa supremazia del genere femminile, ma parità di genere e rispetto, perché femminismo è giustizia e solidarietà.
Perciò donne e uomini siate femminist* e rompete le catene del passato, onorate chi ha combattuto per voi e chi vi ha permesso di essere, oggi, ciò che volete essere.
Siate liberi.
E adesso, torniamo alla storia di Khalida Jarrar e lasciatevi ispirare dalla sua forza e dal suo coraggio.

La storia di Khalida Jarrar
Khalida Jarrar nasce il 9 febbraio 1963, sotto il segno dell’acquario e in quanto tale non poteva che essere una donna intuitiva che osa concepire e rivelare ciò che gli altri non sono in grado di percepire. Fa parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (PFLP) e del Consiglio legislativo palestinese (PLC) ed è rappresentante palestinese nel Consiglio d’Europa e attualmente a capo del Comitato dei prigionieri del PLC.
Da sempre, Khalida Jarrar è un’attivista per i diritti umani. Il suo primo arresto risale ad una data emblematica: l’8 marzo 1989. Khalida stava semplicemente partecipando ad una manifestazione, per lo appunto, in occasione della Giornata internazionale della donna, quando venne arrestata perché la sua figura risultava scomoda al Governo israeliano.
I suoi valori di giustizia ed uguaglianza, però, sono stati più forti di qualsiasi catena e non ha mai abbandonato la lotta per sostenere i diritti delle donne palestinesi.
Nei mesi passati in prigione, Khalida Jarrar è venuta a contatto con la realtà delle carceri e le condizioni in cui si riversano i detenuti, per questo è stata direttrice di Addameer, una ONG di sostegno ai prigionieri e per i diritti umani a Ramallah dal 1993 al 2005 e ancora oggi ne rimane membro attivo del consiglio di amministrazione.
In seguito, fu arrestata più volte, per diverse motivazioni dalle autorità israeliane, alcune delle quali le sono costate la detenzione amministrativa, senza alcuna accusa. Le continue restrizioni alla sua libertà hanno mobilitato movimenti internazionali in suo sostegno, coinvolgendo anche associazioni per i diritti umani come Amnesty International per chiedere il suo rilascio, data la mancanza di regolari processi. Ma ancora oggi si trova in carcere.

– Photo by Joe Catron
In un libro uscito recentemente dal titolo These Chains Will Be Broken: Palestinian Stories of Struggle and Defiance in Israeli Prisons, Khalida Jarrar racconta delle pessime condizioni di vita dei prigionieri palestinesi, costretti a subire soprusi dalla polizia e a dormire in celle così umide da incorrere nel rischio di cortocircuiti all’impianto elettrico.
Ed è proprio lì, in quelle celle così umide che Khalida Jarrar combatte la sua battaglia quotidianamente: organizza, insieme alle altre donne palestinesi detenute, lezioni per le ragazze minorenni alle quali era stato negato un insegnante per continuare a studiare anche in prigione.
Nonostante la sua età e la sua malattia, che secondo molti sono validi motivi per cui non potrebbe stare in carcere in quelle condizioni, Khalida Jarrar non si arrende e continua a lottare ogni giorno per difendere la vita e la dignità della stessa.
Da una lettera di Khalida Jarrar dalla prigione, possiamo percepire i suoi ideali di giustizia e libertà e la sua voglia di combattere ancora oggi, nonostante tutto. E alle sue parole, infatti voglio lasciarvi:
“[…] Oggi, dopo essere stata arrestata a casa mia, di fronte alla mia famiglia e a mio marito, ho preso qualcosa dalla mia gente, privandoli del mio dovere di servirli, quelli che mi hanno eletto. Oggi, sono ben consapevole del modo in cui arrivano i soldati dell’occupazione, armati di tutta la loro “tenacia” e “mostruosità”, mentre venivano a casa mia nel cuore della notte, ammanettati e bendati e mi portavano via, in un posto che non potevo sapere dove fosse.
Oggi sono stata informata che la mia detenzione era stata confermata, la detenzione ai sensi di un decreto che è più vecchio di me, un decreto che non appartiene all’umanità del nostro tempo. Oggi, il governo dell’occupazione ha iniziato a tremare, dopo aver sofferto sotto la vostra pressione e quella dei liberi del mondo che condannano questo arresto insensato di cui sono stato vittima. Ciò, tuttavia, non ha impedito all’occupante di far rispettare le sue leggi più razziste, quindi sono stata mandata in un tribunale, che tutti sappiamo essere completamente illegittimo, davanti a un tribunale del quale tutti riconosciamo l’incompetenza, dal momento che lui stesso è il carnefice non potrà mai essere anche il giudice della sua vittima.
Sebbene sappiamo che saremo in grado di trovare difetti nelle loro leggi obsolete, l’ultima parola è ai rappresentanti dell’entità dell’occupante, il procuratore, perché non esiste un’autorità superiore a quella della colonizzazione con le sue leggi ingiuste.
Non importa; questo è il prezzo che paghiamo per la nostra libertà, per la nostra dignità e quella del mondo. Ci armiamo del vostro sostegno e, quando sentiamo la vostra voce di solidarietà verso la nostra resistenza, cresciamo in forza e fermezza“.
Oggi vi scrivo come un prigioniero il cui destino non può essere conosciuto, per quanto tempo starò in questa sporca prigione che non è adatta agli umani. Non so se troverò un medico degno del suo titolo una volta malata, non so se il cibo che mi danno è avvelenato o se l’acqua è inquinata, non so quando il mio carceriere verrà nella mia cella per tenermi sveglia e quando violerà la mia intimità. Non so quando potrò prendere le mie bambine, Yafa e Suha, tra le mie braccia, non so quando bacerò di nuovo mio marito né quando sarò abbracciata da mia madre e quando potrò baciare la faccia di mio padre.
Tutto quello che so è che, per ottenere tutto ciò, ho bisogno di voi, ogni voce libera del mondo da ripetere con me e con il mio popolo: “Abbasso l’occupazione! E possa il popolo palestinese ottenere la sua libertà! ”
Immagine di copertina a cura di Nedal Eshtayah, fonte https://ilmanifesto.it/israele-arresta-ancora-una-volta-khalida-jarrar/

Autore: Sara Binelli
Nonostante si presenti sempre con addosso una mantella di cinismo elegante, sotto è vestita da inguaribile romantica. Ama la scrittura e le piace far ridere gli altri.
Segretario d’Associazione (part-time) e segretaria del Presidente (full-time), è Responsabile dell’Area News e del Social Team di Radioeco, di cui ne fa parte dal 2017.
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