Menzogna romantica e verità romanzesca (Bompiani, 1965) è il libro che mi ha più colpito nella vita. L’autore è René Girard, uno studioso che nella vita si è occupato un po’ di tutto: letteratura, antropologia, religione… In questo saggio parla del desiderio, qualsiasi tipo di desiderio: per un’automobile, per una posizione lavorativa e, venendo a ciò che ci interessa, del desiderio amoroso.
Vi assicuro che la lettura di quest’opera mi ha molto destabilizzato.
Cosa dice Girard?
Dice che siamo abituati a pensare al desiderio come a qualcosa che collega direttamente il soggetto, cioè colui che desidera, all’oggetto, la cosa desiderata. Questo desiderio è poi, secondo l’opinione comune, qualcosa di estremamente caratterizzante e individualizzante tanto che i soggetti pensano di essere definiti dai loro desideri. Girard dice che questa è un’illusione bella e buona e che nessun desiderio, nessuno, è un desiderio spontaneo diretto dal soggetto all’oggetto.
Secondo Girard, infatti, ogni desiderio ha una natura imitativa perché tra soggetto e oggetto si pone una figura che si chiama mediatore. Il mediatore è una persona o un’entità che gode di grande stima, più o meno riconosciuta, agli occhi del soggetto e che ha una relazione, di tipo molto vario, con l’oggetto. Proprio per la reverenza che il soggetto nutre nei confronti del mediatore esso arriva a desiderare le sue stesse cose, le quali, in assenza di un mediatore, perderebbero tutto il loro valore.
Vediamo, così, come ogni desiderio sia sempre un desiderio secondo l’altro, perché il soggetto, pur illudendosi di desiderare spontaneamente, desidera sempre a partire dal mediatore.
Tra soggetto, mediatore e oggetto si forma un triangolo, il triangolo del desiderio.

Il desiderio amoroso è uno dei tanti desideri possibili e, come gli altri, non sfugge alle maglie dell’imitazione.
Accettare o valutare questa prospettiva rischia di mettere in seria discussione le basi su cui costruiamo o concettualizziamo i nostri rapporti amorosi. Viene, infatti, meno qualsiasi pretesa di un rapporto spontaneo ed elettivo tra i due amanti, perché la presenza del mediatore è sempre dietro l’angolo. Potrebbe essere una persona fisica (un amico che stimate che ha un rapporto privilegiato con il vostro partner) oppure un qualche ideale astratto (il fidanzamento come realizzazione sociale potrebbe essere il mediatore del vostro desiderio): basta cercarlo.
Vi faccio due esempi, uno personale e uno letterario.
Sto per incontrare una ragazza e ascolto “una canzone d’amore”. Dentro di me penso che sia una perfetta colonna sonora del sentimento che spontaneamente provo, ma non è inverosimile che quella canzone sia in realtà il mio mediatore: frequento e amo la ragazza per assomigliare a quella canzone, per sentirmi come i personaggi di cui parla che per me godono di grande prestigio. Ascolto, quindi, quel brano per stimolare il mio desiderio amoroso attraverso l’imitazione, non certo per fargli da contorno.
I due amanti più famosi della letteratura mondiale, Paolo e Francesca, prima di abbandonarsi al bacio che li condannerà all’Inferno stanno leggendo di un altro famoso bacio, quello tra Lancillotto e Ginevra. Ecco, dunque, che anche tra gli innamorati danteschi si insinua un mediatore: non si baciano per un desiderio spontaneo, ma per un desiderio indotto dalla lettura del libro.
Se accettiamo questa prospettiva non possiamo semplicemente più credere alla visione comune dell’amore: quel legame diretto, assoluto e non mediato, quell’amore è un caso di falsa coscienza e ipocrisia.
Chi vi scrive ha cercato di mettere alla prova la teoria di Girard in molti ambiti della sua vita e, per ogni suo desiderio, ha trovato un possibile mediatore.
Tuttavia, poi, uno si innamora: mi innamoro io, si era probabilmente innamorato Girard che è stato a lungo sposato. Che succede agli innamorati che conoscono e accettano l’idea del desiderio triangolare? Credo ci siano due possibilità.
La prima: accettare l’idea che il sentimento amoroso non sia quello che convenzionalmente pensiamo e riformularlo come un desiderio di natura imitativa. Strada possibile, ma triste: verrebbe meno un sentimento che culturalmente consideriamo fondamentale e definitorio dell’identità personale.
La seconda opzione la ritengo del tutto inappropriata al tempo in cui viviamo, quasi mistica e metafisica; quindi affascinante. L’innamoramento potrebbe essere un sentimento che riconfigura tutti i dati di realtà e li mostra in un’altra ottica. L’innamorato perciò non è quella persona che si illude di qualcosa, ma è la persona che letteralmente vede un’altra cosa rispetto al non innamorato. Un innamorato e un non innamorato che guardano lo stesso oggetto vedono cose diverse e tra loro non c’è comunicazione possibile.
L’amore mi sembra per questo un residuo metafisico, perché l’innamorato, come il credente religioso, ha una visione del mondo sinceramente solida, ma che poggia su basi del tutto indimostrabili e non condivisibili da chi, diversamente da lui, non appartiene alla stessa religione degli innamorati. Come il passaggio dall’essere ateo all’essere credente, la transizione da non innamorato a innamorato implica un cambiamento radicale, senza sfumature e mezzi termini perché quello che cambia è letteralmente il modo di vedere il mondo e interpretare i suoi segnali.
Perciò, in conclusione, credo che un innamorato possa conoscere la prospettiva girardiana, ma mai condividerla a pieno, perché non può vedere il mediatore. Vista dall’esterno questa cecità potrebbe sembrare un’auto-illusione, ma la cosa buona, il lieto fine di questa storia, è che gli innamorati credono sinceramente che il loro desiderio sia diretto, spontaneo e immediato perché nella loro visione del mondo non ci sono mediatori.
E voi riuscite a trovare dei mediatori per i vostri desideri?

Autore: Tommaso Dal Monte
Tommaso è timido, introverso, ha la dizione di uno scaricatore portuale, ogni tanto balbetta: quindi fa lo speaker per Radioeco. Studia Italianistica all’Università di Pisa ed è a Radioeco dal 2019.