I Patti Lateranensi: 91 anni dall’accordo che cambiò l’Italia

“Libera Chiesa in libero Stato”

Charles de Montalembert & Camillo Benso conte di Cavour

Spesso passato in sordina tra le pagine ingiallite di un libro di storia, depositato in qualche recondito anfratto della memoria di un qualsiasi studente liceale e forse trascurato anche da uno o due professori troppo pigri, l’11 febbraio 1929 ha visto la storica stretta di mano nel palazzo romano di San Giovanni in Laterano (da qui Lateranensi) tra i due più influenti personaggi politici dell’Italia di allora: il capo del governo Benito Mussolini e il Segretario della Santa Sede Pietro Gasparri (a nome di Papa Pio XI).

Finalmente si stava concludendo una delle questioni più spinose che avevano contraddistinto l’inizio della vita dello Stati italiano ma che, in generale, avevano caratterizzato tutta la storia politica e sociale europea dall’Impero Romano al Risorgimento, passando per tutto il Medioevo, senza dimenticare le sanguinose battaglie di religione del Cinque-Seicento: il cristianesimo può essere considerato uno Stato ma soprattutto è possibile credere e predicare altre religioni nella culla del culto trinitario senza persecuzioni o scomuniche?

Città del Vaticano divenuta stato con i Patti Lateranensi

La così detta “questione romana” aveva animato per molti anni i salotti dei politici liberali già all’indomani dell’Unità d’Italia e con un discorso al Parlamento Cavour, uno dei maggiori protagonisti dell’unificazione, riprendendo l’espressione Ecclesia libera in libera patria intendeva fare di Roma la capitale del nuovo regno ma con la distinzione netta tra i poteri spirituali del Pontefice e i poteri temporali di diritto dello Stato.

Una simile presa di posizione, impensabile per un Paese iper-cattolico come il nostro e fino a quel momento con tanti popolani al limite del fanatismo, non venne naturalmente recepita con entusiasmo dalla Curia romana che, dopo la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 e la conquista di Roma da parte del Regno Savoia, emanò nel 1874 la bolla Non expedit (“Non conviene”) con la quale Pio IX ordinava ai cattolici di non votare e non ubbidire alle regole e alle leggi di uno Stato “usurpatore” del suo potere.

Di fatto finiva in quei giorni il dominio temporale della Chiesa cattolica sull’Italia centrale e la storia ultramillenaria dello Stato Pontificio che più volte aveva fatto il bello e il cattivo tempo sulle sorti dell’Italia e dell’Europa. Oltretutto lo Stato liberale di piena Belle Epoque si dimostrò estremamente moderno con una forte laicizzazione di scuole, matrimoni e istituti di beneficenza e, con il Codice Zanardelli, promosse una tutela egualitaria di tutti i culti… qualcosa di rivoluzionario se pensiamo a pochi decenni prima.

Arriviamo dunque al fatidico inverno 1929. Dopo anni di trattative e riformulazioni, il Governo italiano e il Papa trovavano un accordo liberando i tanti cittadini italiani dal conflitto interiore (allora molto sentito) tra l’ubbidienza alla patria o l’ubbidienza a Dio.

Ma di cosa parlavano esattamente i Patti Lateranensi?

Patti Lateranensi

In primis si chiudeva una volta per tutte la fastidiosa questione romana, ovvero la fine di ogni pretesa temporale della Chiesa sulla città eterna, dal 1870 capitale d’Italia. Sempre nella prima parte dei Patti, chiamata Trattato, la Chiesa riconosceva l’esistenza del Regno italiano e la costituzione di un paese separato e indipendente, lo Stato della Città del Vaticano, con sede sempre a Roma.

La seconda parte, la Convenzione Finanziaria, parlava invece di soldi (e pure tanti): come indennizzo per la perdita dei territori la Santa Sede chiese la bellezza di 750 milioni di lire e un miliardo in fruttuosi titoli di stato.

Infine la parte conclusiva, il Concordato, stabiliva una serie di privilegi alla Chiesa nel mondo laico dell’Italia, come la validità dei matrimoni religiosi, il crocifisso nelle aule, l’obbligatorietà dell’insegnamento cattolico nelle scuole, ma d’altra parte esigeva la fedeltà dei vescovi allo Stato (all’epoca trasformato in regime).

Come cardine di tutta l’alleanza stava l’articolo 1 dello Statuto Albertino ovvero la religione cattolica come culto ufficiale dell’Italia, ma del resto anche una relativa tolleranza degli altri culti conformemente alle leggi (poi fattivamente non rispettata dal regime fascista con la persecuzione dei pentacostali e degli ebrei dopo le Leggi Razziali).

Un’intesa che liberava definitivamente il nostro Paese dalla mano adunca del Pontefice e dai suoi capricci senza più influenze legislative ed esecutive sulla vita politica nostrana, almeno ufficialmente; questo accordo, voluto in realtà da Mussolini per legittimare il proprio potere anche agli occhi dei cattolici intransigenti e condire di spiritualismo la sua propaganda, effettivamente ci rendeva un Paese più laico e moderno (nonchè molto più credibile) in una società che si avviava a industrializzarsi e, anni dopo, a globalizzarsi.

Certo, siamo ancora lungi da una totale estromissione degli uomini di Chiesa dalle faccende statali o da una liberalizzazione del culto, ma nel 1929 si inaugura un passaggio di testimone epocale che ci proietta di diritto nell’età contemporanea.

Chiusa la drammatica parentesi fascista e il devastante periodo della Seconda Guerra Mondiale era tempo di cambiare tutto e gli articoli 7, 8 e 19 della Costituzione italiana in vigore dal 1948 dichiaravano a gran voce l’indipendenza reciproca di Italia e Chiesa cattolica ma soprattutto la libertà di culto e di associazione religiosa… dalla tolleranza generosamente concessa si passava a un momento di grande evoluzione sociale che riuscì a tenere al passo la penisola con Stati già avanti da secoli.

Il peso del “cattolicesimo politico” sarà ancora importante nello scorrere della vita del Paese, specialmente in ambito di riforme con innovazioni piuttosto tardive come le legge sul divorzio nel 1970 e la legge sull’aborto del 1978 a causa di un peso non secondario dell’etica vaticana sulle decisioni del partito di maggioranza del secondo novecento italiano, la Democrazia Cristiana, sempre attenta a non contraddire troppo il credo della Curia.

Ma arriviamo ai giorni nostri con la doverosa revisione dei Patti Lateranensi con un’altra data invernale: il 18 febbraio 1984 (evidentemente febbraio è il mese giusto per fare accordi con il Papa) nel palazzo di Villa Madama a Roma si tiene un nuovo Concordato, stavolta tra il Segretario Casaroli a nome di Giovanni Paolo II e il Presidente del Consiglio Bettino Craxi per un ammodernamento della legislazione Stato-Chiesa.

Si parla stavolta di “accordo di libertà” con la caduta del principio di cattolicesimo come religione di Stato, la non obbligatorietà di insegnamento della materia religiosa a scuola (seppur garantito dalle scuole pubbliche) e la creazione di un nuovo meccanismo di finanziamento della Chiesa chiamato “ottopermille” (ancora esistente).

Bettino Craxi fautore del nuovo concordato dopo i Patti Lateranensi

Per concludere, pur nella difficoltà di politicizzare ed estromettere un ente simbolo di un sentimento religioso insito nel popolo italiano, lo Stato italiano si è fatto carico di dire basta a ingerenze e sentenze del Vaticano sul suo operato laico e liberale aprendo la strada alla modernità, fatto da non sottovalutare parlando di Italia.

Possiamo disquisire ancora di quanto ancora la stampa e i media diano curiosamente spessore al Papa e ai suoi Angelus domenicali o quanto potere economico continui ad avere la Chiesa, ma questa è un’altra storia

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Autore: Tommaso Lucchesi

Appassionato di Storia, Cinema, Arte e Musica, laureato in Discipline della Comunicazione e laureando in Scienze Storiche. Fa parte di Radioeco dal 2019.

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