Respirare è un atto incondizionale e spontaneo nell’essere umano. Eppure per Robin Cavendish ogni respiro diventa un passo compiuto con difficoltà sul filo della vita. A raccontare la storia vera di questo “funambolo” dall’inotenibile voglia di vivere nonostante le avversità, è Andy Serkis, qui alla sua prima esperienza da regista. Visto allo scorso London Film Festival, finalmente vi possiamo proporre la nostra recensione di Ogni tuo respiro, con Andrew Garfield e Clarire Foy.
Che quella vissuta da Robin Cavendish e la moglie Diana fosse una storia straordinaria non lo dimostra solo il fatto che sia stata eletta a materiale da tradurre in opera cinematografica; a sottolinearlo è la commozione che si fa largo in una voce rotta dall’emozione dell’attore e – qui per la prima volta – regista Andy Serkis (Il signore degli anelli, The Prestige, Il pianeta delle scimmie) durante la presentazione del film Ogni tuo respiro (Breathe in originale) sul palco del London Film Festival. Nonostante un budget limitato, che ha portato la troupe a realizzare il film in fretta e furia nell’arco di sette settimane, Serkis è trasportato dalla voglia di raccontare quella che “è stata la storia più emozionante che abbia mai letto”; traspare dallo schermo quell’irrefrenabile desiderio che lo ha dominato, assalito, portato a vivere ogni secondo di quella brevissima parte della sua vita artistica in maniera totalmente devota e orientata verso un unico obiettivo: far conoscere al mondo chi Robin e Diana Cavendish fossero. E tale passione verso una storia del genere è possibile percepirla in ogni scelta dell’inquadratura, nei colori caldi della fotografia e in ogni singolo taglio di montaggio, perché quello che Serkis vuole creare non vuole essere un semplice biopic, ma un esempio di vita capace di ispirare chi, tra gli spettatori, si trova a vivere una delle drammatiche condizioni attraversate dai Cavendish.
Robin (Andrew Garfield) e Diana (Claire Foy) sono una coppia di giovani innamorati. Dopo un matrimonio lampo, i due si trasferiscono in Kenia, decisi a vivere la loro favola d’amore. presto questo idillio si trasforma in un incubo. Durante una partita di tennis Robin sviene e si sente mancare il respiro. Trasportato d’urgenza in ospedale gli viene diagnosticata la poliomielite, che lo paralizza dalla testa in giù. Il suo verdetto è quello di tre mesi di vita attaccato ad un respiratore artificiale. Ciò che i dottori non avevano previsto è però la perseveranza di Diana, che la porta a spostare il marito in Inghilterra, dando così il via a una lotta per la vita non solo di Robin, ma a tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni fragili del marito. Insieme all’amico Teddy Hall (Hugh Bonneville) viene messa a punto un protoptipo di sedia a rotelle dotata di un respiratore che consentirà a Robin, e in futuro a molti altri malati, ad avere una qualità della vita migliore.
Fa sorridere il pensiero che proprio Andy Serkis, l’interprete che ha basato la propria carriera sulla motion-capture, ossia su una tecnica dove è proprio grazie ai movimenti dell’artore che è possibile dar vita a un personaggio, abbia deciso di debuttare alla regia con un film dedicato al coraggio e all’intraprendenza di un uomo che resta disperatamente legato al proprio filo della vita, rimanendo bloccato a letto (o su una sedia a rotelle). Un paradosso che non ferma di certo Serkis, ma che anzi lo sprona a giocare con la propria cinepresa, e con una fotografia improntata su palette cromatiche capaci di adattarsi agli umori che dominano in una data scena. Quello di Serkis è tuttavia un tentativo non riuscito completamente, e forse i motivi per cui Ogni tuo respiro non riesce a colpire e affondare emotivamente come dovrebbe, non sono neanche da imputare in toto al regista. Si sente terribilmente pesante il lascito melodrammatico di opere a lui precedenti, come La teoria del tutto, o Io prima di te; una zavorra patetica pronta a colpire in pieno il film di Serkis, per poi trascinarlo nel fin troppo caotico calderone fatto di opere con al centro il solito sterile calvario individuale, e la conseguente santificazione del protagonista malato, supportato dalla figura della donna forte, che nulla può fare se non essere una colonna portante per il proprio compagno.
Serkis fa di tutto per virare la propria nave verso acque nuove, allontanandosi dal solito oceano smielato e dalla forte componente glicemica; le sue vele sono pagine di una sceneggiatura improntata sul tipico british hunour, capace di far sorridere anche in momenti umanamente difficili, mentre il timone è la sua macchina da presa, con cui il regista giocata a riprendere i propri personaggi in primo piano, o in soggettiva. Così facendo Serkis riesce a comunicare al cuore dei propri spettatori, senza per questo ricorrere a quei fiumi di parole piene di amore e smielata retorica finite a essere (parafrasando Fight Club) “copie di altre copie”. A supportare l’operato del regista, una serie di prove attoriali convincenti, che vanno dalla spontanea e fervida positività che traspare dagli occhi grandi, ed estremamente espressivi, di Claire Foy (la Regina Elisabetta di The Crown), alla doppiamente perfetta performance di Tom Hollander, capace di portare sulla scena – in simultanea – la coppia dei gemelli, donando ad ognuno di essi la propria personalità e psicologia. Bravo anche Andrew Garfield, il quale diumostra ancora una volta che dietro alle ragnatele (ormai vecchie e fatte a pezzi) di Spiderman, si nasconde un interprete maturo ed empaticamente introspettivo. Ciononostante, Garfield tende fin troppo spesso a caricare la propria interpretazione, affidandosi a a smorfie e faccette che a lungo andare possono anche stancare. Pur trattandosi di una mimica facciale che ben si adatta alla situazione fisica e medica del proprio personaggio, vi sono momenti in cui essa è fin troppo ostentata, e il rischio di cadere nel ridicolo si trova sempre dietro all’angolo.
Nel complesso, dunque, Ogni tuo respiro si presenta come un’ottima prova, che supera di gran lunga tutte quelle mediocre aspettative minate da un pregiudizio nato sulla scia di quanto visto in passato; è un biopic dove il tragico si mescola al comico, talmente studiato e privo di invenzioni, o rischi autoriali, nella sua messa in scena, che può benissimo essere considerato come un film firmato da Stephen Frears. È un film che fa comunque divertire commuovendosi, e dove ogni inquadratura, è un nuovo respiro per lo spettatore, fatto di aria nuova e colma di positività.
VOTO: 7
Elisa Torsiello per Radioeco