Anche la diciassettesima edizione del Club To Club Festival si è conclusa. Questo è il nostro piccolo riassunto di 4 giorni intensi. Via!
Nella diciassettesima edizione del Club To Club Festival sembra serpeggiare un filo conduttore: il corpo.
Il leitmotiv emerge sia nel tema del festival che è “Cheek To Cheek”, nel corso della chiacchierata in cui viene presentato, durante le performance nelle serate, nelle scelte estetiche degli show, e si moltiplica e invera nel pubblico nel suo aspetto individuale e di massa.
1. Cheek To Cheek
“Cheek To Cheek” è il sottotitolo-esortazione della diciassettesiama edizione del Club To Club, e argomento del primo panel dell’ Absolut Symposium all’ AC Hotel, headquarter dell Club To Club Festival. La conversazione tra Sergio Ricciardone, direttore artistico del festival, Arca (che proprio nella preview milanese del festival interruppe lo show e rivolgendosi al pubblico disse “face each other, kiss each other, hold each other, love each other, f*** each other”), Wolfgang Tillmans e Carlo Pastore presenta il tema, o il mood, intorno al quale si è voluta sviluppare questa edizione, e presto il dialogo si trasforma in un excursus in cui vengono toccati più temi, collegati tra loro dal fil rouge della socializzazione all’interno di contesti musicali.
È possibile un ballo di coppia -o anche un modo meno definito da regole estetiche per essere in contatto attraverso la nostra fisicità- che ha come colonna sonora musica elettronica, o come dice il personaggio di Lèa Seydoux in The Lobster “we all dance by ourselves, that’s why we only play electronic music”?
2. Corpo performativo / corpo dissolto
La serata di giovedì 2 novembre, che ha luogo alle OGR -bellissimo spazio rinnovato nel cuore di Torino- per noi si apre con il set di Artetetra il quale lascia presto spazio a Kamasi Washington e la sua band che ci trasportano in un viaggio fra jazz e funky sulle note di Armony Of Difference , The Epic e standard jazz reinterpretati in chiave personale. Il pubblico eterogeneo è appassionato anche se non sa come incasellare l’interpretazione fisica che la cantante di Kamasi Washington ha della musica e alcune voci la bollano con un “è tutta fatta”… supponiamo che sia il retaggio di secoli di annichlimento del corpo datoci in dono dalla morale cristiana, ma chissà. Il live regala momenti di una bellezza commovente, e presentando “Truth”, -nella versione live la cantante si lancia in vocalizzi che ricordano le aperture di Piero Umiliani e Ennio Morricone- ultimo pezzo dell’ ultimo suo EP Kamasi Washington spiega che è composto da 5 melodie diverse che si intrecciano e chiosa ricordandoci che la diversità ci arricchisce.
Subito dopo è la volta di Richard Russell, boss di XL Recordings, che presenta Everything is Recorded, e porta un dj set eclettico e molto inglese che spazia tra vari generi e che si inserisce perfettamente come transizione tra lo show di Kamasi e il successivo set audio/video di Powell e Wolfgang Tillmans che chiudono la serata con la loro sinergia creativa.
Per il weekend si torna nella consueta location del Lingotto. La serata di venerdì 3 si apre con Amnesia Scanner sul Crack Stage (il 3 novembre il main stage è targato Crack Magazine), che portano un set noise e spinto un po’ strano per l’apertura della serata. Subito dopo sullo stesso palco ci accolgono Arca e Jesse Kanda con il loro live audio/video. Ora, Arca da solo meriterebbe che si scrivesse un saggio su di lui, sull’ uso del corpo in quanto corpo performativo, che si presenta in tutta la sua potenza materica e che diventa strumento artistico trascendendone l’umanità mentre se ne sottolinea la fisicità. Tutto ciò l’artista/producer/performer lo invera per due ore con meravigliosa precisione ed eleganza, in cui veicola struggimento, violenza e classe sia performativa che musicale. Mi sento di dire solo una cosa a proposito: PROTECT ARCA AT ALL COST!
Poco dopo la fine del live di Arca, si riversa davanti al Crack Stage una fiumana di gente piuttosto inaspettata, ma evidentemente abbiamo sottovalutato la popolarità di Bonobo e Nicolas Jaar. Dalla risposta del pubblico si evince che i due nomi riescono ad attrarre un pubblico sempre più generico e forse anche un po’ diseducato, che durante i raffinati live set dei due artisti passa il tempo ad accalcarsi sotto palco e a scambiarsi convenevoli, peccato perchè alcuni dei presenti avrebbero voluto godersi l’esperienza dei live, quello di Bonobo con la band, e quello solitario e minimale di Nicolas Jaar.
Ancora sul Crack Stage è la volta di The Black Madonna che propone un solido set house/disco/techno che scalda il cemento del Lingotto. Passiamo al Red Bull Music Academy Stage per gli ultimi due set della serata: arriva il turno di Yves Tumor la cui performance ci inchioda al nostro posto nonostante la violenza del suono, seguito dai Demdike Stare che chiudono tutto con un set spinto e potente dal vago sapore rave.
Sabato 4 siamo ancora al Lingotto e la nostra serata inizia davanti al Main Stage con il live super cool e stylish dei Jungle, che con il loro neo soul funky ammorbidiscono il pubblico per la discesa in terra di sua maestà dell’ anonimato: Liberato che, per quanto abbia dimostrato di saper trollare (vedi Miami Festival), in occasione del Club To Club si mette il hoodie buono e tira fuori un live degno del festival torinese. Live potente, preciso, con un prevedibile sing along continuo da parte del pubblico -che forse dopo l’ottima esibizione del Club to Club smetterà di identificarlo come un guilty pleasure-. Si presentano in tre sul palco, supportati dai visual di Quiet Ensemble e le luci eleganti di Martino Cerati che rendono i corpi mere silouttes, e la prova che danno sul Main Stage del Club To Club è perfettamente negli standard del festival, che come sapete sono molto alti.
Si passa a Mura Masa che per l’occasione si è portato dietro anche Bonzai, la quale si lancia subito nella sua Nuggets, e Fliss voce del tour di Mura Masa e a cui dovrebbe andare più credito dal momento che infiamma il palco: canta, balla, rappa e lo fa meglio di A$ap Rocky e di Desiigner presenti nelle tracce del disco. Concerto super godibile che propone un pop fresco in grado di fa muovere e cantare tutta la sala.
Sul Red Bull Music Academy Stage troviamo Actress, o l’assenaza di lui: la scelta dell’ impianto scenico, due schermi che trasmettono immagini di liquidi metallici 3D e segnali televisivi, ma soprattutto il manichino incappucciato al centro, sembrano sottolineare ancora una volta il leitmotiv del corpo, anche quando è assenza del corpo, e lo stesso vale per Lanark Artefax, anche lui sul RBMA Stage, e sul cui palco sono presenti due parallelepipedi, uno monolitico che trasmette visual fumosi, l’altro con pareti di velo che ingabbiano l’artista e con giochi di luce ne dissolvono la fisicità.
Mentre sul Main Stage Richie Hawtin con Close la fa da padrone con un live set sontuoso e dal grande impatto visivo, passiamo al RBMA Stage per il bel set di Jacques Greene per poi tornare davanti al Main Stage da Helena Hauff che propone un set drittissimo e molto americano.
A chiudere il Main Stage del sabato torna Nicolas Jaar che ci regala un dj set simile nello spirito a quello creato per Transition (Boiler Room): apre con Franco Battiato, e lungo le due ore lo colora con Omar Souleyman, pezzi sudamericani e disco di varie epoche, il tutto ovviamente con “la voce” di Nicolas Jaar.
Il nostro lungo weekend torinese si conclude come di consueto in Piazza Madama Cristina con Dance Salvario, il block party di Club To Club, con la musica di Jim C. Nedd e Palm Wine che presentano Guarapo! e un giro in Stmartrams sonorizzato da Double Decker di Bounce Fm e Gambo, con proiezioni di High Files a cura di NEXST.
Un’ ultima cosa prima di salutarci: è bello tornare a casa ogni anno arrichiti da nuove scoperte e carichi di esperienze fantastiche. Viva Club To Club Festival, e che l’Italia se lo sappia conservare comprendendo che tesoro è.
Ciao Torino, ci vediamo al prossimo Club To Club!