Vincent Van Gogh approda al cinema: i suoi dipinti parleranno per lui
La pittura ha sempre attraversato l’anima di tutti, risvegliando i sentimenti più profondi e sensazioni sconosciute. Ora ha varcato anche la soglia del cinema.
La forza che questa arte possiede non conosce limiti e non segue un metodo specifico per arrivare al cuore delle persone. Semplicemente, ci arriva.
La dimostrazione più eclatante di questo è ciò che è scaturito da un’idea decisamente innovativa: realizzare un film attraverso la pittura. Così è nato il primo lungometraggio dipinto interamente su tela, scritto e diretto da Dorota Kobiela e Hugh Welchman, che ci narra le opere e la biografia di Vincent Van Gogh.
“Loving Vincent” è stato tradotto in realtà grazie al prezioso aiuto di 125 artisti, i quali hanno realizzato tantissime immagini con lo stile di Van Gogh, dando allo spettatore la possibilità di essere trascinato nel turbine di meraviglia della sua arte e di sentirsi una pennellata frutto della sua ispirazione.
L’idea del connubio tra arte e tecnologia, premiata al Festival d’Annecy, voleva mettere in scena la fase post mortem di Van Gogh, in cui Armand Roulin, giovane infelice e privo di aspirazioni, cerca di scoprire la verità sulla morte dell’artista, dopo aver ricevuto dal padre, il postino Joseph Roulin, una lettera di Vincent da consegnare di persona a Parigi. Quasi subito scoprirà che il destinatario della lettera, il fratello Théo, è deceduto poco dopo Vincent, perciò il ragazzo dovrà trovare un’altra persona degna di ricevere l’ultimo messaggio del pittore. Il giovane inizialmente non è entusiasta del compito affidatogli dal padre, per cui si ribella e si rifiuta di partire.
Successivamente cambia idea e inizia il suo viaggio alla ricerca di indizi: si recherà a Parigi, poi nel villaggio di Auvers-sur-Oise, nella locanda dei Ravoux, in cui Vincent soggiornò nelle ultime settimane della sua vita, e in tutti i luoghi da lui frequentati nell’ultimo periodo, cercando di immedesimarsi nell’animo del pittore e di provare le sue stesse sensazioni di quegli ultimi giorni, perdendosi in un labirinto di versioni discordanti l’una dall’altra, in quel villaggio in cui ognuno racconta la propria verità.
Al giovane verranno raccontati molti particolari della vita di Vincent, positivi e negativi, e solo allo spettatore rimarrà l’ultima parola su un artista di cui si è discusso molto, definito come un martire, da alcuni considerato dolce e bravo, da altri una persona cattiva, da altri ancora come un folle, o come un genio, o anche come un fannullone.
Emergerà il grande affetto che legava Vincent al fratello Théo, l’unico nella famiglia che lo appoggiò e che credette in lui, che lo sostenne sempre, anche economicamente, sia per curare la sua salute, sia per curare la sua passione, dipingere. Affetto testimoniato anche dall’imponente carteggio che ci fu tra i due nel corso degli anni, e di cui era perfettamente a conoscenza il signor Joseph Rulin, il postino.
Lo spettatore rivive passi della vita di Van Gogh in alcuni dei suoi quadri più famosi, come Caffè di notte, Campo di grano con volo di corvi, Notte stellata, Terrazza del caffè la sera… e anche in alcuni ritratti e autoritratti. Viene trasportato nella narrazione come se si trovasse all’interno di un libro illustrato, o in un museo, come fosse in un unico grande dipinto diviso in sezioni, le fasi della vita, rappresentate ognuna con estremo sentimento.
Viene tradotto in pittura, e quindi in film, il grande amore nutrito da Van Gogh per la vita in tutti i suoi aspetti, lo stupore che riservava anche alle piccole cose o agli speciali doni della natura, le emozioni celate negli sguardi delle persone.
La lettura in chiave artistica e cinematografica della vita di Van Gogh ha dato voce all’artista stesso prima che alle testimonianze di altri, alle sue lettere, ai suoi dipinti, lasciando loro l’opportunità di narrare la storia e le vicende di colui che li aveva creati, e di trasmettere le emozioni profonde che custodivano quei semplici tratti.
Van Gogh desiderava molto che i suoi lavori potessero essere apprezzati e compresi un giorno, sebbene si considerasse una nullità, l’ultimo degli ultimi. Sperava che forse anche una nullità, anche l’ultimo degli ultimi potesse lasciare qualcosa di permanente e significativo.
“Loving Vincent” ha cercato di esaudire il più grande desiderio del pittore olandese:
Voglio che i miei dipinti arrivino al cuore della gente.
Voglio che di me si dica che sento tanto, che sento con tenerezza.
Eleonora Cocciu per RadioEco