To stay alive – A method. “Un film sulla sofferenza che vi farà stare bene” nato dalla particolare combinazione artistica tra Iggy Pop e Michel Houellebecq, proiettato in anteprima al Cinema Arsenale di Pisa tra gli eventi conclusivi dell’Internet Festival 2017.
Toccare il fondo.
Un precario equilibrio che piano piano si incrina e spinge un’esistenza verso il baratro, questo è ciò che hanno in comune Jérome, Robert, Vincent e Anne Claire, i quattro protagonisti del film. Tre uomini e una donna le cui vite sono state segnate da un estremo dolore, da esperienze traumatiche, da ricoveri in ospedali psichiatrici. In questi casi il suicidio sembra l’unica via possibile, l’unico modo per sfuggire alla sofferenza.
Anche Iggy Pop conosce bene questa condizione ed è proprio lui che ci guida alla scoperta di queste storie sul male di vivere. Ma questo non è un film sulla morte, bensì un film sulla vita, sulla resistenza. Un metodo, l’ultimo estremo tentativo per tentare di sopravvivere. Bisogna rimanere in vita, perché:“un poeta morto non scrive nulla”.
Il film ci fa quindi una lezione importante sulla necessità dell’esistenza e sul significato profondo della pazzia, senza cadere in una inutile pietà.
Quando la sofferenza si fa troppo forte, infatti, qualcosa nell’animo umano si spezza e si cade nella follia: una condizione alienante per la società, ma tutto sommato privilegiata per osservare se stessi, costituendo di conseguenza il punto di partenza per risalire, una volta che si è toccato il fondo.
La catarsi impossibile.
Il dolore rappresenta l’essenza stessa dell’essere vivi.
Alcuni riescono a scendere a patti con esso, altri ne risultano sopraffatti e soccombono. Nel mezzo, quando ogni giorno è un tormento, ci si ingegna. “L’universo è sofferenza, calati al centro di quella sofferenza e trova un modo di veicolarla.”
Questa veicolazione non può essere una catarsi, perché non ci può essere una liberazione dal dolore; gli si può dare una forma diversa, forse migliore, quando da male privato assume una forma condivisibile: tutti potranno vederla e ognuno la farà sua. Da qui, l’importanza dell’arte.
La forza salvifica dell’arte.
I protagonisti si sono salvati, in un modo o nell’altro e lo hanno fatto attraverso l’arte, che è proprio il metodo a cui ci si riferisce nel titolo del film. L’arte ha sempre tratto ispirazione dalla condizione umana di struggimento. La poesia, la figurazione, la musica si alimentano di questo dolore; la poesia, la figurazione, la musica diventano lo scopo di rimanere in vita; ed è sempre stato così.
Dalle radici del Blues, ovvero il canto degli schiavi africani deportati in America che solo solo in questo modo potevano esprimere il loro supplizio, a Baudelaire che ha saputo descrivere la bellezza decadente dello spleen, a Schopenhauer, per aver dato una forma quasi analitica al tedio esistenziale, fino a Jérome, Robert, Vincent e Anne Claire e Iggy Pop: tutti sconfitti, umiliati, impauriti, ma attraverso l’arte, sopravvissuti.
Caterina Marino per Radioeco