La giornata di sabato 7 ottobre si apre al Teatro Verdi con l’intervento di Paolo Attivissimo e Davide Bennato circa la macro area di “Bufale, post verità e democrazia”. L’intervento di Attivissimo si proietta subito su un aspetto focale concernente la realtà odierna dei media digitali: la crisi della verità.
Il giornalista e cacciatore di bufale esordisce affermando che ad oggi non ci sono solo le fonti di notizie-propaganda a sfondo politico, ma anche giornalistiche. E’ sempre più frequente infatti, che la crisi della verità, la costruzione di notizie false e la loro documentazione con false prove e/o falsi filmati, la si deve a giornalisti che, in virtù del fine ultimo del fare notizia, preferiscono over porre la veridicità della scrittura alla possibilità di uno scoop. Ecco allora prender vita negli ultimi anni una nuova forma di imprenditoria basata sulla creazione di piccole macchine (i giornalisti) per fare notizie. Ma perché alimentare questa industria delle bufale? Semplicemente perché paga. Le pagine, spesso con nomi simili alle famose testate giornalistiche, hanno interesse nel racimolare click per guadagnare tramite motori di ricerca e piattaforme social.
I numeri parlano: il valore di tutte le testate giornalistiche cartacee è eguagliato, e superato, dalla sola Google con i suoi 80 miliardi e non è poi da meno Facebook con i suoi 36 miliardi, chiara rappresentazione del crollo generale dei pagamenti per le notizie formato carta che vengono nettamente scartate a confronto con le notizie totally free del mondo digitale. Ma fare soldi minando la veridicità dell’informazione (principio base della comunicazione) crea malumore, fomenta i malesseri perché all’origine di una menzogna molto convincente vi è sempre la voglia del lettore di confermare i propri sospetti e la validità dei propri pregiudizi. Partendo dall’esempio del famoso post, correlato di foto di Magic Johnson e Samuel L. Jackson a Forte dei Marmi, che recava forti critiche circa la situazione degli immigrati in Italia e dei loro presunti 35€ al giorno, Attivissimo ha introdotto il concetto delle emozioni come motore di notizie false. Spesso è l’idea di poter confermare con una notizia “reale” i nostri giudizi e le nostre idee sul mondo, che ci lascia facilmente sviare dalla forma del messaggio e cadere nella cieca condivisione di informazioni fondamentalmente false. Da questo concetto è partito l’intervento di Davide Bennato, professore di sociologia dei media digitali all’università di Catania. Egli ha spiegato che l’utilizzo della comunicazione in senso coercitivo si articola in due meccanismi: la costruzione mediale della realtà e l’overload.
La costruzione mediale della realtà si basa sul principio secondo il quale noi non ci comportiamo nella realtà come siamo realmente, ma in virtù di un’idea che ci siamo fatti del mondo tramite i mezzi di comunicazione di massa; il voler confermare questa idea ci porta a creare un’astrazione di noi stessi tramite i social perfettamente coerente con ciò che il mondo digitale ci sembra richiedere. L’overload invece si riferisce alla gestione delle informazioni a cui sono sottoposto. Ad ogni mezzo di comunicazione, spiega Bennato, corrisponde una community che si rispecchia nel modo in cui tale strumento percepisce (o meglio, lascia che si percepisca) la realtà e la relativa polarizzazione della visione del mondo. “Le bufale sono tali in quanto le persone sono disposte a crederci” per confermare che ciò di cui sono convinte ha riscontro con la verità dei fatti. E’ ciò che è accaduto con il fenomeno Blue Whale. Tale bufala è l’esempio di come una storia a circolazione giornalistica è riuscita, partendo da un sito di social news e intrattenimento come Reddit, ad avere una portata mondiale sfruttando gli algoritmi di suggerimento e poche idee di base tra verità e perbenismo. Gli stessi utenti di Reddit erano consapevoli della falsità dei 50 steps di Blue Whale (idea tra l’altro nata da un commento su Vkontakte, alter ego russo di Facebook) eppure questo non ha impedito alla balenottera di solcare le onde scaturite dalla paura dei genitori per i propri figli e l’onnipresente sospetto sull’effettiva insicurezza delle piattaforme social, tanto da collegare un dato di fatto quale l’alto tasso di suicidi fra minori a San Pietroburgo a un banale scoop giornalistico. Tutto è dunque riconducibile come ennesimo risultato del fenomeno del filter bubble che ha come effetto l’allontanamento dell’utente da informazioni che sono in contrasto con il suo punto di vista, effettivamente isolandolo nella sua bolla culturale o ideologica.
Irene Camposano per RadioEco