Russian Circles @ The Cage Theatre [live report]

Ci siamo presi qualche giorno per metabolizzare per bene lo spettacolo, ma adesso vi raccontiamo dei Russian Circles al The Cage Theatre.

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La band strumentale americana, ormai in tour da giorni in tutta Europa per presentare il loro ultimo album GUIDANCE (prodotto dal chitarrista dei Converge, Kurt Ballou, ed uscito per la Sargent House rec.), ha deliziato la nostra penisola con ben 4 date, passando per Milano, Roma, Bologna e Livorno, e proprio lì c’eravamo anche noi, ad aspettarli con le braccia aperte.

La prima cosa che facciamo subito dopo essere entrati nel locale è quella di fiondarci dritti per dritti verso la prima fila, tra spallate e sguardi poco amichevoli di chi stiamo “gentilmente” surclassando.

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Neanche il tempo di arrivare davanti al palco, e subito parte un intro che fa crescere esponenzialmente la frenesia di veder salire i Russian Circles, che già si stanno facendo desiderare dal muro di amplificatori che fiancheggiano la batteria al centro.
Una volta montati sul palco, la band per prima cosa mette in chiaro chi loro siano, ritirando fuori dal cilindro alcuni brani tra i più apprezzati della loro discografia e che hanno reso grandi album come Station, Empros o Memorial (giusto per citarne alcuni) per poi passare al nuovo disco “Guidance”.
Granitici e inebrianti fin dal primo secondo, i Russian Circles ci hanno letteralmente trasportato in un viaggio surreale, che passa da sonorità dolci e melodiche fino alla malinconia più pura, modellando ed esaltando queste sensazioni a loro totale piacimento rendendo il loro live carico di adrenalina e distorsioni (anche mentali).

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La sessione ritmica (se così la possiamo chiamare) composta da Dave Turncrantz (batteria) e Brian Cook (basso) non sbaglia un colpo;
i due si scambiano spesso di ruolo per mantenere il motore dei loro brani sempre in primo piano creando quel giusto spazio dove l’ altro può creare vere e proprie linee ritmiche a se stanti ma sempre perfettamente “accordate” a quelle del compagno, alternando riff di basso potenti ed aggressivi come uno schiaccia sassi a dei fill di batteria scomposti, martellanti e dinamici.
Brian Cook, oltre a suonare il basso, in alcuni momenti lo vediamo alternarsi tra una chitarra ed i suoi sinth, riuscendo così a dare quella vena eterea ai brani mentre Dave tiene l’ adrenalina alta con la sua batteria sempre presente e complessa ma mai tediosa e fuori luogo, sempre ben dosata in ogni suo minimo dettaglio e gestita da quella che è la sua alta dote tecnica.

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Mike Sullivan (chitarra) non è certo da meno; suona le sue parti di chitarra insinuandosi tra i due compagni in maniera molto netta ed imponente, intrecciando distorsioni e sonorità dilatate a melodie surreali;
Tra loop, distorsioni, riverberi infiniti, delay e “quella cosa che fa con entrambe le mani sulla tastiera” (tapping), il “chitarriere” in questione dà vita ad un risultato a dir poco accattivante, esoterico e denso.
A questo punto, il trio statunitense ammalia completamente il suo pubblico per poi avvolgerlo e travolgerlo in una morsa massiccia da cui difficilmente riusciamo a liberarci!

Beh.. Diremmo una bella bugia dicendo che non avevamo grandi aspettative, ma son state tutte ben soddisfatte!

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E’ vero, i Russian Circles non sono una band molto semplice all’ ascolto, ma il loro pubblico è ben abituato a questi tipi di sonorità, al continuo alternarsi e spostarsi delle metriche e al totale annientamento di una logica musicale che caratterizzano la classica “forma-canzone”; tutto questo consente alla band di creare e plasmare a suo piacimento, libera da ogni tipo di dogma musicale, non a caso in molti identificano i Russian Circles come una delle miglior band della scena Post-Rock, consacrandoli ed affiancandoli a nomi ben più grandi come Sigùr Ros e Mogwaii.

Adel Giorge

Tutte le foto sono di Martina Ridondelli