Renzi Wars: l’attacco dei GentiCloni

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Osservatore televisivo – L’Italia ha un nuovo Governo ma non c’è discontinuità. Renzi deve scegliere fra i propri interessi e quelli del paese, e intanto la non alleanza ribelle guadagna punti e visibilità.

Mattero Renzi e Paolo Gentiloni - Osservatore Televisivo

Mattero Renzi e Paolo Gentiloni – Osservatore Televisivo

Italia, anno galattico 2016 (quasi 2017). Un paese diviso a metà assiste alla lotta del potere più antica che esista: il mantenimento dello status quo. L’attacco alla Costituzione è stato sventato in extremis da un plebiscito umano che, in una domenica invernale, si è recato alle urne allo stesso modo con cui si va al fronte. Renzi, dimessosi, non si stacca dal proprio sistema di potere ormai assodato e prepara il pronto riscatto con un Esecutivo confezionato su misura da Mattarella per tenere a bada la Repubblica: l’esercito dei GentiCloni.

Luca Lotti allo Sport, Maria Elena Boschi sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Alfano che dagli Interni passa agli Esteri per un rimpasto in salsa democristiana in cui a rimetterci è solo l’ex Ministro all’Istruzione Stefania Giannini e lo stesso Gentiloni: unico Premier in Italia a cui i giornali patinati non dedicano salamelecchi e sguerguenze. Sul pianeta libero di Piazza Pulita, a parlare – in maniera saggia – è Marco Damilano, vicedirettore dell’Espresso: È un Governo Renzi senza Renzi. Abbiamo due papi in Vaticano: soltanto che Gentiloni è ‘Paolo Mesto’, mentre Renzi è ‘Young Pope’”. Carico da novanta sulla ex madrina della Riforma Costituzionale: “Ero al Quirinale quando giurò la prima volta. Completo di Zara, accompagnata dalla famiglia, entrò a piedi – poi il passaggio di lunedì scorso – macchina di scorta, l’auto blu, tailleur nero, era da sola non ha parlato con i giornalisti. Ecco, in tutto questo c’è la parabola degli ultimi tre anni. Dalla provincia toscana alla blindatura del potere”. Proprio vero, il renzismo senza Renzi, privo della sua energia è  – sempre stando a quanto ci racconta la penna romana – pura occupazione di potere.

Intanto nel quadrante galattico nascosto di Otto e mezzo, il filosofo Cacciari sembra un moderno Yoda a cui manca solo la cadenza degna del dialetto idiosincratico degli Whill, oltre che le orecchie a punta: “Secondo me questo Governo va fino a fine Legislatura. Renzi non può fare l’opposizione a Gentiloni come stato con Letta. Servirà che qualcuno inventi l’incidente, ma chi?”. Esatto, perché il Governo deve tenere – firmato in calce Mattarella e Napolitano – pena vedere l’Italia cadere sotto i colpi dell’economia, ma al segretario del PD conviene andare a votare il più in fretta possibile, visto che ogni mese che passa si vede sfilare punti percentuali nonché chilotoni di credibilità e risonanza mediatica, non essendo lui un parlamentare. Conflitto di interessi, non fattuale ma pubblico, evidentissimo.

Gli unici che sembrano non essersene accorti sono i rappresentanti della non alleanza ribelle: M5S e centrodestra a vario titolo. Tutti a chiedere le elezioni anticipate per ghigliottinare di fatto il PD. Di Maio nell’orlo esterno di DiMartedì: “Renzi dice ‘io me ne vado’. In realtà piazza i suoi uomini nel Governo, si prepara a riprendersi il suo partito. Esce dalla porta per rientrare dalla finestra. Elezioni al più presto per ricucire la frattura che c’è nel paese”. Le carte della Morte Nera si chiamano però legge elettorale e Referendum abrogativo sul Job Act, a metterci mano sarà la Consulta, nessun altro. Pretendere la crisi istituzionale e la conseguente campagna elettorale, sembra uno spreco di forze che potrebbe rivelarsi un boomerang: meglio attendere sulla riva del fiume che passi il corpo putrefatto o tagliuzzato. In guerra e in politica, tout court, “dividi et impera”.

Guardando allo stato dell’arte, fa tenerezza pensare ai tanti insulti che si erano beccati coloro che, invasati dai midi-chlorian costituzionali, nell’aprile del 2013 chiedevano Rodotà al Colle e un Governo di scopo per rifare la legge elettorale e riandare subito al voto in estate. Adesso la situazione è la medesima ma con l’aggravante del tempo passato e delle cose non fatte. Allora a scongiurare il progressismo ed imbalsamare il sistema, oltre alla longa manus del Gattopardo, fu la paura dei mercati. “La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza”. Ed è questo quello che resta a noi oggi, nient’altro che la paura.

Stefano Mastini