Robinù, primo film di Michele Santoro: tra cinema e realtà

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È un Michele Santoro inedito quello che sveste i panni del conduttore televisivo ma continua la sua passione di osservatore del mondo in Robinù, andando ad intervistare ragazzi cresciuti nelle periferie napoletane che sin dall’adolescenza imparano a sparare e ad annusare l’odore del potere, quello sporco.

Robinù, un film di Michele Santoro

Robinù, un docu-film di Michele Santoro

Il prossimo 6 e 7 dicembre uscirà nelle sale il docu-film Robinù di Michele Santoro, già  presentato alla 73° Mostra del Cinema di Venezia. Questa rappresenta la prima esperienza, a cui non si sa se ci sarà un seguito, di Santoro nei panni di regista dopo aver collaborato con varie testate giornalistiche, dopo aver realizzato più di dieci trasmissioni di cronaca-inchiesta e dopo una breve militanza politica sia in giovane età sia nel 2004, quando con 730.000 preferenze venne eletto deputato al Parlamento europeo con la lista Uniti nell’Ulivo. Il giornalista salernitano, infatti, ha deciso di raccontare tramite Robinù la vita, a volte, purtroppo, troppo breve e crudele, di adolescenti che a non più di qualche anno in meno di chi vi scrive sembrano aver già vissuto uno, due o tre vite. Già dal trailer di Robinù troviamo affermazioni di questi baby-killer che affermano che la pistola li fa sentire uomini, è quell’arma ad avvicinarli ai soldi, al sesso e al potere.

Michele Santoro alla presentazione del film Robinù alla 73° Mostra di Venezia

Michele Santoro alla presentazione del film Robinù alla 73° Mostra di Venezia

Questo film nasce a due anni di distanza dalla serie televisiva targata SkyGomorra che, prendendo ispirazione dal libro di Roberto Saviano, ha una linea in comune con Robinù, cioè quella di far vedere un’Italia in cui non esiste la legge se non con quella del più forte, in cui l’unico codice ammesso è il codice d’onore, in cui è presente una sorta di stato nello Stato, in cui si è disposti a sacrificare se stessi pur di affermarsi e di conquistare o, all’occorrenza, mantenere il predominio. Ed è aberrante il fatto che di queste situazioni si venga a conoscenza tramite libri e film mentre le istituzioni, nonostante l’eccellente lavoro di magistrati e di forze dell’ordine a cui dobbiamo tanto e di cui, ahinoi, non conosciamo neppure i nomi, talora isolano questi casi sia prima sia dopo l’esperienza in carcere. Questo è dimostrato dall’affermazione in Robinù di un ragazzo che considera giusto cominciare a sparare da adolescenti in maniera tale da essere arrestati presto e, di conseguenza, uscire dal carcere in giovane età per poter avere la vita tutta davanti. Per poi fare cosa? Offrire una prospettiva diversa a questi guaglioni oppure trascurarli cosicchè da non dare alcuna funzione rieducativa alla pena? Per lo meno, se guardiamo l’altro lato della medaglia, dobbiamo considerarci soddisfatti di questi prodotti della cinematografia italiana che ci esportano in una concezione della vita parallela rispetto a quella che noi abbiamo. Sperando che anche lo Stato cominci ad occuparsene.

Farouk Perrone per RadioEco