“La Leopolda è il momento dove tutto è cominciato ed è dove torniamo.” (Matteo Renzi).
Questa frase ad effetto pronunciata dal Premier/Segretario del PD Matteo Renzi durante il primo giorno della Leopolda 7 racchiude dentro di se tutto il fenomeno del renzismo cominciato, un po’ in sordina, nel 2010.
A quei tempi era certamente un’altra Leopolda; a fare i mattatori sul palco c’erano lo stesso Renzi, allora sindaco di Firenze, e il fiero compagno Civati. Maria Elena Boschi era “solo” una volontaria dello staff che sei anni più tardi sarebbe fieramente tornata da Ministro delle Riforme e madre della nuova (probabile) Costituzione.
Ma la Leopolda 7 è qualcosa a parte. Molto diverse dalle altre manifestazioni che si sono susseguite negli anni; è la terza da quando i giovani rottamatori sono al governo e fin dal momento in cui si varca la soglia dell’antica stazione fiorentina si respira un’aria diversa, a tratti anche piuttosto pesante.
Il tema del giorno 2 infatti è la Riforma Costituzionale: la madre di tutte le riforme, il tema su cui il Governo Leopoldino si gioca tutto e lo fa, ormai, scoprendo tutte le proprie carte. Dopo la mattinata con i consueti tavoli di lavoro in cui i partecipanti erano invitati a dibattere sui temi caldi dell’attualità quali migranti, emergenza terremoto e riforme, i lavori riprendono dopo il ricco buffet offerto per pranzo.
Alle 15.30 circa sale sul palco, lui, Matteo Renzi come sempre mattatore assoluto. La platea lo ascolta attentamente e ride alle sue numerose battute che stemperano la tensione. Prende in giro Nardella, Delrio e l’altro Matteo grande protagonista di quest’anno, Richetti, già consigliere regionale PD in Emilia Romagna e oggi Deputato della Repubblica.
La parola va a Brunello Cucinelli, imprenditore del Cashmire molto legato a Norcia, recentemente colpita dal terremoto. Il suo è un intervento appassionato e molto toccante in cui disegna prospettive per la ricostruzione di Norcia con un progetto ambizioso che ci auguriamo possa davvero andare in porto.
I due Matteo aprono solo la pista per quello che era stato annunciato come il grande evento della tre giorni renziana: il “dibattito” sulla riforma costituzionale con Maria Elena Boschi, la volontaria diventata Ministra.
E così arriva lei, al suo fianco proprio Richetti che in molti momenti ricorda molto il Renzi delle prime Leopolde per i suoi modi di fare e di stare sul palco. A dare sacralità al momento arrivano quattro costituzionalisti con l’arduo compito di spiegare con autorevolezza le ragioni del SI.
Renzi aveva annunciato il giorno precedente che quello sarebbe stato un evento unico, in cui la riforma sarebbe stata smontata completamente e in cui sarebbe stato possibile per tutti porre domande e sottoporre i propri dubbi.
La verità è stata ben altra cosa poiché l’evento si è sviluppato in pieno stile comunicativo leopoldino: sono stati proiettati brevi video di personalità politiche e non politiche che esprimevano critiche alla riforma. Tra i tanti spezzoni proposti, completamente estrapolati dai contesti in cui venivano pronunciati, c’erano critiche di Di Battista, Travaglio, Cirino Pomicino e D’Alema.
Durante l’apparizione di quest’ultimo si rompe la magia: grida, insulti e fischi assordanti da parte di buona parte della platea. La Boschi si affretta immediatamente a calmare gli animi ricordando che la Leopolda è un momento di confronto ma probabilmente nessuno ne era al corrente e gli insulti e le frecciatine solite a Di Battista, Travaglio e a Il Fatto Quotidiano ne sono l’ennesima conferma.
L’incontro con la Ministra delle Riforme era un’occasione importante di confronto che purtroppo è andata persa. Non c’era nessuna possibilità di sottoporre domande dalla platea mentre gli unici dubbi espressi provenivano da Facebook dopo un sapiente filtraggio da parte dello staff.
Come era prevedibile, i dubbi critici di chi scrive non sono stati fugati anche e soprattutto perché non è stato possibile sottoporli. Nemmeno la riforma è stata realmente “smontata” come promesso il giorno precedete, limitandosi ad una ben più facile risposta ai luoghi comuni del NO espressi dagli spezzoni sugli schermi. Senza nessun contraddittorio.
Lo show della Boschi si è concluso lasciando spazio ad altri interventi sull’immigrazione e sulle idee per far fronte a questa emergenza. Infine l’appuntamento a domenica, giornata conclusiva illuminata dall’attesissimo discorso di Matteo Renzi.
Una Leopolda diversa quella numero 7. Meno pomposa ma con il consueto ottimismo che ha sempre rappresentato il segno distintivo del Renzismo. Un ottimismo che, però, sembra nascere questa volta da situazioni diverse; non è più l’ottimismo di chi, all’opposizione, si sente soffocato dagli “anziani” da rottamare per prendere finalmente in mano questo Paese e rimetterlo in moto. E’ l’ottimismo di chi adesso si misura con il Governo e con le sue difficoltà. Di chi ha davvero scommesso tutto sul Referendum del 4 dicembre a tal punto che sembra non abbia previsto un piano B.
Mentre fuori dalla Stazione c’è un’altra parte del Paese che manifesta con vigore e viene caricata dalla polizia. Ma alla Leopolda non viene fatto nessun cenno di quello che succede fuori, forse per non spezzare la magia.
Fabiano Catania per RadioEco