Turchia, l’inarrestabile colpo di Stato di Erdogan

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Turchia Erdogan

Per fortuna che la Turchia non vota negli USA: “Fratello non ci interessa la tua linea rossa!”. Questa la dichiarazione del premier turco Binali Yildirim dinanzi al presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz.

35.000 arresti ed oltre 10.000 licenziamenti. Il leader Erdogan, incoraggiato dall’insostenibile silenzio occidentale, continua indisturbato la sua opera di smantellamento della democrazia allontanando forse per sempre il sogno di una Turchia europea. Era il 31 Ottobre 2016 quando il caporedattore del quotidiano turco Cumhuriyet, Murat Sabuncu, è stato arrestato insieme ad altri dei suoi tredici reporter nell’ambito di un’inchiesta sulle recenti attività terroristiche. Lo stesso giornale poco prima aveva dato la notizia di un ordine di detenzione per 137 professori universitari attivi in sedici province.

Ad oggi la procura sta indagando sui presunti legami tra Cumhuriyet e l’Imam Fethullah Gulen, in esilio volontario in Pennsylvania da ormai diciassette anni, accusato da Ankara di essere la mente del tentato Golpe del 15 luglio scorso.

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Cumhuriyet è l’unico quotidiano di inchiesta della Turchia rimasto all’opposizione, fondato nel 1924, politicamente schierato con il centrosinistra. Nonostante faccia uscire una scarsa quantità di copie e non sia sostenuto da nessun imprenditore è ritenuto una sorta di porta-bandiera del giornalismo laico e indipendente. 

La scorsa notte Figen Yuksekdag e Selahattin Demirtas, presidenti del partito filo-curdo Hdp, il terzo del paese, sono stati arrestati. La tensione si fa ancora più forte a Diyarbakir, città curda del Sud Est, dove un’autobomba è esplosa: 8 vittime tra cui 2 poliziotti, 5 civili ed un presunto attentatore; a questo proposito la magistratura ha emesso un divieto di espatrio nei confronti delle autorità curde in seguito all’accusa di presunto favoreggiamento nei confronti dei terroristi del Pkk (partito dei lavoratori del Kurdistan). Il cancelliere tedesco in persona Angela Merkel definisce la situazione “estremamente inquietante”.

“Può la democrazia turca sopravvivere al presidente Erdogan?”. Persino il New York Times punta il dito contro lo scivolo dittatoriale della Turchia mentre l’intera Europa resta a guardare. No alla libertà di stampa, all’insegnamento laico ed imparziale, alla libertà politica e di espressione; pena quelle  “grandi pulizie” che, in seguito al tentato Golpe dello scorso 15 luglio, hanno coinvolto 1200 agenti, 28000 professori e circa 4500 militari. Erdogan manifesta inoltre fortemente la volontà di reintrodurre la pena di morte non più presente nell’ordinamento turco dal 2004, provvedimento che innescherebbe un’ampia retrocessione dello Stato a livello mondiale.

Questi i fatti. Dall’altra parte ci sono le persone, le famiglie, i bambini martiri forse di un assurdo e comune delirio di onnipotenza, di un eccessivo estremismo, del mancato rispetto delle regole. Loro non li difende nessuno. La situazione sta superando di gran lunga il limite concesso. Il presidente Erdogan sta manipolando l’accordo fatto pochi mesi fa con l’Europa minacciando flussi di migliaia di richiedenti asilo dalla Turchia.

Questa degenerazione politica è un pericolo enorme. Cesserà questo inarrestabile colpo di Stato o ci sarà un’ulteriore radicalizzazione?

Rebecca del Carlo