In TV, in radio, su internet e nelle piazze italiane non si fa altro che parlare del referendum costituzionale proposto dall’attuale governo. Il prossimo 4 dicembre, l’elettore italiano sarà chiamato al voto scegliendo tra “SI” e “NO” circa la seguente domanda:
<<Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?>>
La politica italiana si spacca a metà e sono ampiamente partite le campagne a favore del sì o del no dei personaggi più importanti del mondo politico, economico e giornalistico del momento.
Molte testate sono ampiamente schierate, altre riescono ad essere oggettive, ma quali sono i temi trattati? E cosa cambia se la riforma viene votata a favore?
Dal principio possiamo dire che la riforma costituzionale è stata votata dal parlamento il 12 aprile 2016 con la maggioranza di 361 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astenuti, con le opposizioni che hanno preferito abbandonare l’aula in segno di protesta e il 15 aprile il testo di legge è stato poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con il numero 88.
Il primo punto della riforma costituzionale prevede il superamento del “bicameralismo perfetto”: ad oggi la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica hanno gli stessi poteri e la stessa importanza nel processo legislativo. La due camere sono elette a suffragio universale e diretto e sono composte da 630 deputati e 315 senatori.
Con la riforma costituzionale solo la Camera dei deputati sarà un’assemblea eletta a suffragio universale e diretto dai cittadini e avrà il compito di approvare le leggi ordinarie e di bilancio e votare la fiducia al governo. Il Senato della Repubblica diventa un organo rappresentativo delle autonomie regionali, infatti, il nuovo senato sarà composto da 100 senatori in questo modo:
– 95 senatori verranno scelti dai consigli regionali che nomineranno con metodo proporzionale 21 sindaci e 74 consiglieri regionali che resteranno in carica fino al termine del loro mandato da amministratore locale;
– 5 senatori verranno nominati dal Presidente della Repubblica e resteranno in carica per 7 anni;
– a questi si aggiungeranno gli ex Presidenti della Repubblica con una carica vitalizia.
Il senato potrà esprimersi circa i lavori della Camera dei deputati ed entro 30 giorni fare proposte di modifica sulle leggi approvate dalla Camera, mantenendo un importante ruolo di raccordo tra Stato centrale e autonomie locali (regioni e comuni).
Il Presidente della Repubblica, i membri del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) e i giudici della Corte Costituzionale saranno lo stesso votati da Camera e Senato, ma cambia il quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica: sarà necessaria la maggioranza dei due terzi dei componenti fino al quarto scrutino, poi basteranno i tre quinti – al momento è necessario il raggiungimento dei due terzi fino al terzo scrutino e dal quarto basta la maggioranza assoluta dei componenti-.
Il presidente del Senato non sarà più la seconda carica dello Stato, ma sarà il presidente della Camera.
Dal punto di vista dell’iter legislativo verrà imposto alla Camera di determinare in maniera precisa i tempi certi per il voto di un ddl del governo.
La riforma costituzionale propone anche altri elementi come l’abolizione definitivo delle Province e l’abolizione dell’istituto del CNEL, cioè un organo ausiliare previsto dalla costituzione che ha una funzione consultiva in materia economica e lavorativa.
Un importante aspetto della riforma è anche la modifica del Titolo V della Costituzione che prevede l’assegnazione delle competenze tra regioni e Stato ed in particolare prevede la modifica delle competenze in ambito ambientale, in gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politica per l’occupazione, ordinamento delle professioni e sicurezza sul lavoro.
Materia della riforma è anche l’annessione del Referendum propositivo, la modifica del quorum per i referendum abrogativi e la modifica del numero necessario di firme per proporre una legge di iniziativa popolare:
– il quorum per i referendum abrogativi rimane del 50% + 1, ma se i promotori sono più di 800 mila basterà raggiungere il 50% + 1 dei votanti alle ultime elezioni politiche;
– la legge d’iniziativa popolare dovrà essere presentata solo dopo il raggiungimento delle 150 mila firme e non più con 50 mila.
Il nostro compito non è quello di consigliare come votare, ma di informare. Che sia “SI” o “NO”, spetta esclusivamente al cittadino scegliere, ma chi si occupa di comunicazione deve impegnarsi a dire la verità e mostrare nella maniera più semplice possibile perché siamo arrivati a discutere di questo referendum.
In ogni caso, per ogni preferenza, BUON VOTO!
Giammario Spada per RadioEco