Più passano i giorni, più la mostra del cinema di Venezia si sta confermando essere improntata su un andamento altalenante, per non dire barcollante: ad un film presentato ed etichettato in un certo modo, eccotene un altro che è la sua perfetta nemesi.
Ad esempio: a film commoventi, strappa lacrime (dicono che perfino il direttore Barbera abbia aperto la fontanella delle lacrimucce), duri perché basati su fatti reali – The Look of Silence – te ne viene presentato uno come La Vita Oscena, dove l’aggettivo del titolo può essere benissimo utilizzato per descrivere la pellicola: oscena appunto. Oppure, prima ti viene presentato un film dalle tematiche socialmente forti, come 99 Homes, per poi ritrovarti a ridere a crepa pelle con il gustosissimo She’s funny that way.
Insomma se mettiamo da parte la giornata di oggi, dove l’unico filo conduttore che si può ricavare è dato dalla presenza di due film con Al Pacino, quest’anno il festival manca di coerenza; manca quel fil rouge che invece era facilmente ritrovabile nelle edizioni passate.
Ma di questo poco ce ne importa. Ritorniamo a parlare dei grandi protagonisti di ieri (no, non sto parlando dei capelli da “Hangover” di Michael Shannon, o della barba di Andrew Garfield), ovvero i film 99 Homes (in concorso) e She’s funny that way (fuori concorso).
Il primo affronta una tematica abbastanza tosta (forse troppo tosta per essere affrontata alle 10 del mattino) riguardante il tremendo mondo delle speculazioni che si celano dietro gli sfratti illegali in America. Lo so, detta così pare una palla mortale, ma credetemi che due ore di sfratti, pianti e centinaia di inquadrature su famiglie intente a chiedere di non essere buttate fuori di casa, meritano solo per la recitazione dei due protagonisti: Michael Shannon e Andrew Garfield.
Che Shannon fosse bravo già si sapeva, e se non ci credete recuperatevi la serie Boardwalk Empire e il film The Iceman; ma che Andrew bucasse lo schermo per la sua bravura, lasciando tutto il pubblico a bocca aperta, è stata una piacevolissima sorpresa per molti, e una bella conferma per altri (chi lo aveva visto in altri panni che non fossero quelli di Spiderman sapeva benissimo che dietro quella tutina elasticizzata si nascondeva un talento immane). Più guardo film impegnati come questo (o come al tempo Boy A), più mi autoconvinco che Andrew è veramente sprecato a lanciare ragnatele a destra e manca.
Dopo una bella mazzata drammatica di due ore, ecco che alle 10 di sera ti ritrovi ad assistere a un film come She’s funny that way, il che tradotto per i meno informati vuol dire ritrovarsi con la mascella dolorante per il troppo ridere. L’ultimo film di Peter Bogdanovich è una piacevolissima commedia, sospesa tra le atmosfere e le situazioni paradossali alla Wes Anderson e gli ambienti con tanto di musichina alla Woody Allen.
La protagonista è una tanto convincente quanto incomprensibile da capire in lingua originale, Imogen Poots, la quale interpreta una ragazza squillo con un grande sogno: diventare un’attrice. Ad aiutarla ci sarà Arnold, un commediografo interpretato da uno svalvolato Owen Wilson. Tra gag esilaranti, situazioni assurde e personaggi fuori dal coro (fenomenali Jennifer Aniston nei panni dell’isterica psicologa, e soprattutto Rhys Ifans in quello dell’attore marpioncello) il film non cade mai nel banale, tenendo sempre alta l’attenzione e la bocca in un perenne sorriso. Poi il cameo finale merita l’intera visione della pellicola, ma di più non vi dico.
A risentirci domani, quando Venezia si sveglierà con i postumi dell’Al Pacino day.
Elisa Torsiello per RadioEco