[Live Report] Venezia71: Si apre con Birdman

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Il Festival del cinema di  Venezia arriva come la vigilia di Natale: lascia dietro di sé una scia di attesa e trepidazione lunga un anno per poi giungere così frettolosamente da lasciarti lo stesso impreparata, nonostante tu abbia passato i precedenti 30 giorni a farti programmi su programmi (per non parlare dei tanti viaggi mentali).

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Il festival per me è iniziato nel pomeriggio del 26 agosto dopo 365 giorni di ansia e voglia di spararsi film a go-go per 12 giorni di fila. Bene, ad attendermi a Lido c’era una fitta coltre di nuvole, una pioggia battente e una foschia che al paesaggio di Sleepy Hollow faceva un baffo. Altro che festival di Venezia, mi sentivo la protagonista di un improbabile remake di Morte a Venezia; come il protagonista del film di Visconti scendo dal vaporetto sperando che tutto ciò che mi circonda non sia un presagio di 12 giorni all’insegna di film deludenti e attori sfuggenti e affetti dalla stessa sindrome sociopatica di Jesse Eisenberg dell’anno scorso.

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Sicuramente abbastanza deludente è stata la cerimonia di apertura di ieri, 27 agosto: alle ore 18 il red carpet era stato già srotolato, gli immancabili cacciatori di autografi, misti a curiosi del posto che con fare interrogativo scommettevano su quale marchingegno avrebbe trovato posto sulla testa di Marina Ripa di Meana, avevano preso posizione tra le prima file; tutto era pronto. E poi… E poi eccole le grandi star: prima è stato il turno della giuria, capitanata dal compositore francese Alexandre Desplat; a seguire il cast del film d’apertura Birdman. Ecco, io vi giuro che un red carpet più triste di quello di ieri non c’è mai stato.
Sicuramente il premio alla simpatia ieri va a Tim Roth, indimenticabile Mr. Orange delle Iene di Tarantino, il quale, più che nel ruolo di giurato ieri sembrava svolgere quello di one man show rubacuori, pronto a elargire sorrisi, autografi e foto a destra e a manca.

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Chi invece si becca il premio all’antipatia è la coppia Michael Keaton – Edward Norton; entrambi hanno avuto un approccio coi fan  tanto simpatico quanto uno schiaffo datoti da tua madre il giorno del tuo compleanno. Ma a due attori come loro, un atteggiamento del genere glielo si perdona; e glielo di perdona soprattutto se poi vanno ad offrire due interpretazioni come quelle di Riggan Thomson e Mike Shiner nell’ultimo film di Alejandro González Iñárritu: Birdman. Dopotutto Keaton non poteva non dare un’interpretazione eccezionale in quello che alla fine sembra essere un ruolo cucitogli perfettamente addosso: Riggan Thomson (proprio come Keaton) vive ancora nell’ombra del supereroe che gli ha donato la fama -Birdman appunto- e passa le sue giornate nella speranza di strapparsi di dosso quell’etichetta così asfissiante di semplice “commediante” piuttosto che attore. E come persegue questo suo tentativo? Portando sulla scena a Broadway una storia debole, vecchia 60 anni che lui adatta dal racconto di Raymond Carver, What We Talk About When We Talk About Love. È da apprezzare con quanta sincerità Keaton si sia approcciato a un ruolo difficile come questo, perché tanto ricorda la sua stessa estenuante lotta per allontanarsi l’etichetta di Batman. Niente da dire per Edward Norton, il quale ancora una volta ci regala un’interpretazione senza eguali. Alla fine anche il suo personaggio, Mike, non è altro che l’ombra dello stesso Norton; come l’attore americano, Mike sembra ritrovare sè stesso solo quando calca il sipario (o un set cinematografico) per poi chiudersi al mondo una volta calato il sipario.

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Brava anche Emma Stone, però, cara Emmina, anche se urlavi un pochino meno forte, arrivavi comunque al cuore del pubblico; non c’è bisogno di calcare così la mano per fare la figlia di un padre di nome e non di fatto perché troppo impegnato a rifarsi una carriera. Strepitosa l’idea di girare il film in tre lunghi piani-sequenza. Una scelta questa che sicuramente va a omaggiare un capolavoro come Nodo alla Gola di Hitchcock e che riesce a donare ancor più un senso di magia al film, accentuando maggiormente il mescolare la finzione alla realtà.
Peccato per il finale; in un nano secondo si è rovinata l’atmosfera di due ore totali del film. Ma di più non voglio dirvi. Dovete andare a vederlo al cinema e giudicare voi stessi.

Elisa Torsiello per RadioEco