[LIVE REPORT] I Franz Ferdinand e l’arte di fare live (Ferrara, 1/08/2014)

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IMG_0138Partiamo da due constatazioni ovvie:

1) a Ferrara in estate fa caldo… tanto… troppo caldo. E ok, questo lo si sa tutti; aggiungiamo pure che a Ferrara riesce a fare caldo e a splendere il sole anche quando, in questa estate autunnale, tutto il resto del nord Italia sembra ritrovarsi nel bel mezzo del remake del film The Day after Tomorrow;

2) assistere a due concerti dove la parola d’ordine è “poga tu, che pogo più forte io” a soli quattordici giorni di distanza l’uno dall’altro è da decerebrati mentali.

Detto questo, potete ben immaginare quando, sul treno che mi portava verso il concerto dei Franz Ferdinand a Ferrara, un pensiero continuava a ronzarmi per la testa: «Elisa, ma che minchia stai facendo? Vai al mare in Romagna e lascia stare il concerto dei Franz Ferdinand. Sicuramente o ti farai male, o peggiorerai la tua situazione fisica». Giusto per avvalorare la legge di Murphy, mi sono guardata allo specchio e ciò che ho trovato riflesso al mio posto era un vero e proprio catorcio: i lividi, comparsi su tutto il corpo per la lotta intrapresa quattordici giorni prima sia con la transenna della prima fila del concerto degli Arctic Monkeys, sia con l’ammasso di nove mila fans scatenati alle mie spalle, non si erano ancora IMG_9964assorbiti; la voce, beatamente andatasene in vacanza dopo l’aver urlato a squarciagola tutte le canzoni di Alex Turner e compagnia, non era del tutto tornata; le gambe, ancora provate per le undici ore di attesa più le due di concerto, non erano ancora pronte a fare quello scatto necessario per accaparrarsi di nuovo la prima fila del parterre. Insomma, si faceva sempre più largo in me la convinzione che il voler assistere a tutti i costi a due concerti come quelli degli Arctic Monkeys e dei Franz Ferdinand nell’arco di sole due settimane era… come dire… la cagata più grossa della mia vita.

Ora, a due giorni di distanza, sapete cosa vi dico? Che la cagata sarebbe stata rinunciarvi a quel concerto. Pazienza se ora, tra i lividi tendenti al verdognolo perché quasi riassorbiti, e quelli nuovi di pacca di un bel violaceo acceso, ho il corpo di mille colori; pazienza se sono più sorda di mia nonna; e pazienza se forse riacquisterò appieno l’uso delle corde vocali a natale 2018; pazienza, perché di fronte allo spettacolo messo su dal gruppo di Alex Kapranos ne è valsa al 100% la pena.

Alex Kapranos e soci sono la dimostrazione che non serve una scenografia e l’uso di chissàIMG_0170 quali effetti speciali (ogni riferimento ai concerti dei Muse degli ultimi anni è puramente casuale) per fare di un concerto un’esperienza estasiante. Basta una batteria con disegnato un occhio, tre amplificatori con su scritto le tre paroline magiche “right THOUGHTS, right WORDS, right ACTION” – che tradotto per i non fans dei Franz (i quali sicuramente neanche staranno a leggere questo articolo, il che renderebbe pertanto inutile tale spiegazione, ma vabbè, ho un tot di parole da scrivere se voglio completare l’articolo, quindi ne approfitto) sarebbero le tre paroline che formano il titolo del loro ultimo stravendutissimo album – e, aggiungerei, anche una bottiglia di vino rosso, per lasciare i propri fans a bocca aperta; per spingere anche chi, attaccato alla transenna della prima fila per non perdere il tanto agognato posto dopo dieci ore di fila, a lasciarsi andare ed entrare nel vortice del “pogo”. La cosa che sorprende maggiormente è che, oltre a tutto questo, oltre a girare come trottole sul palco, oltre a lanciarsi tra il pubblico, oltre ai vari tentativi di Alex Kapranos di formulare una frase in italiano (“Ferrara, noi vi AMI-OAMO TANTO”) i Franz Ferdinand sono riusciti nell’impresa che sembrava più ardua: suonare le proprie canzoni alla perfezione. Io non so perché avevo un po’ di dubbi al riguardo. Ora di dubbi più nessuno; certezze tante.

La parte più bella del live, e sono sicura che chi vi ha partecipato in questo momento starà sicuramente annuendo, è stata però quando Alex, Nick e Bob hanno lasciato i loro strumenti e i rispettivi ruoli all’interno della band per andare a suonare all’unisono la batteria di Peter. In quel momento i Franz Ferdinand hanno mostrato il segreto del loro successo: l’essere una cosa sola, un gruppo unito, quattro “ragazzi” legati da un’alchimia che al giorno d’oggi, con band capitanate da “prime donne”, viene sempre più a mancare.

IMG_0139Che poi, parliamoci chiaro, se proprio dobbiamo individuare una prima donna nei Franz Ferdinand, quella non sarebbe di certo Alex Kapranos, bensì Nick McCarthy: Nick non suona la chitarra. Nick balla letteralmente con lei, quando un lento, quando un fandango. Se il ballo è anche gioco di seduzione, chi però esce totalmente sedotto da questa danza indie rock, è sicuramente il pubblico, ammaliato da quest’uomo di quarant’anni che passa da una parte all’altra del palco, fermandosi ogni tanto, quando a fare da coro a Alex – a volte per bere pure del Sangiovese, ma questi sono dettagli –, quando, prendendo un po’ di respiro, gettandosi tra le braccia di fans inebriati da questo portento scozzese, per lasciarsi cullare.

Non mi sorprende proprio se la rivista NME abbia incoronato i Franz Ferdinand come miglior “live band” dell’anno. Hanno cantato divinamente ogni brano in scaletta, da No You Girls a successi come Ulysses, o Take Me Out; hanno interagito coi fans; hanno dato prova di grandi doti artistiche e profonda umiltà. Dovendo dare un voto a un concerto del genere, direi che un 30 e lode ci stia tutto. Che fa signor Kapranos? Accetta, o torna al prossimo appello?

Elisa Torsiello

Redazione musicale