Avete mai sentito parlare della memoria spontanea? Non la memoria volontaria – ovvero quella capacità intellettiva che rende fruibili in modo logico e ordinato tutta una serie di dati, di conoscenze acquisite e stratificate nel corso della nostra vita – bensì quella involontaria. Questo particolare processo mnemonico si muove su un versante diametralmente opposto a quello del ricordo meccanico in quanto è completamente scardinato dalla volontà del soggetto e dunque caratterizzato dall’illogicità e dall’imprevidibilità. A scatenare il ricordo è un evento casuale, un’emozione, un sapore dimenticato in grado di riesumarne delle reminiscenze dai luoghi più bui e desolati della nostra memoria.
Per chi volesse approfondire la questione, personalità di spicco come Freud o Bergson hanno largamente discusso sull’argomento ma non è nella sua complessità teorica che ho intenzione di trattare il tema bensì nella splendida rielaborazione letteraria fatta da Marcel Proust in Alla ricerca del tempo perduto.
La Recherce ha accompagnato Proust negli ultimi vent’anni della sua vita e si è concretizzata nella pubblicazione di ben sette libri, dei quali gli ultimi tre postumi: Dalla parte di Swann; All’ombra delle fanciulle in fiore; I Guermantes; Sodoma e Gomorra; La Prigioniera; La fuggitiva; Il tempo ritrovato. Non mi dilungherò nella descrizione dei singoli testi poiché è compito del lettore decidere se avventurarsi o meno in questa giungla di ricordi; ciò che qui conta è condividere la profondità della poetica proustiana. Tutto il romanzo è un flusso di coscienza in cui Marcel, io narrante, riflette sullo scorrere veloce del tempo e sulla possibilità di poterne contrastare la forza corrosiva attraverso la scrittura delle sue memorie; in realtà sarebbe più corretto definirla come un’opera di riflessione generale sugli uomini e sul tempo che trae spunto d’argomentazione dalle vicende personali di Proust. Con una raffinata sintassi linguistica e una fitta serie di spunti concettuali sui quali riflettere, l’io narrante si rivolge direttamente al lettore per dimostrargli le modalità secondo le quali ognuno di noi, in base alle proprie caratteristiche sensibili e intellettive, può attivare in se un processo di sottrazione al nulla simile a quello compiuto dall’autore. Il recupero della memoria della propria vita passata è l’unico modo che l’uomo ha di poter contrastare il trascorrere inesorabile del tempo e avere piena coscienza di se stessi. Dunque, la prossima volta che avrete la sensazione di avere già vissuto un determinato contesto non lasciate passare via quella sensazione. Fate come Proust, indagatela, interrogatela; sarà il momento giusto d’iniziare il recupero del proprio tempo perduto.