[RECENSIONE] Noah. “La fine di tutto”, della versione biblica soprattutto

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La scelta di trasporre sul grande schermo una storia tratta dalla Bibbia necessita sempre di una gran dose di coraggio da parte del regista, perché, qualunque sarà il risultato, il film non si ritroverà mai dinnanzi a un giudizio unanime. Gli spettatori e i critici avranno sempre qualcosa da ridire e la pellicola si ritroverà a fare i conti con una valanga di critiche assicurate del tipo: “è troppo fedele alle letture sacre? Allora il regista è invaso dalla volontà di catechizzarci tutti”; oppure, al contrario “il film non ha nulla a che vedere con la Bibbia? Allora il regista è blasfemo e satanico”.

Russell Crowe as Noah in Darren Aranofsky's biblical epicQuando Darren Aronofsky (regista de Il cigno Nero e The Wrestler, quindi non certo il primo scemo che passa), autore visionario e a volte personaggio un po’ scomodo a Hollywood, decise di avventurarsi nella trasposizione colossale della storia di Noè e della sua Arca, aveva sicuramente preventivato le accuse di blasfemia e infedeltà letteraria che sarebbero scaturite una volta completato il proprio film. Critiche che non sono di certo mancate all’uscita della pellicola con Russell Crowe nei panni di Noah e Jennifer Connelly in quelli della moglie e che, diciamoci la verità, hanno contribuito a lanciare in vetta al botteghino il film.

All’uscita dalla sala mi sono chiesta più volte quale versione Aronofsky si fosse letto della Bibbia e se per caso non avesse alternato questa lettura a quella di altri libri, data la presenza nel film di esseri come i Vigilanti (angeli decaduti fatti di roccia lanciati sulla terra perché rei di aver avuto compassione per gli uomini) che più che ad esseri celestiali mi sono sembrati la brutta copia dei Barbalberi, ossia gli alberi parlanti del Signore degli Anelli.

Alla fine la scelta d’apportare varie modifiche e aggiunte a una delle storie più conosciute al mondo (e che pertanto mi rifiuto di sintetizzarvi) non mi è dispiaciuta; voglio dire, se avessi voluto assistere a una fedele trasposizione di quello che avviene nell’Antico Testamento, andavo a guardare lo sceneggiato La Bibbia su Rete Quattro.  Il coraggioso Aronofsky, invece, fa propria la storia dell’Arca di Noè senza eliminare però gli elementi chiave, come la costruzione dell’arca, oppure l’arrivo degli animali (scena mozzafiato resa grazie alla computer grafica e quindi priva dell’utilizzo di animali reali a seguito di una decisa scelta ecologista presa dal regista), senza dimenticarci della scena finale con un Noah ubriacone guardato con disprezzo dal figlio Cam. Certo, vi sono anche dei risvolti non proprio positivi in questa trasposizione di Aronofsky, come il destinare il povero Cam, secondogenito di Noah e interpretato da Logan Lerman, a un’eterna vita da “forever alone”; oppure il cercare a tutti i costi di far sorgere nello spettatore un sentimento d’odio profondo nei confronti di Noè, il quale è rappresentato come un vecchio psicopatico scappato da un ospizio piuttosto che come l’uomo di Dio. Eppure, modifiche e aggiunte a parte,  Aronofsky riesce nell’impresa di tenere lo spettatore con lo sguardo fisso sullo schermo. E lo fa soprattutto grazie ad effetti digitali sorprendenti, a scene, come quella dell’arrivo dell’alluvione o del racconto della creazione, che da sole meritano il prezzo del biglietto. Aronofsky ci sa fare con la computer grafica e gli effetti speciali, ne aveva già dato prova nel sottovalutato The Fountain, e dà sfoggio di questo suo stile visionario e onirico soprattutto nella scena della premonizione di Noè, con la mela, frutto del peccato, colta da Eva, e l’omicidio di Abele da parte di Caino; scena, questa, che si ripeterà più volte nel corso del film come un vero leitmotiv, quasi a ricordare che il male e la cattiveria dell’uomo sono sempre alle porte. Altro punto di forza del film sono anche le ottime performances attoriali del cast, ma soprattutto da Ray Winstone nei panni del villain di turno che, cercando la complicità di Cam, aizzandolo a tradire il proprio padre, cerca di sottrarre a Noah l’arca, dopo essersi mangiato buona parte degli animali lì nascosti senza che nessuno inspiegabilmente se ne sia accorto.

noah 8Insomma, tirando le somme, se volete passare due ore al cinema assistendo a una versione della storia del diluvio universale un po’ diversa rispetto a quelle trite e ritrite propostoci in passato allora Noah fa al caso vostro. Se invece rimanete fedeli all’idea del buon e vecchio Noè, con la barba lunga e che al comando della sua Arca ha riscattato il mondo dal male dando vita alla rinascita della razza umana, allora statevene a casa a guardarvi Rete Quattro. Quello che avrete di fronte sarà un Noè che non vi piacerà.

Che poi a pensarci bene, la vera domanda che sorge dopo la visione di film come questi è solo una: ma quindi, io, voi, noi tutti, siamo solo il frutto di un grande incesto? Ai posteri l’ardua sentenza.

 

Elisa Torsiello per Radioeco