Il live dei Noise of Trouble all’Ex Wide, tra jazz-core e impegno civile

“Cosa meglio della poesia può raccontare la desolazione umana e allo stesso tempo ridare indietro un’immagine di purezza e grandezza?” – così scrivono i Noise of Trouble sul loro “manifesto” artistico. La loro proposta musicale, per quanto “rumorosa” in alcuni passaggi, rispetta una poetica coerente e soprattutto una poesia politica tutt’altro che statica o retorica. Il rumore è una metonimia del mondo, infatti “gli esseri umani non sono altro che rumore nell’equilibrio di questo Mondo. Un rumore fatto di problemi”.

I romani NoT (Marco Colonna al clarinetto e clarinetto basso, Luca Corrado al basso, e Cristian Lombardi alla batteria) li abbiamo conosciuti dal vivo per la prima volta, dopo aver sentito molto parlare in giro del loro album Distopia. Il trio, diventato quartetto per l’ingresso di Ivan Radicioni alla voce, è giunto sul palco dell’Ex Wide presentando il loro ultimo capitolo d’impegno poetico e civile: “Mukawama”. Questa parola, che in arabo significa “resistenza”, mette insieme il ricordo della vita di Vittorio Arrigoni e le liriche del poeta palestinese Mahmud Darwish. I NoT a Pisa hanno presentato molti dei pezzi che compongono la loro ultima fatica discografica – Così morì la luna – uscito nell’autunno del 2013.

1010316_10153896193005313_694436070_nIl nuovo impegno musicale e politico vede l’ingresso di elementi di world-music nel già riconoscibile marchio jazzcore della band. Scale orientali e cantati arabeggianti, unite ad un basso ammiccante verso il math-rock, e una batteria che salta con agilità da groove sghembi a serratissimi tempi pari da hard-core old scool. Se con “Distopia” potevano tornare alla memoria i Fuzz Orchestra per via di alcune affinità stilistiche, adesso la proposta si fa molto più personale: il cantato dei pezzi addolcisce l’assalto dei NoF, merito anche dell’interpretazione istrionica di Radicioni, che riesce a coordinare alcuni versi (tradotti in italiano) di Darwish nella non facile ritmica del gruppo, tirando fuori ogni tanto gli echi lontani degli urlatori italiani degli inizi degli anni 60, per il lavoro di potenza vocale. Forse una featuring con una voce femminile, con specifiche timbriche e tecniche (Meg per fare un esempio) potrebbe dare esiti ancora più sorprendenti su un paio di pezzi.

L’introduzione del concerto è affidata a Mukawama e Filastin, brani che rientrano nel nuovo corso della band. Ma lo spazio per i trascorsi di Distopia si crea quasi subito con momenti di noise puro dell’introduzione di Alimonda, improvvisazione che riesce a restituire il caos, il fumo dei lacrimogeni, la concitazione di quei minuti terribili che hanno preceduto la morte di Carlo Giuliani, e infine la disperazione per quel corpo caduto sulla piazza. Sullo stesso mood di concitazione è anche Tortura, in cui lo sviluppo del tema è affidato ai fiati di Colonna, e il titolo porta con sé un riferimento neanche tanto nascosto agli eventi della scuola Diaz o della caserma Bolzaneto. Sempre da di Distopia i NoT inseriranno in scaletta anche Genova. Non fate però l’errore di considerare che i versi di Darwish siano meno potenti, il fatto che intervengano il canto e suoni più acustici non rende Al Nahba o Naema pezzi con un minore di impatto rispetto al resto del repertorio. Tra i pezzi invece più rodati in scaletta, i NoT hanno proposto Amandla, tratta dal loro disco del 2011 The Bloody Route – From the country where women are older than God.

1901279_10153896193155313_1846248628_nHanno chiuso il concerto con una cover insospettabile di Get up, stand up, riuscendo a movimentare il pubblico molto numeroso (anche insolito per un mercoledì sera): qualcuno accennava passi di danza dalle retrovie. E poi nel bis è arrivata anche un’esecuzione al fulmicotone di Assassini, anche questo pezzo molto gradito dal pubblico.

Dopo il concerto siamo andati a fare due chiacchiere con Marco Colonna, che ci ha raccontato un po’ le difficoltà dell’autoproduzione di un disco (Così morì la luna è infatti autoprodotto), della promozione legata ai live, e di come i centri sociali non siano un posto così particolarmente ricettivo all’avantgarde dei NoT. Quest’ultimo aspetto ci ha un po’ sorpreso a dire il vero.

Noi auguriamo ai NoT di far girare molto questo ultimo disco e chiediamo ai club di ospitarli senza la minima esitazione, perché la poesia di Darwish, così come l’impegno di Arrigoni, non possono rimanere confinati come pagine di agiografia poetica e politica, ma devono tornare a respirare insieme a un percorso artistico veramente “indipendente”. I fatti di Gaza ci dicono che c’è ancora da reagire, nonostante la smobilitazione ideologica circostante. Grazie ai NoF per avercelo “suonato” senza alcuna retorica.

Giuseppe F. Pagano
(Redazione musicale)

Tutte le foto del concerto le trovi qui.