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Chopin vs Liszt. Un duello sul pianoforte di Michele Campanella

Se ti chiami Campanella, sicuramente Liszt lo vivi come un compositore di “famiglia”. Il talento interpretativo di Michele Campanella riesce veramente a “far scuola”, e non solo perché la figura di questo musicista coincide anche con quella di docente.

Non mi ha fatto temere il cambio di programma de “I Concerti della Normale” che, purtroppo, sforniva Campanella dell’accompagnamento di un’orchestra sinfonica e ha portato a un radicale riassetto del repertorio. Perciò l’ironico titolo ‘Chopin vs Listz‘ di fatto ha alimentato una curiosità maggiore per il modo con cui il maestro si sarebbe misurato con due compositori assolutamente nelle sue corde.

1836932_10153796046685313_1472178325_oLa serata al Teatro Verdi si è svolta in due parti, abbastanza simmetriche, in cui il pianista napoletano ha dato voce, in modo imparziale ed ugualmente appassionato, ai due compositori romantici. Immaginatelo come un vero duello: il primo colpo spetta a Chopin a cui è dedicata tutta la parte iniziale del concerto. E Chopin porta il confronto sul proprio terreno, proponendo due Ballate e tre Valzer, campi in cui eccelleva, e si tratta di opere che generarono non poco clamore all’epoca. Se fossimo ascoltatori ottocenteschi sarebbe un The best of: l’incipit spetta alla Ballata in la bemolle maggiore op.47, che ha più le forme della sonata che della ballata vera e propria, per passare poi alle 3 Grandes Valses Brillantes op. 34, anche questi dei componimenti più concertistici che da ballo. Dentro c’è tutta la fierezza malinconica della Polonia senza patria, e il tono epico dei versi di Adam Mickiewicz.  La struttura circolare della prima parte si chiude con la Ballata in sol minore op.23, anche questa fortemente condizionata da una struttura sonata, e certamente tra le pagine più alte del pianismo di tutti i tempi. Il fatto che tutti i pianisti si devono prima o poi imbattere in questo pezzo ha causato molte “infedeltà”, cioè molti hanno tentato di piegarlo a derive anti-convenzionali, soprattutto in velocità, per risultare più originali. Da Campanella ho ascoltato finalmente come questo pezzo “deve” essere eseguito.

Al termine della prima parte, mentre mi spostavo da una postazione all’altra del teatro per esigenze fotografiche, ascolto involontariamente i commenti saccenti di qualche “sbarbino” abituato a sentire la musica classica su youtube. “Era troppo composto” dicevano. La questione è proprio questa; l’interpretazione di Campanella non tradisce il “romanticismo addomesticato” di Chopin, perché chi tenta la soluzione virtuosistica personale va solo a intaccarne la bellezza originaria.

1901384_10153796048920313_987836128_nNel secondo tempo Liszt non si dimostra spaventato e per rispondere tira fuori una Ballata e quattro Valzer. Siamo quindi nello stesso campo, ma lo spirito di Liszt è assai più insofferente per le vecchie e codificate strutture. L’afflato sperimentale di questo consumato showman ottocentesco, capace di mandare in delirio le folle dell’epoca, piega le forme al suo contenuto. Si parte con Valse-Impromptu, pezzo non certo facile perché richiede una certa rapidità nel cambio di tocco da lirico a molto delicato, e forse ciò ne ha ostacolato la popolarità. Poi ci sono l’incompiuto quarto Mephisto-Valzer, la Ballata n. 2 in si minore, che traspone in musica le potenze naturali che intervengono nel mito di Ero e Leandro, e il quarto dei Valses oubliées, che al contrario delle ultime produzioni di Liszt è tutt’altro che cupo e austero, manifesta elementi di danza vertiginosa, tenera nostalgia e profonda passione. Il concerto si chiude con la “cover d’autore” Valser de l’opéra Faust de Gounod, una geniale rielaborazione per solo piano di una pagina eseguita inizialmente dall’orchestra.

Con Liszt il pianoforte è sollecitato da Campanella con l’energia che si richiede alle opere in repertorio, e la “misura” dovuta a Chopin si trasforma in strabordante energia. A tal punto che il pianoforte è un po’ scordato, e allora Campanella si sincera dell’accordatura prima di concedersi a due encores: la prima è Fantasia in re minore di Mozart, e la seconda è Toccata in do maggiore di Schumann. Quest’ultima è celebre (purtroppo) per aver compromesso per sempre la mano sinistra del compositore. Il pubblico applaude con grande generosità, e chiederebbe qualche altro bis, ma Campanella mimando un abbraccio verso il pubblico si congeda.

Chi l’ha spuntata alla fine, Liszt o Chopin? Credo che il maestro Campanella non abbia fatto prevalere un amore sull’altro, forse perché questi due amori non sono inconciliabili per lui (e anche per noi); chiamiamola pure coincidentia oppositorum tra due colossi che si conoscevano e si ammiravano tra loro. Come dice il maestro: “Può essere interessante osservare i due grandi artisti a fronte di Valzer e Ballate. Chopin compose archetipi incomparabili di entrambi i generi; Liszt dapprima se ne lasciò influenzare e poi trasformò il Valzer in qualcosa che nessuno avrebbe immaginato”. La serata ha raccontato in modo superbo come due artisti pur nutrendosi di molte affinità siano arrivati ad esiti diversi ma complementari.

Giuseppe F. Pagano
Redazione musicale

Tutte le foto del concerto le trovi qui