Un viaggio onirico. Questi due straordinari artisti hanno saputo evocare e animare i suoni più reconditi dell’anima. Scavalcando ogni genere si sono posti al di sopra, utilizzandone di ognuno qualcosa per esprimere un concetto trasversale: quello della musica come collegamento intrinseco tra la natura e l’io più profondo dell’uomo. Ed ecco quindi spiegati i suoni della vita quotidiani utilizzati in campo musicale: lo stropiccio della carta stagnola, una bottiglia di plastica e molti altri oggetti impensabili. Suoni e rumori primordiali sapientemente filtrati dai più sofisticati campionatori e sintetizzatori elettronici quasi a simboleggiare il collegamento strettissimo tra il passato più remoto della musica e il futuro marziano. Come ha aggiunto lo stesso Michele Rabbia a fine concerto, l’ambiente suggestivo dell’ex-chiesa di S. Andrea pare aver contribuito enormemente a ispirare i due artisti nell’esibizione live.
Risulta particolarmente difficile scrivere e recensire questo concerto perché hanno eseguito un qualcosa di veramente borderline che la critica potrebbe antiteticamente bocciare di netto o promuovere a pieni voti. Personalmente mi schiero a favore della seconda posizione. Quattro lunghi ed organici brani di mezzora ciascuno potevano essere pienamente apprezzati chiudendo gli occhi e concentrandosi su se stessi. Il risultato è stato tanto inatteso quanto spettacolare. Lunghi accordi modulati dai sintetizzatori ed accompagnati dalle loop-station hanno creato il sottofondo di base per “dire” quelle poche ma sufficienti note soliste della chitarra di Aarset. Da apprezzare anche l’estrema umiltà che è trasparsa a fine concerto dai due artisti che, nel congedarsi, hanno ringraziato il pubblico per l’estrema attenzione e silenziosità quasi a dire “siete stati bravi anche voi perché avete chiuso gli occhi ed avete sognato con noi”.
Federico Cerrai
Redazione musicale