Orsorosso racconta: La Vita Di Adele – Recensione

Camminando per le strade addormentate del centro, dopo la fine del film, rifletto che comincia ad essere quasi una necessità evitare ogni tipo di preconcetto esterno alla visione di una qualunque pellicola. Ma cosa scrivi a fare una recensione?, penserai tu che leggi. Non fa una piega. Ma diventa sempre più raro tornare a casa con la consapevolezza di aver assistito ad una storia che attraversa genuinamente ogni comune esperienza di vita che meriti di essere definita tale. Bisogna difendersi, quindi.

La Vita di Adele è un racconto che ci porta gradualmente dentro l’incertezza del coraggio di vivere le nostre emozioni più viscerali. Di quanto sia immensa la voglia di abbandonarsi, dimenticandosi di cosa sia la paura. Come ti guardano gli altri, come ti giudicano, diventa un pensiero che compare e sparisce come un piccione tra i palazzi. Si è semplicemente giovani, e persino quando si è giovani l’amore è quel palazzo da costruire piano per piano, finestra per finestra, maniglia per maniglia, che al tornare dei conti, citando Fossati, non ripaga del dolore. Ma che noia questi discorsi, ripenserai tu che leggi. Beh, si. Tu che lo pensi forse sarai lo stesso che ha associato la parola pornografia a questo film, dopo averlo visto. Ti vedo bene dopo pranzo davanti alla Tv, aspettando che cominci Jersey Shore.

Cosa sbirciamo dalla serratura? Quel momento tra le lenzuola, nel silenzio, quando chiedi alla tua compagna o al tuo compagno di esprimersi, di tirare fuori se stessi senza aver timore di se stessi, di mostrarsi al mondo. Di uscire fuori dal proprio diario che è quella stanza che ti tiene al sicuro. La verità è che vorremmo innamorarci, e non ammalarci, mi viene persino da citare Artificial Kid. È per questo che siamo anche noi per strada, camminando con Adele Exarchopoulos, mentre c’è il primo incrocio di sguardi con Léa Seydoux. Siamo con lei alla fine del film, mentre la vediamo di spalle allontanarsi. In entrambe le scene il suono di un hang ci accompagna incerto e morbido, timido. Come gli sguardi di Adele e le parole che in tutto il film non riesce a dire.

Le scene più trasgressive del film? Le due cene a casa dei rispettivi genitori. I discorsi, gli imbarazzi. Il giorno e la notte. Da una parte la vita come qualcosa che vale la pena di essere vissuta, bevuta, mangiata, dipinta, baciata. Dall’altra i pittori che guadagnano solo dopo morti. Questa è la vera trasgressione. La verità che ti si spalma in faccia con le parole. E tu ci stai in mezzo, a questa raffica ad altezza uomo. Siamo con Adele quando s’immerge nel caos dell’abbandono. Aspettando che tutti escano dalla stanza per poter piangere, dormendo sulla panchina. Vagando alla mostra con i quadri che la raffigurano, in un mondo che non è più il suo, o che forse non lo è mai stato. Rispolveriamo Emily Dickinson:

Rimane oziosa l’anima / Che ha ricevuto un colpo micidiale:

Lo spazio della vita le si stende davanti / Senza nulla da fare.

Il blu è un colore caldo è il titolo del fumetto da cui è tratto. Sono contento che non sia lo stesso titolo del film. Nel film anche il blu passa, subentrano altri colori. Subentrano nuove sensazioni, nuove curiosità e nuove paure. Come nella più assoluta e semplice complicatezza della vita.

 

Maurizio Orsorosso Amendola