Non mi è mai piaciuto accorpare in un solo articolo due giorni di festival. Ma ahimè, quando in una non succede niente, per forza di cose bisogna farne un sunto e aggiungerla alla giornata successiva.
Non che durante la seconda giornata di questo festival del cinema di Roma, che si sta svolgendo oramai all’insegna del diluvio universale, non sia successo proprio niente; è che parlare di scleri di massa, con tanto di guardie che a malapena riuscivano a tenere su la transenna, per colpa di fans (età media: 17/18 anni) accorse sin dalle prime ore del giorno per vedersi Jared Leto, proprio non mi interessa parlare. Se proprio dobbiamo parlare di Jared, allora facciamolo scrivendo una o due righe sul suo nuovo film, Dallas Buyers Club, presentato sabato. Capisco perché critici e pubblico di tutto il mondo hanno osannato in maniera unanime questa pellicola, che forse non sarà un capolavoro, ma un gran bel film sì. La sua bellezza è nella storia che non cade mai nel buonismo, ma soprattutto nelle interpretazioni davvero magistrali dei protagonisti: Matthew McConaghuey e Jared Leto. Se perfino a me è piaciuta l’interpretazione di McConaghuey vuol dire che questa volta è stato veramente bravo. Sono quasi del tutto sicura che una nomination all’Oscar entrambi ce l’hanno già in tasca.
Chi sicuramente si ritroverà ancora una volta nel Dolby Theatre in occasione degli Academy Awards, sarà sicuramente Joaquin Phoenix. Ieri è stato lui il grande protagonista (nonché mattatore, il che è una cosa più unica che rara; vederlo sorridere ancora mi inquieta) della terza giornata del festival. Affiancato dalla dolcissima Rooney Mara, e dalla sempre più diva Scarlett Johansson, Phoenix ha presentato il suo nuovo ed attesissimo film Her, diretto da Spike Jonze (già regista del bellissimo Essere John Malkovich), storia di Theodore, che in un futuro non molto lontano si innamora del sistema operativo OS1. In conferenza ieri si è parlato di questa incapacità sempre più presente nella società d’instaurare rapporti reali, tema chiave del film. Io ci ho visto anche l’incapacità sempre più diffusa di aprirsi e parlare con persone a noi care, anche a costo di perderle, e dall’altra invece, la facilità di comunicare con oggetti come computer, o una finestra della chat, solo perché si evita il peso dello sguardo diretto, sentendosi pertanto liberi di dire ciò che si pensa. L’interpretazione data da Joaquin è sorprendente a fronte dei suoi lavori precedenti, e ciò rende ancora più magica e straordinaria la sua capacità di calarsi nel ruolo di un uomo debole e fragile.
Due parole devo per forza scriverle su Song’è Napule dei Manetti Bros, con protagonisti Alessandro Roja e Giampaolo Morelli. Un povero diplomato al conservatorio si ritrova, grazie a una raccomandazione, a lavorare come poliziotto, rivelandosi una vera schiappa. Come se tutto ciò non bastasse, gli viene pure affidato il compito di lavorare come infiltrato per arrestare un killer della camorra, detto “O’ Fantasma” (un bravissimo Peppe Servillo, fratello del più noto Toni). Per far ciò viene ingaggiato come pianista del cantante neo melodico Lollo Love. Le risate e i colpi di scena, tanto cari ai Manetti Bros sono assicurati.
Detto questo, posso solo aggiungere, che rispetto a Venezia, i film presentati qui a Roma saranno pochi, ma per ora tutti buoni.
Elisa Torsiello per Radioeco