[INTERVISTA+LIVE REPORT] Mount Kimbie @ Nextech Festival

Al Nextech festival venerdì 6 settembre l’attesa era molto alta. Lo leggevi sulle facce al botteghino o di quelli che fumavano l’ultima sigaretta prima di entrare all’Odeon. E’ stato proprio il teatro di Piazza Strozzi ad ospitare il live dei Mount Kimbie, duo londinese sulla cresta dell’onda dell’elettronica che da qualche anno sta monopolizzando le discussioni sulle scena dubstep, glith-pop, ambient e techno.

Molte macchine, molti strumenti (veri!) e un solo laptop appoggiato in solitaria ai piedi di un tavolo a rimandare i beats su cui Kai Campos e Dominic Maker suonavano alternandosi chitarra e basso e tastiera. Il tutto alla presenza di Tony Kus alla batteria a rendere la ritmica dei brani piena e completa. Analogico e digitale insieme, chitarre, bassi elettrici, synth e drum machine, suonati dai tre polistrumentisti, sono l’ennesima dimostrazione che strumenti provenienti da storie diverse possono armonicamente fondersi creando un’alchimia e un suono eccellente.

La colonna portante del live è stata composta dai pezzi dell’ultimo disco, attesissimi dal pubblico:  Home recording, Blood and Form, Break well e la mozzafiato Made to Stray, il primo singolo estratto da Cold Spring Fault Less Youth. Ottima anche la resa dal vivo dei pezzi del primo disco,  Crooks & Lovers, uscito nel 2010: il live si apre infatti con Carbonated e Before I move off, passando per Field.

La band esce dal palco dopo 50 minuti di performance per poi rientrare ed invitare il pubblico ad alzarsi dalle poltrone poco comode: gli ultimi due pezzi capovolgono l’intera platea ammassata sotto il palco a ballare.

Abbiamo assistito all’eccellente esibizione dei Mount Kimbie nella forse inusuale cornice del Teatro Odeon di Firenze in occasione del Nextech Festival. Il duo britannico, fresco acquisto in casa Warp, ha recentemente pubblicato il suo ultimo lavoro, Cold Sping Fault Less Youth, pilastro sonoro dell’estate di buona parte della redazione di Radioeco. Non potevamo mancare e non scambiare due chiacchiere con un disponibilissimo Kai Campos.

[R – Can we have a chat?

MK –Yeah, sure.

R – Oh, a recorded chat!

MK –Yeah, why not?!]

R – Com’è stato suonare davanti ad un pubblico così immobile stasera?

MK – Molto strano. Quando abbiamo iniziato un pubblico calmo sarebbe stato perfetto perché facevamo cose che erano molto lente e ambient. Poi abbiamo cambiato, abbiamo provato a fare in modo che il live potesse essere adatto ai festival. E adesso quando capita di suonare in posti come questo (il Teatro Odeon di Firenze, ndr) è molto difficile perché abbiamo passato tutto questo tempo cercando di infondere molta energia in una musica che è abbastanza ambient. È stato molto bello in realtà, ed è rilassante, di tanto in tanto, la sensazione di avere delle persone che davvero ascoltano.

R – Perché il feedback del pubblico…per esempio se vedi gente che balla, puoi pensare “ok, sta funzionando”, oppure lo stesso se vedi persone che davvero stanno ascoltando…

MK – La gente balla qualsiasi cosa e te puoi urlare qualunque stupidaggine e ti rispondono con “yeeeaaaa!”…spesso dici idiozie solo per sentire il “woooo!” della gente, che non ha nulla a che fare con dove siamo. È solo uno strano urlarsi a vicenda, ed è bello anche non farlo.

R – State facendo un tour massiccio, non avete un day off.

MK – Per il momento stiamo facendo i festival, siamo partiti presto, abbiamo fatto di peggio, questo è abbastanza rilassato.

R – E come sta andando con il nuovo album?

MK – Penso che stia andando bene. Penso che, rispetto al primo, sia un album più difficile da entrarci dentro. E quindi un sacco di persone, nell’ultimo paio di settimane, mi dicono di averlo capito solo ora, invece che subito dall’inizio. E per me è davvero una cosa ottima, sono davvero contento che abbiamo fatto un disco che ha bisogno di un po’ di tempo…

R – Sì, intendi che non colpisce al primo ascolto…

MK – Sì, ho ricevuto un sacco di posta, lettere proprio, di odio, in cui dicevano “fa schifo, perché l’avete fatto?”, e poi pochi mesi più tardi è bello…fare qualcosa che sfida le persone, le mette in difficoltà quando ci ritornano sopra…e non è neanche chissà quanto tempo dopo, ma nell’industria di oggi è comunque diverso tempo. Alcuni tra i miei dischi preferiti credo di non averli capiti all’inizio, ma c’era qualcosa tutte le volte che me li faceva riascoltare e a un certo punto – a volte – senti un click, e questi sono quei dischi, di quando avevo sedici anni, che ascolto anche adesso – quelli che cambiano il modo in cui pensi alla musica. Quello è l’obbiettivo, è bello se ci riesci anche in piccola parte.

R – C’è una grande differenza tra Crooks and Lovers e Cold Spring Fault Less Youth.

MK – Ci sono tre anni di differenza, e non ero neanche molto contento del primo album quando l’abbiamo finito, perché sentivo che avevamo fatto il disco…abbiamo fatto prima questi due ep e poi subito l’album che sembrava avere senso dopo quello e volevo fare qualcosa di diverso. Quando guardo indietro ora lo faccio con affetto e sono felice di quello che abbiamo fatto, ma questo disco è molto più personale ed è anche molto più una sfida, è qualcosa che guarda molto meno fuori ad altra musica e tiene molto più conto dell’ introspezione. Penso ancora che sia importante guardarsi intorno, quando fai musica per altre persone.

R – Cosa stai ascoltando al momento?

MK – Non lo so, odio questa domanda

R – Sì, ma vogliamo sapere, per ascoltare della roba buona.

[Kai viene distratto da un altro membro del gruppo che replica una scena del videogioco “Assassin’s Creed”]

MK – Passiamo ad un’altra domanda.

R – Quindi non ascolti nulla?

MK – No, non ascoltiamo nulla.

R – In realtà al momento l’unica domanda che mi viene da farvi è perché avete suonato così poco, ci sarebbe piaciuto sentirvi suonare ancora e ancora.

MK – Ci piace mantenerci brevi, preferiamo non strafare, un’ora è abbastanza. Per qualunque gruppo del mondo: ogni esibizione che dura più di un’ora è semplicemente troppo per chiunque, anche se vado a vedere il mio gruppo preferito voglio sentirli suonare per un’ora…

R – …”lasciali con la voglia”

MK – Sì, ogni cosa al di là dell’ora è abbastanza auto celebrativa – e non mi piace pralar male di altra gente, ma quando arrivi a fare set di due ore è una stronzata anche se, detto questo, ci sono eccezioni per cui funziona. Ma per il nostro tipo di musica penso che funzioni altrimenti. Lasciare alla gente delle idee. Perché, se strafai, penso non ci sia niente di peggio di “mi sta piacendo ma spero che sia l’ultima canzone” e non vorrei mai che accadesse, è una cosa talmente infelice. Oltretutto c’era così poca interazione con il pubblico, nessun movimento. Ed era così silenzioso tra una canzone e l’altra. Penso che fossimo un po’ nervosi, così ci siamo buttati a capofitto…anche perché l’interruzione tra una canzone e l’altra sembrava durare così tanto perché c’era così tanto silenzio.

R – Sì, sembrava durare molto, ma solo perché c’era silenzio, in realtà erano silenzi molto brevi.

MK – sì, c’era qualcuno che ogni tanto urlava tipo “c’mon, man!”, e la nostra reazione era “…what?!”

R – E a proposito della collaborazione con King Krule? Perché avete scelto lui?

MK – Perché è un grande! Non c’era nessun altro, davvero non volevamo nessun altro sul disco. Specialmente sul secondo album, non volevamo ospiti alle voci nell’album. Penso che sia brutto quando la musica elettronica degrada se stessa fungendo solo da traccia musicale per la voce di qualcun altro, che dovrebbe rendere la traccia più reale solo perché ci canta sopra. Sento che abbiamo ancora molto da dire per conto nostro. Semplicemente lui era disponibile. Quando lo abbiamo sentito era così bravo da togliere il fiato e molto meglio di chiunque altro, e in più vive a due passi da noi. Non solo, oltre ad apprezzare la sua voce, ho sentito che c’era una connessione e che quello che facciamo poteva stare bene insieme anche se è piuttosto diverso – mentre lo ascoltavo pensavo “questo ci starebbe benissimo” e ho pensato che ci fosse qualcosa nel suo stile e nella sua composizione che avrebbe davvero funzionato. Fa molto con molto poco, ed è quello che proviamo a fare anche noi.

R – Sì, è così fresco e diretto.

MK – Sì è stata davvero una gioia, un vero piacere. Lo amo. Ho una cotta enorme per lui, mi piace moltissimo.

R – Anche te sei giovane…

MK – Non sono così giovane…Quanti anni ho? Ventiseeeette?! Sì, 27.

(R – abbiamo la stessa età)

MK – Lo odio, 27 è stato il peggio, il più difficile… tutto fino a 26 sembra come “olè, i vent’anni!”, 27 invece suona….mi ricordo che tipo a 24, 25 anni uno dei nostri manager ne aveva 27 e per me era vecchio. 27, è il sette, è il suono del sette. O la fine, qualcosa del genere. Sarò quasi più felice a 28, perché lo accetti.

R – Cosa vi riserva il futuro? Lo sapete già?

MK – Siamo in tour fino a Febbraio, praticamente tutti i giorni.

R – Tornate in Italia?

MK – Sì, a Dicembre.

R – Figo.

MK – E stiamo cercando di coniugare il produrre musica col fatto che siamo in giro. Abbiamo già fatto qualcosa, ci piacerebbe molto far uscire un altro disco quest’anno, anche un EP o qualcosa del genere, ma non siamo ancora sicuri.

R – Un altro disco?

MK – Sì, perché abbiamo aspettato tre anni l’ultima volta, ed è troppo, e mi piacerebbe far uscire subito qualcos’altro senza pensarci troppo…

R – Che bello, avremo così tanto da ascoltare!

MK –… sì, magari solo quattro tracce, ma non so quando troveremo il tempo. Proveremo a costruirci il nostro piccolo studio dentro il tour bus in America e vedremo cosa succede.

R – Avete un batterista ora, com’è suonare dal vivo con un batterista?

MK – E’ figo, mi piace. Eravamo molto esitanti, perché a volte vedi gruppi di musica elettronica che prendono un batterista, e ogni cosa viene sostituita e si atteggiano del tipo “siamo una live band ora”, ma lui è molto più.. suona qualunque cosa, un po’ come noi…

R –…polistrumentista

MK – Sì, ma nessuno di noi suona veramente bene niente, si tratta solo di suonare…

R – …quello che vi serve per avere il suono che volete.

MK – Sì. Mi piace lavorare senza musicisti quando è il caso. Ci sono volte in cui è più appropriato usare una drum machine e in quel caso continueremo a farlo.

R – Grazie mille.

MK – Nessun problema.

R – Grazie!

Live Report: Francesco Cito
Intervista: Chiara Vitrano e Caterina Pinzauti

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *