La partenza per la terza serata del Pistoia Blues non promette benissimo, sono a corto di colleghi con cui destreggiarmi nelle attività social, le fotografie e le interviste. E poi fa un caldo berbero. Ma la curiosità di scoprire gli headlinears è tanta, anche perché si preannuncia come il “concerto imprescindibile” dell’anno sul fronte progressive rock. Mostri così nella stessa data è difficile trovarli pure a Londra.
Certo non posso dirmi ferratissimo sul genere. I Van Der Graaf Generator in Italia hanno avuto un hype superiore persino a quello nella loro madrepatria, il Regno Unito, che pure è stata la culla del progressive; ma per ascolti personali mi sono limitato sempre a quei tre-quattro pezzi che rientrano in ogni antologia del genere. Di Wilson invece conoscevo solo i lavori con i Porcupine Tree, sempre notevoli, ma non avevo ancora avuto modo di ascoltare le fatiche “soliste”, che di solista hanno solo il “concept”, in quanto sul palco di Pistoia era accompagnato da un vero dream team.
La serata si mette bene, complice il clima rilassato rispetto alla prima serata. Dopo alcune tweettate random, pochi minuti prima delle otto iniziano gli opening acts. I primi sono i Meez Pheet. Hanno vinto le selezioni di un contest bandito da TVL, e sul palco propongono pezzi propri. Fanno un set brevissimo, ma sufficiente a individuare bene le doti vocali della cantante (Fiorella Ekwueme), il buon interplay e l’esperienza tecnica. Propongono un buon new soul, orecchiabile, dotato anche di un bel groove. Dopo il concerto vado ad intervistarli per conoscerli meglio.
Sul palco si avvicendano i J27, formazione ormai molto nota nell’ambiente hard rock italiano. A Pistoia colgono l’occasione per presentare Generazione mutante, disco uscito un anno fa. Questo secondo lavoro in studio ha raccolto buone recensioni e soprattutto ha una buona resa live. Per Radioeco i J27 sono una “vecchia” conoscenza, li abbiamo sentiti infatti più volte sul palco del Bordeline Club di Pisa, e il live pistoiese testimonia comunque un indirizzo di maturità intrapreso dalla band, che evita alcuni eccessi glam degli inizi, e adesso riesce a “disidratarsi” e indurirsi nei punti dove serve. Il pezzo con cui aprono, Bombe, ha la carica che serve a scaldare il pubblico del Pistoia blues. Anche per loro è previsto un set ridotto, ma riescono a piazzare comunque nella setlist i due singoli del disco, e una cover dei Tears For Fears, ovvero Shout, che non è niente male.
Intanto cominciano a farsi quasi tutti i vivi i duemila spettatori che assisteranno ai due set successivi. Dopo un rapido soundcheck è il momento dei Van Der Graaf. Ormai i tre di Manchester hanno raggiunto le 65 primavere e sono passati più di 40 anni dai tempi del capolavoro Pawn Hearts, ma non c’è nulla di “geriatrico” nello spettacolo che hanno proposto, infatti hanno letteralmente sorpreso per l’energia giovanile e l’ardore che hanno buttato in ogni singola nota.
Per fortuna nella scaletta non c’è nulla del loro ultimo album Alt!, non proprio all’altezza dei lavori precedenti; c’è invece il “repertorio classico” che i nostri propongono senza mai staccare le mani dagli organi e dalla batteria. Riconosco sicuramente Flight, Lifetime e A Plague of Lighthouse Keepers.
L’età media del pubblico è decisamente diversa rispetto a quella per Ben Harper, tuttavia un pubblico costituito da fan rappresenta il carburante giusto per sostenere Hammill, Evans e Banton. Quando Hammil è salito sul palco, dal pubblico è volato un “Sei un grande, cazzo!”. Hammil, che “parlicchia” l’italiano, ha percepito il complimento e ha risposto con un “Grazie!”. Il finale è stata una standing ovation di diversi minuti; anche io – in prima fila – ero lì a spellarmi le mani. La data di Pistoia era la tappa conclusiva del tour e non si può dire che non abbiano chiuso in bellezza.
Dopo una mezz’ora buona di attesa, mentre sul tendone bianco del fondo-palco campeggia una luna piena che si trasforma in volti inquietanti, arriva Steven Wilson accolto come un idolo, e lui stesso si comporta da tale. Il leader dei Porcupine Tree sbarca a Pistoia per la seconda data italiana del suo tour The Raven that Refused to Sing, che ha raccolto recensioni entusiastiche un po’ dappertutto. E non delude le aspettative. L’ingresso con i giri di basso di Luminol mi ha rapito, per quanto fossi sotto palco a scattar foto. Mi sono letteralmente fermato riponendo la fotocamera, prendendomi gli insulti degli altri fotografi che erano dietro di me. E poi arrivano le atmosfere sospese di Drive Home, che ricordano vagamente i Radiohead. Le chitarre tornano dominanti e ipnotiche con The Holy Drinker.
Nella setlist Wilson e soci si alternano tra momenti hard rock spinto, divagazioni strumentali alla King Crimson, ed episodi più melodici. Tra più alti sicuramente c’è la dolcezza di Deform to Form a Star e Postcards, a stento si trattengono i lucciconi.
Inutile negarlo, i pezzi di Wilson funzionano a meraviglia come colonna sonora. La scelta di proiettare dei video alle spalle ne moltiplica per dieci le tensioni cinematiche. Wilson possiede una teatralità che spesso manca agli interpreti moderni del progressive: il modo con cui calca il palco, la gestualità sacra, persino le pose da direttore di orchestra che assume. Può risultare antipatico, oppure catturare del tutto, come compete ai geni. Perché Wilson è un genio. Solo un genio può cambiare tre chitarre in un solo pezzo, senza risultare eccessivo, o peggio ridicolo.
L’unica concessione alla storia dei Porcupine Tree è nell’encore, con Radioactive Toy. L’ascolto con rinnovato rapimento, grazie anche ai virtuosismi di Guthrie Goran, il miglior chitarrista che Wilson potesse chiamare in squadra. Con questo pezzo si chiude il concerto, e un’altra standing ovation si leva dal pubblico che si libera delle sedie e si assiepa lungo la transenna.
Dopo questa “tempesta perfetta” dentro il progressive del passato e del futuro c’è poca voglia di corrompersi le orecchie con altri suoni. Così il live dei Rezophonic, che si tiene presso una piazzetta vicina a Piazza Duomo, non desta più di tanto interesse. Avevo da riportare a Pisa un sogno molto nitido che mi è stato rivelato in questa serata pistoiese.
Giuseppe F. Pagano
Redazione musicale
A questo link troverete le foto della serata.
Qui sotto invece potete ascoltare l’intervista ai Meez Pheet:
Intervista con i Meez Pheet [Radioeco – On The Road] by Radioeco.It on Mixcloud