L’eterna giovinezza di Mendelssohn al Verdi di Pisa

La data pisana che ha visto Francesca Dego al violino e l’Orchestra della Toscana diretta dal milanese Daniele Rustioni sicuramente sarà collocata tra gli appuntamenti più felici dei Concerti della Normale. I due interpreti giunti al Teatro Verdi lo scorso 17 aprile hanno dato ampia prova delle loro capacità e conferma alla fama che li precede.

La Dego, vestita con un lungo abito rosso, ha regalato un’esecuzione eccellente del Concerto per violino e orchestra op.64 di Felix Mendelssohn-Bartholdy. La pagina violinistica di per sé è un evergreen dei repertori internazionali. Il tema del primo movimento – allegro molto appassionato – esposto dal violino senza alcuna introduzione orchestrale, regala sin da subito una struttura esemplare, una freschezza che poche altre opere possono vantare, ma c’è anche l’attenzione che Mendelssohn manifestò per l’opera di Bach, caduto nel dimenticatoio nella prima metà dell’Ottocento.

La Dego riesce a restituire molto bene il senso di questa giovinezza impressa nell’opera. Ma il primo tempo è anche il momento in cui si dipana una sublime cantabilità, a cui partecipa, insieme alla solista, l’intera orchestra: dialogano come amanti. Dialogano bene anche orchestra e direzione, segno evidente che lo stile energico impresso dal giovane Rustioni è compreso e amplificato dalla risposta dell’orchestra. Il colore sonoro del violino suonato dalla Dego è dei più belli che si siano sentiti al Verdi, e la sua perizia tecnica e interpretativa fa passare in terzo piano alcune piccole imprecisioni.

Oltre alla nota pagina di Mendelssohn in repertorio abbiamo ascoltato una bella esecuzione della Sinfonia scozzese, nata dalla mano dello stesso autore tedesco. Opera “pensata” in un viaggio in Scozia nel 1829 e poi messa su carta più di dodici anni dopo, in un periodo d’intensa creatività. L’opera restituisce non tanto la dimensione “popolare” della Scozia, quanto le suggestioni che quel viaggio creò nella mente del compositore. Il Vivace non troppo sembra una filiazione diretta di Sogno di una notte di mezza estate, nell’agitazione insistente come nella scrittura in filigrana, trasparente; nell’intreccio delle voci strumentali. Qui Rustioni e l’ORT tendono a valorizzare i momenti più cantabili dell’opera.

Non solo Mendelssohn in programma, ma anche la Suite di danze di Béla Bartók posta a inizio concerto. Stavolta l’intento della celebrazione “popolare” c’è tutto, perché l’opera canta tutta la gioia delle estati ungheresi. L’opera non cita direttamente opere del folklore magiaro ma è totalmente frutto dell’inventiva di Bartók. Ossessivi incisi orchestrali e ritmica “brutale”, uniti alle innovazioni armoniche della musica orientale, sono assolutamente alla portata dell’esecuzione dell’ORT, e in particolar modo si mette in luce il reparto fiati.

Lunghi applausi sono giunti alla fine dell’esibizione a suggello di una serata che ha raccolto il favore del pubblico pisano. Ci auguriamo che il sodalizio tra Rustioni e l’Orchestra della Toscana sia il più duraturo possibile.

Giuseppe F. Pagano

Redazione Musicale

(foto dell’autore)

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