Oggi voglio segnalarvi un paio di rassegne cinematografiche molto utili e interessanti per chi, come me, è ignorante in materia di storia del cinema. Ma come?! Hanno dato una rubrica di cinema in mano ad un bischero che non sa chi è Griffith o Murnau?! Eh, succede, dopo Calderoli ministro non dovreste stupirvi più di nulla e poi, appunto, ci sono le rassegne per rimediare.
La prima, non per importanza, bensì per orgoglio, è organizzata dalla mia facoltà, o meglio, da una professoressa di Scienze Politiche: Elena Dundovich. Con la scusa di un seminario sul cinema di regime Russo, la professoressa ha organizzato ben cinque proiezioni molto significative: “L’uomo con la macchina da presa” di Dziga Vertov, “Ottobre” & ”La Corazzata Potemkin” di S. Ejzenstejn, “L’infanzia di Ivan” di Tarkosvkij e “Sole ingannatore” di Michal’kov. Tutto il seminario è improntato sul legame molto forte tra regime bolscevico e cinema. Purtroppo al momento in cui mi leggete due delle cinque proiezioni sono già avvenute.
Le prossime date sono:
–Lunedì 25, ore 9.30/13:00, Aula Magna di Scienze politiche, con la Corazzata e L’infanzia di Ivan,
–Martedì 26 ore 10:00/13:00, stesso luogo, con Sole ingannatore.
Qui trovare qualche informazione in più.
Vi assicuro che i film meritano e le spiegazioni della professoressa (lampante il fatto che sia un’appassionata di cinema) sul contesto storico-culturale sono illuminanti.
Il primo film “L’uomo con la macchina da presa” l’ho trovato semplicemente strabiliante. Non tanto per il messaggio, propagandistico e celebrativo del regime, ma per i virtuosismi tecnici, a cui il regista, Dziga Vertov, dà sfogo per quasi tutta la durata della pellicola. C’è di tutto: Doppie esposizioni, salti di scena, carrellate, riprese oblique, primissimi piani, split screen, fast motion, slow motion, freeze frames e molto altro. Ne sono rimasto colpito, stiamo pur sempre parlando di un film del 1929, che mette in scena tutti i tecnicismi possibili dell’epoca. La scena al minuto 31:30 mi manda in brodo di giuggiole. Il montaggio se non vado errato è curato dalla moglie di Vertov, Yelizaveta Svilova.
Un plauso va anche alle colonne sonore, aggiunte nel 1995, basate su alcuni scritti lasciati dal regista; all’epoca la pellicola era completamente muta.Se a prima vista può sembrare una svisionata senza senso, dovete tenere presente i propositi del regista, esplicati a chiaramente nei titoli d’inizio: l’obiettivo era creare un documentario sperimentale, alla stregua di un nuovo linguaggio visivo, comprensibile a chiunque, che andava al di là del lingua. Altro fattore interessante è la componente di metacinema che spiega il perché del titolo: Vertov inquadra più volte il fantomatico “uomo con la macchina da presa”; idealmente è lui che gira il film ma mettendolo in scena lo spettatore non identifica più il suo punto di vista con quello della macchina. Questo stratagemma servì per rafforzare l’idea che il documentario mostrasse la realtà vera e propria.
Boia se era avanti.
Consiglio caldamente la visione.
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L’altra rassegna è molto più completa e analizza un millennio di storia del cinema, grazie ad un documentario di oltre 900 minuti, diviso in 15 episodi, di Mark Cousins, intitolato eloquentemente “The Story of Films”. Sarà proiettato all’Arsenale in nove appuntamenti tre dei quali aperti e commentati da Maurizio Ambrosini, docente di storia e critica del cinema. Il progetto è in collaborazione con il corso di laurea Di.S.Co. i cui studenti hanno l’entrata libera; per tutti gli altri il costo del biglietto è quello di una proiezione qualsiasi. L’appuntamento è ogni giovedì sera fino al 30 Maggio.
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Non posso dirvi molto altro perché non sono andato al primo spettacolo della settimana scorsa.
Continuate a leggermi e forse il prossimo giovedì saprò dirvi qualcosa di più.
Francesco Casini per Cinerubric