Dalla nascita alla decadenza. Il valzer secondo Francois-Joel Thiollier

ThiollierIl passaggio di Francois-Joel Thiollier nel cartellone de “I Concerti della Normale” è stato il compimento di un bellissimo affresco dedicato in questa stagione al genere del valzer.

Un grande interprete come il pianista franco-americano, un pianoforte, e un repertorio davvero vasto e variegato: sono stati questi gli ingredienti di una serata perfetta al Teatro Verdi di Pisa. Le musiche sono quelle di Schubert, Czerny, Listz, Tausig, Satie, Debussy e Ravel. Una danza che acquista intensità inedite con l’esecuzione del piano solo, rivisitando tutti quei compositori che hanno scritto e codificato questo genere, dalla nascita sino al suo declino.

La serata si apre con i Landler e le Deutsche Tanze schubertiane, le quali con il loro ritmo ternario, rappresentano l’anello di congiuzione tra le danze popolari e il sofisticato valzer viennese. Rinverdiscono i fasti asburgici le pagine di Carl Czerny, allievo di Beethoven e a sua volta maestro di Liszt. Thiollier ha scelto le “Variations sur une très belle valse viennoise, op. 12”, componimento incentrato su un valzer di gusto schubertiano, con una serie di variazioni di difficoltà crescente.

DSCN1491Sul solco di Chopin s’inserisce la proposta del Valse op.1 e del Quasi-Valse op.47 di Skrjabin. Il valzer perde i suoi connotati di genere ballabile per diventare oggetto di emotività e momento di contemplazione. Su questo filone anche il Valse op.10 di Rachmaninov, opera che offre a Thiollier la possibilità di aprirsi alla luminosità dell’estro cosmopolita del compositore russo.

Con il terzetto Satie-Debussy-Ravel il pianista si avvia verso il superamento del genere del valzer. In particolare desta l’attenzione del pubblico la messa in scena adottata per presentare Les Trois Valses distinguées du précieux dégoûté di Satie, opera dadaista composta nell’estate del 1914, momento storico che sancisce l’inizio del tracollo asburgico. L’opera è un’esilerante caricatura del valzer e del dandy, che nello specifico è Maurice Ravel. Thiollier si presenta in sala indossando una tuba, una sciarpa bianca e tenendo in mano un’ombrello multicolore. Noi dai palchetti laterali osservavamo davvero divertiti con questa rilettura di Thiollier, il quale possiede tempi comici perfetti.

DSCN1497 Poi arriva il momento dell’irriverente sperimentazione armonica di Debussy, con “La plus que lente, Valse” e “L’isle joyeuse“, con passaggi particolarmente difficili da eseguire, che Debussy compose come un omaggio ai maestri del passato. Si chiude infine questa magnifica cavalcata con due opere dei Ravel, di cui è degna di grande attenzione La Valse, poema coreografico del 1919, opera intrisa di un erotismo decadente, costruita per sovrapposizione di suoni che va a smantellare l’apollinea architettura del valzer straussiano per sostituirla con l’amara consapevolezza di un’epoca ormai tramontata in cui non solo l’Austria, ma l’Europa tutta aveva perso ogni primato. Una pagina di grande modernità per celebrare la fine dell’età moderna.

(guarda tutte le foto della serata qui)

Thiollier ha regalato delle esecuzioni da manuale, spaziando dalla grazia schubertiana sino alle inquietudini di Ravel, nitido e impeccabile nel dare voce a spiriti ed epoche diverse, per quanto attigue. Thiollier dà valore e consistenza ad ogni nota, con uno stile che cede poco alle parodie dinamiche tanto in voga oggi. Sotto le sue mani il pianoforte è un cannone che produce il vigore necessario a sostenere le parti più intense, mentre diventa un ombrello per atterraggi morbidi sui languori d’inizio Novecento. Strameritato il lungo applauso della platea del Verdi.

Giuseppe F. Pagano

Redazione Musicale

(foto dell’autore)

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