È tutto pisano il progetto FACE, presentato al pubblico venerdì pomeriggio presso il polo F di Ingegneria.
FACE, acronimo per “Facial Automaton for Conveying Emotions”, è un robot umanoide estremamente sofisticato dalle sembianze femminili , sviluppato dal centro interdipartimentale “E.Piaggio” di Pisa.
In realtà, più che di un corpo intero, FACE è, come suggerisce il nome, soprattutto un volto: il suo scopo è cercare di riprodurre quanto più fedelmente possibile la mimica facciale umana, attraverso una serie di avanzati muscoli artificiali su tutto il viso. Sotto la sua pelle sintetica si trovano infatti 32 servomotori, che tendono e deformano la pelle in modo analogo a quelli naturali. Il loro funzionamento è comandato da un apposito software, che elabora una configurazione appropriata in base all’emozione che si vuol rappresentare. Ciò è possibile attraverso la definizione di 6 espressioni “di base”, che corrispondono alle sei “emozioni universali” individuate dallo psicologo americano Paul Ekman (rabbia, disgusto, paura, gioia, tristezza e sorpresa), per ciascuna delle quali viene definito un vettore in uno spazio cartesiano: da qui i vari stati intermedi sono ottenuti con opportune combinazioni degli stati fondamentali.
Inoltre, per aumentare la verosimiglianza di FACE, il programma si occupa di sbattere le palpebre e oscillare la testa, emulando anche i piccoli gesti spontanei dell’uomo.
Dopo questa introduzione sulla tecnologia di FACE, il direttore del centro, il prof. Danilo De Rossi, ha presentato ad un numeroso ed interessato pubblico i traguardi raggiunti dal progetto, assieme alle future sfide che lo attendono. In particolare, è stata illustrata la collaborazione in corso tra il centro Piaggio e la fondazione “Stella Maris”, volta ad utilizzare FACE come strumento terapeutico e di ricerca su giovani ed adulti affetti da autismo.

Uno dei maggiori problemi di questi malati è l’incapacità di cogliere quegli innumerevoli segnali non verbali che gli esseri umani usano per comunicare tra loro. È stato stimato che, in una conversazione, solo il 7% del messaggio venga trasportato attraverso la scelta delle parole, mentre sarebbero soprattutto il tono, il ritmo e la mimica (facciale e del corpo) a dare significato al messaggio. Inoltre, grazie a millenni di evoluzione, il nostro cervello ha sviluppato la capacità di intuire e anticipare il comportamento dei nostri simili: queste capacità sono invece molto meno sviluppate negli autistici o, per esempio, in soggetti affetti dalla Sindrome di Asperger.
Esempi classici del disturbo sono l’incapacità, o l’estrema difficoltà, nell’interpretare espressioni altrui come sorrisi, sguardi, o gestualità.
In che modo è allora utile un robot come FACE? L’idea è quella di sfruttare una caratteristica recentemente osservata sui soggetti autistici: essi non riconoscono la macchina come un robot, come un’entità aliena, e ci si relazionano in maniera assolutamente simile a quanto farebbero con un altro umano. Il rapporto con l’automa è chiaramente semplificato, ma consente proprio per questo di “educare” il paziente a riconoscere il linguaggio del corpo, concentrandosi su una gamma limitata (seppur ampia) e ripetibile di espressioni. Idealmente il soggetto potrebbe migliorare le proprie capacità di decodificare questo linguaggio, cercando poi a propria volta di utilizzarlo imitando il robot. Durante le sedute del soggetto autistico con FACE, sempre con la presenza di un terapista, telecamere e microfoni registrano quanto avviene, per consentire poi l’analisi dei progressi fatti. Inoltre le misurazioni dell’attività biologica avviene attraverso speciali sistemi non invasivi: una maglietta dotata di sensori, un cappellino che traccia i movimenti della testa e delle sonde sulla mano. Da tutti questi dati si può poi estrarre un quadro più completo del comportamento e della gestualità del malato.
La sperimentazione è appena cominciata, ha precisato il prof. De Rossi, ma prosegue con ottimismo, grazie ad una serie di primi esiti positivi. Nel frattempo, lo studio prosegue su altri fronti: i ricercatori vogliono sviluppare occhi artificiali per FACE, sul modello di quelli umani. Allo stesso tempo, si lavora sull’intelligenza artificiale, campo di ricerca al’avanguardia in cui tanto l’ingegneria quanto le neuroscienze e la matematica convergono. Infatti, se per che si occupa di robotica gli studi sulla mente sono la base a cui ispirarsi per realizzare IA sempre più sofisticate, per i neuroscienziati la programmazione può essere un banco di prova delle proprie teorie sul funzionamento del cervello.
Sono in molti a ritenere che i prossimi decenni vedranno un coinvolgimenti sempre più massiccio dell’automazione nella società, e il giorno in cui saremo aiutati da umanoidi meccanici nelle faccende quotidiane non è così lontano. Vale allora la pena di dire che in questo settore l’Italia è riuscita fino ad oggi ad essere un’eccellenza a livello globale, assieme a pochi altri paesi come USA o Giappone. Il settore potrebbe insomma rivelarsi molto proficuo per l’Italia, sia per le ampie prospettive di espansione, che per le conoscenze di alto livello di cui già disponiamo.
E in tempi di crisi economica come questi, sono proprio gli investimenti in ricerche e tecnologie ad alto potenziale che dovrebbero essere portati avanti.
Alberto Ciarrocchi per The Scientist