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[RECENSIONE]: S-Type – Billboard

«Oh, check this out!», comanda la voce meccanica. Senza esitazione, ci tuffiamo a capofitto nel breve debutto dello scozzese Bobby Perman, in arte S-Type, gravitante già da qualche tempo nell’orbita LuckyMe, sulla cui etichetta, dopo lunga attesa, esce questo Billboard. L’EP si compone di sei tracce che superano solo in un caso, e non di molto, i tre minuti, tanto per mantenere fresca l’aria e divertente il gioco, senza il rischio di annoiare. L’orecchio teso al di là dell’Atlantico, lo sguardo venato di malinconia davanti al videogioco dell’infanzia, la testa pensa la vita come un film di cui si scrive la colonna sonora. È tutto qui Billboard e ci scappa un sorriso.

La traccia eponima con i suoi tre minuti e mezzo di hip-hop strumentale può vantarsi di essere la più lunga oltre che una delle più belle, aprendo col botto. Il beat, evidentemente nato sotto una buona stella, è limpido, fresco e scattante, insomma una delizia. La musichetta è talmente accattivante e immediata che l’apprendimento viene automatico: la stai già canticchiando e non è scoccato ancora il minuto. L’attesa indotta nel breakdown dai synth e dal basso, pronto a farsi sentire quando serve, origina il momento più cinematografico dell’album: allacciate le scarpe, giù il cappuccio, siamo pronti a correre come Rocky.

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Flyp City, dopo l’inserto di chitarra che fa tanto telefilm anni ‘80, cala un altro micidiale beat hip-hop all’altezza del precedente. A rendere l’insieme frizzante provvedono il basso e i synth. Manca solo quel non so che imponderabile che sa rendere davvero grande una traccia, come avvenuto nell’iniziale incanto. Arriva Sensi Star e ci trastulla in due minuti, tanto brevi quanto preziosi, in cui un’ariosa melodia, degna di una commedia rosa anni ’50, crea un’atmosfera nuova, deliziata da note di piano tanto graziose da saper riconciliarti col mondo.

Poi Walrus sembra volerci portare all’opera, ma ci ripensa quando una voce spensierata canticchia attraverso il talk-box di una cosa sola («And if I get my way / You’re gonna be my babe»), senza troppi fronzoli («All night me and you doing things we shouldn’t do»). Sotto, il beat è più pesante e regolare del solito. I synth entrano sempre al momento giusto.

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«Oh, check this out!». Si cambia ancora scenario. Whole Lotta ci catapulta in uno strip-club, dove a contare è solo il didietro. «Ass in the club, whole lotta ass in the club». Se non ci facciamo troppo distrarre, possiamo scorgere il beat strizzare l’occhio al trap, come impone la moda dell’ultima ora. Fa niente, continuiamo a muoverci con solo un poco di rammarico.

A rallegrarci basta poco. You Da Best manda la pubblicità e, al rientro, il produttore di Edimburgo ci toglie gli ultimi sfizi, sfornando ciò che gli riesce meglio: un bel beat hip-hop tirato dritto dritto per la sua strada. Ci saluta contenti, dandoci la carica, così come aveva cominciato.

Luca Amicone

Redazione musicale

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