VEDERE CIO’ CHE NON VEDI: Accade Davvero!

Anche ciò che può sembrare assurdo e apparentemente paradossale, talvolta è realtà!

E’ il caso degli individui affetti dalla sindrome della “vista cieca” (o blindsight) che riescono a percepire l’ambiente circostante senza riuscire a provare alcuna sensazione in ciò… ma viene mantenuta la capacità di localizzare uno stimolo visivo situato nella parte del campo visivo colpita da scotoma (un’area di cecità, parziale o completa, all’interno dello spazio ottico) e quindi cieca.

Lawrence  Weiskrantz, uno psichiatra Inglese, dimostrò nel 1986 la possibilità di tale visione cieca.

Quando visitò il paziente G.Y. affetto da questo disturbo, Weiskrantz notò un fenomeno molto strano. Gli mostrò un punto luminoso nella regione cieca e gli chiese cosa vedeva. Com’era prevedibile, G.Y. rispose “Niente”. Allora Weiskrantz gli chiese di allungare la mano per toccarlo. “Ma se non lo vedo, come posso sapere dov’è?” replicò il paziente. Weiskrantz lo invitò a tirare a indovinare e, con grande stupore, vide G.Y. indicare con precisione il punto luminoso non percepito consciamente.
Dopo centinaia di prove risultò che “indovinava” con un quoziente del 99%, benchè ogni volta affermasse di indicare a caso e di non sapere se ci prendeva o no.
Come può una persona indicare e toccare una cosa che non vede?

La risposta, in realtà, è ovvia. G.Y. ha una lesione alla corteccia visiva, che lo ha reso cieco. Ma conserva la via che gli permette di localizzare l’oggetto nello spazio per poi trasmettere il messaggio al cervello che  guida con precisione il movimento della mano verso l’oggetto “invisibile”.

Infatti, il messaggio proveniente dalla retina (la porzione più interna dell’occhio che è sensibile alle radiazioni luminose) raggiunge il nervo ottico e si biforca in due vie, che sono i  due principali sistemi visivi del cervello: La via che presiede al riconoscimento degli oggetti, e la via che ci consente invece di localizzare gli oggetti spazialmente nel campo visivo e di allungare la mano per prenderli o girare i bulbi oculari per guardarli.

Tutto ciò è il motivo per cui, a seguito di alcuni tipi di lesioni cerebrali, i pazienti riferiscono l’incapacità di vedere gli oggetti, ma, se incitati ad  indovinare la loro posizione, mostrano una capacità di percezione con ragionevole accuratezza. Il fenomeno della “visione cieca” dunque suggerisce che la consapevolezza di fare qualcosa è distinguibile dal fare qualcosa, e che  le aree del cervello che presiedono all’intenzione di fare alcune cose sono distinte da quelle necessarie per fare realmente le cose.

Tale dissociazione ha una serie di implicazioni interessanti. In senso generale, si fornisce la prova dell’esistenza e il significato di un “inconscio” che contribuisce al comportamento umano. Il Blindsight fornisce anche una possibile spiegazione per alcune esperienze “magiche ” o “trascendentali”. Una dissociazione tra elaborazione inconscia e cosciente ha anche un ruolo in un contesto educativo, in quanto i due tipi di approccio visivo possono far acquisire, elaborare e fare uso di esperienze in modi diversi.

La “visione cieca” potrebbe essere qualcosa che si verifica solo in caso di danno cerebrale, ma sembra molto più probabile che sia un fenomeno significativo anche nella funzione cerebrale intatta! In effetti, sembra probabile che questa (e fenomeni simili in altri ambiti) sia un ingrediente importante per una serie di attività in cui ci si vuole muovere rapidamente e in modo appropriato, senza “pensarci” (come ad esempio guidare l’automobile). Il fenomeno però scompare quando il paziente deve mantenere gli occhi sul punto di fissazione e contemporaneamente indicare manualmente la posizione dello stimolo.

Tale fenomeno, inoltre, è marcatamente presente anche in individui che, divenuti ciechi (ad esempio per un ictus), mantengono tuttavia la capacità di discriminare correttamente il colore o la posizione di un oggetto nello spazio quando sono forzati a scegliere tra due possibilità.

È impossibile spiegare cosa si provi a chi non è affetto da tale disfunzione, basti dire che, mentre per gli individui normali ad ogni percezione nasce una sensazione, per tali individui è diverso, tale che molti affermano di essere “zombie visivi”.

Ma a questo punto un dubbio sorge spontaneo:
Può modificare tale consapevolezza l’idea che abbiamo di noi stessi? …E come??

…Il biologo canadese  Peter Watts recitava: “This is what fascinates me most in existence: the peculiar necessity of imagining what is, in fact, real.”

Guardate come realmente un uomo affetto da cecità riesca a camminare lungo un corridoio by-passando gli ostacoli posti sul suo percorso!!! Sembra quasi incredibile… 🙂

 

Giulia Marino per The Scientist

 

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