Felix Baumgartner: un’impresa stratosferica

È di poco più di 24 ore fa la notizia che Felix Baumgartner, paracadutista e base jumper austriaco di fama mondiale, è entrato nel guinness dei primati per un record veramente straordinario: si è lanciato nel vuoto da 38.000 metri di altezza, atterrando pochi minuti dopo nel deserto del New Mexico.

In realtà i freddi numeri non rendono l’idea dell’eccezionalità dell’impresa. A 38 km di altitudine si è nella stratosfera, una fascia di atmosfera  così rarefatta da comportare la morte pressoché immediata per mancanza d’aria, come nello spazio. Il cielo appare nero, punteggiato di stelle e si può vedere la terra come un’immensa sfera azzurra sotto di sé. La bassissima pressione causerebbe danni catastrofici all’organismo non protetto: a quell’altezza l’acqua bolle a temperatura ambiente e i polmoni si espanderebbero fino ad esplodere.
Per avere un’idea, i normali aerei di linea volano ad appena 9-10 km e anche i più sofisticati aerei spia non superano i 25.

Un salto quasi impossibile insomma: durante la caduta si è soggetti ad una fortissima accelerazione dovuta alla forza di gravità e la quasi totale mancanza di attrito (almeno nella prima fase della discesa) non oppone alcuna resistenza all’aumento di velocità. Proprio questo ha consentito a Felix di raggiungere, poco dopo il lancio, una velocità supersonica (cioè paragonabile a quella dei jet da combattimento, circa 1200 km/h).
Superato questo picco, gli strati più bassi e densi dell’atmosfera hanno consentito di decelerare gradualmente, fino all’apertura del paracadute, intorno ai 1500 metri di quota. È seguito un atterraggio piuttosto dolce ed elegante dell’insolito cosmonauta, apparso provato ma esultante.
In totale i record stabiliti sono stati 3: velocità supersonica in caduta libera, massima altitudine mai raggiunta con un pallone aerostatico, massima altitudine di lancio libero.

Inutile dire che, oltre alle difficoltà tecniche, il talento del “lanciatore” è stato determinante nella riuscita dell’impresa. In caduta libera a quelle velocità i rischi sono molti, anche escludendo malfunzionamenti tecnici. Per esempio, un movimento errato può causare l’inizio di un avvitamento: in pratica si comincia a ruotare su se stessi come in una centrifuga ed il sangue non riesce più a raggiungere il cervello, o viceversa affluisce in massa causando emorragie. Tutti sono stati con il fiato sospeso nel momento del tuffo ma fortunatamente, dopo poche rotazioni, lo “skydiver”  ha trovato l’equilibrio necessario.
Di certo Baumgartner non è nuovo ad imprese estreme: detiene il record mondiale di base jump e si è lanciato dai più impensabili picchi del pianeta: dal Cristo di Rio al ponte Millau in Francia.

Ma dati questi rischi, per quale motivo tentare ed investire uomini e mezzi?
Lo scopo della missione, finanziata dalla RedBull e da altre compagnie private, non è stato solo il raggiungimento del guinness (e della popolarità). Un vasto assortimento di sensori e telecamere, a terra e nella tuta, ha infatti raccolto tutti i dati della discesa a scopo di studio. Si spera di poter utilizzare questo risultato per sviluppare nuovi sistemi di sicurezza in ambito aerospaziale: molti piloti e astronauti hanno pagato con la vita gli effetti tremendi di un volo ad alta quota o di un lancio di emergenza in condizioni difficili. Si capisce poi il valore tecnico-scientifico di questi dati se si pensa che entro dieci anni dovrebbe ripartire un programma di esplorazione spaziale umana della NASA, oltre che decollare il business dei voli spaziali privati. Fino ad oggi non si era certi delle tecniche e delle conoscenze necessarie per garantire il successo di un’azione del genere, come i disastri degli shuttle Challenger e Columbia hanno dimostrato pochi anni fa.
La preparazione tecnica della missione anzitutto: si è dovuta ideare una tuta pressurizzata simile a quella degli astronauti, ma più agile e sicura. Inoltre è stata dotata di avanzati sensori biometrici sviluppati per l’occasione, in grado di monitorare i processi biologici dell’organismo durante la discesa.
Ma i vantaggi non saranno solo per gli astronauti del futuro: l’esperienza ottenuta dal team Stratos dovrebbe consentire nuovi e più sicuri paracadute, oltre che potenziali sistemi di fuga per veicoli suborbitali di ogni tipo. Infine, i dati ottenuti permetteranno di comprendere meglio l’effetto di queste accelerazioni estreme sull’organismo, che vengono sperimentate (anche se in misura minore) ogni giorno da piloti militari e civili.

In definitiva, è stato un grande successo. Oltre al valore scientifico, un’impresa così coraggiosa e piena di fascino ha la capacità di far presa sull’immaginario collettivo (il volo è stato trasmesso in diretta in 50 paesi e su internet al sito www.redbullstratos.com), cosa quanto mai necessaria oggi: passati i gloriosi tempi dell’esplorazione umana dello spazio, per i più è andata scemando l’attrazione e l’importanza per la conquista dei cieli, e con esse l’aspirazione dei più giovani a farne parte. Chissà che il salto di Felix Baumgart non ispiri qualcuno, oltre a salvare la vita (si spera) di altri. In fondo, cosa c’è di più romantico ed epico di ergersi nei cieli, con il mondo sotto di sè?

 

Alberto Ciarrocchi

Redazione News

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