I fischi alle orecchie per il concerto del Teatro degli Orrori del mercoledì sera non si erano ancora attutiti, che sono di nuovo nella Cittadella di Pisa per una nuova serata alla ricerca di catarsi noise.
Il mio arrivo è stato accolto in lontananza dalle due chitarre dei Misère de la Philosophie. Si tratta di un gruppo di Piombino che già avevamo notato in occasione dell’apertura ai Verdena, nell’edizione Metarock 2011. Mi erano piaciuti allora, e mi piacciono ancora di più a questo giro. Il loro alternative rock cerca l’incontro con la canzone d’autore, e l’incontro è felice per merito di una scrittura davvero notevole.
Un breve cambio palco e ascoltiamo Andrea Carboni in una veste relativamente nuova. Infatti da questa estate il cantautore pisano si fa accompagnare sul palco da Alessandro Santoni al basso e Flavio Andreani alla batteria. Il sound è notevolmente più d’impatto rispetto all’avventura solista, e anche i vecchi pezzi vivono una seconda vita senza forzature. L’occasione di un palco d’apertura al Metarock è ghiotta per presentare il nuovissimo Ep, “Sassi”, un lavoro che vede Carboni in una fase di crescita molto interessante. Purtroppo l’esibizione viene in qualche modo “accorciata” per via dei Marlene Kuntz, che da lì a pochi minuti sarebbero dovuti salire sul palco.
Premettiamo che io sono sempre stato del partito degli Afterhours, quindi forse le mie “impressioni di settembre” su Godano e soci sono influenzate da qualche pregiudizio. Però devo dire che la setlist messa in campo è discreta, e l’approccio noise-rock non mi dispiace affatto (finalmente si torna alla vecchia scuola). Temevo infatti la deriva melodica di Uno. Però c’è un però.
Godano e soci dimostrano pochissimo contatto con il pubblico, sembrano che sono lì per aggiustare una finestra, e invece di usare il trapano usano delle chitarre elettriche. Insomma, noise senz’anima. L’impressione è che devono svolgere un lavoro, sono pagati per quello, e basta.
Il rumore e un po’ di shoegazing però li risolleva moralmente dalla caduta della partecipazione sanremese, e anche i vecchi pezzi li riportano ai fasti che furono: Bellezza, E Poi Il Buio, A Fior Di Pelle, Festa Mesta, Sonica, Nuotando Nell’Aria, Impressioni di settembre, Canzone Ecologica. Anche il pezzo sanremese – Canzone per un figlio – dal vivo non suona così male. Però l’acustica era infame, dominanti voce e batteria, chitarra e violino non pervenuti. Peccato.
Particolare è stato il finale, che sarà durato dieci minuti buoni, in cui tutti i musici a turno si allontanano dal palco, lasciando dei loop a sostiturli. Alla fine rimane il buon Luca Bergia che pesta la batteria come un dannato, e sarà lui a prendere gli applausi finali.
Le orecchie mi fischiano, e considero raggiunto l’obiettivo della serata: vedere dei professionisti del rock italiano che non hanno perso smalto e che hanno molto da insegnare agli “indie-ani” del nostro cortile peninsulare. Però, Godano… permettimi di dirtelo: tiratela meno!
Giuseppe Flavio Pagano