Pistoia blues, ultimo atto: l’America dei Gov’t Mule e di John Hiatt

Che il Pistoia blues sia un’occasione per respirare un po’ di aria del Midwest o del Deep South americano lo sapevamo, ma che quest’aria fosse così buona non è mai per niente scontato. Su BB King non c’erano dubbi, sarebbe stata un’apertura “sicura”, perché anche se ha 86 anni dà ancora lezioni a tutti. L’ultima serata del festival però è stata una sorpresa a tutti gli effetti, soprattutto per chi conosceva relativamente gli headlinear, ovvero i Gov’t Mule e John Hiatt. Con queste due band si spengono le luci dell’edizione 2012 di questo festival, ma è una chiusura in grande stile.

Per l’ultima serata a Pistoia mi sono dovuto districare tra foto sotto palco e ascolto dei concerti, quindi non è stata proprio la condizione ideale per osservare, e soprattutto non è stato possibile intrufolarmi nei backstage per fare un paio di domande ai gruppi d’apertura. Devo dire che l’opening act è stato piuttosto veloce, in sequenza serrata (due-tre pezzi a gruppo) si sono alternati El cuento de la chica y de la tequila da Treviso e i pistoiesi Carlsbad. I primi potremmo definirli come una blues band suono gitano, con influenze tex-mex, i secondi invece si collocano in un incrocio di stili vari, tra rock, blues, funky. I Carlsbad catturano la mia attenzione per la ricerca musicale, mentre El cuento purtroppo scontano la collocazione in un genere un po’ inflazionato, per quanto abbiano una presenza scenica piuttosto caratterizzante. Poi è il momento dei Four Funk di Daniele Nesi, che portano avanti con successo da molti anni il loro personale funky blues d’ispirazione “seventies”. Chiudono gli opening acts un dream-team, ovvero i Leblanc. Questa band accoglie nomi importanti per il blues italiano, come Nick Becattini alla chitarra, Leon Price al basso, Pippo Guarnera all’hammond, e alla batteria Vince Vallicelli. La band ruota attorno alla voce affascinante e potente di Ty Leblanc, cantante texana di formazione gospel, recentemente di stanza in Italia. La presenza scenica della cantante incanta letteralmente il pubblico, e i fotografi.

Dopo una breve pausa salgono sul palco i Gov’t Mule. Che Dio li benedica, perché hanno veramente spaccato. Lo ammetto, io li conoscevo a malapena prima di quella serata, ma mi hanno letteralmente impressionato. Il pubblico era in fiamme durante la loro esibizione. La scaletta di questa jam-band americana, capitanata dal carismatico Warren Haynes, è stata ricchissima di sorprese: dai pezzi come Blind Man In The Dark e One of These Days sono passati a ottime rivisitazioni dei Pink Floyd (One of these days) e dei Led Zeppelin (No Quarter). In particolare sono stato toccato dalla bellissima Wine and Blood. È stata una performance memorabile, tra le più belle che abbia mai visto nei miei tre anni al Pistoia blues. Il pubblico non voleva lasciarli andare via, e neanche io a dire il vero, che gridavo dalle prime file “Please, one more”. Alle dieci e mezza purtroppo lo spettacolo di Warren e soci si conclude.

Prima che salisse sul palco John Hiatt and the Combo è stato necessario aspettare tre quarti d’ora buoni, e almeno un’ottantina di persone hanno lasciato i loro posti in platea per assieparsi al lato del palco per tentare di parlare con Warren. I fotografi erano un po’ scocciati per l’attesa. Io intanto scorgo in mezzo a quella piccola calca il bassista dei Gov’t Mule che si beve una birra in tutta tranquillità. Sembra un po’ Robert Smith con la sua capigliatura, ma lo stivale a punta denota un abbigliamento tutt’altro che new wave.

Finalmente ci fanno entrare sotto palco, nell’area destinata ai fotografi, ed entra Hiatt e la sua band. Mi sono emozionato, perché il primo pezzo in scaletta è stato Master of Disaster, seguito immediatamente da Tennessee plates. Mi è stato chiara immediatamente la cifra di Hiatt dal vivo: travolgente. È un animale da palcoscenico, alla faccia del cantautorato intimista. In alcune espressioni del volto mi ricordava il “Boss”, perché picchiava davvero duro sulla sua chitarra acustica. I membri della band sono all’altezza dell’artista che accompagnano. In particolare il chitarrista ha una mano divina, e ruba persino l’attenzione a John: è elegante nelle pose, preciso, un volto imperturbabile.

Dopo Real fine love tutti i fotografi sono cacciati da sottopalco, solita storia. Io mi allontano da sottopalco canticchiando, perché è l’unico pezzo che conosco a memoria. Poi è il momento dei pezzi nuovi, come Down Around My Place, tratto dall’ultimo album Dirty jeans and mudslide hymns, il ventesimo della carriera di questo prolifico cantautore. È il pezzo più bello di tutto il lotto, dal vivo poi espande un velo di magica malinconia a tutta la piazza. Mi è chiaro perché Hiatt abbia preso tantissime nomination ai Grammy, con la sua voce crea mondi, tocca il cuore. Ammetto che mi si è stretto un nodo in gola.

Tra i pezzi più intensi della setlist c’è anche la bellissima Adios to California, sempre tratta dall’ultimo disco, e poi la sensualissima Feels like rain. Il pubblico invece canta con trasporto Drive South, travolgente con il suo refrain. La resa dal vivo poi di Slow Turning è qualcosa che non ti permette di stare seduto sulla sedia. E infatti ogni tanto saltello mentre scatto foto dalla seconda fila (anche quest’anno ho occupato abusivamente i posti numerati, ormai sono nato per aggirare i controlli della security).

Purtroppo il tempo è tiranno, e la piacevolezza del concerto di Hiatt ci fa avvicinare inevitabilmente verso l’epilogo. La serata si conclude con l’esecuzione di Memphis In The Meantime, e dopo una prima uscita, i nostri rientrano per fare una gran cover. Un tributo a BB King ed Eric Clapton, ovvero Riding with the king, fatto alla maniera di Hiatt. Applausi a cascata per il gruppo che si congeda con un inchino a mezzanotte e mezza. Un totale di quindici pezzi che hanno raccontato l’America, i suoi umori, ma soprattutto hanno parlato nella stessa lingua di Pistoia. I tecnici corrono a smontare il palco, ma io mi sento ricostruito e rinvigorito da cinque ore di musica. Il Pistoia blues apre il nostro terzo orecchio riuscendo ogni anno a costruire e divulgare una solida cultura musicale in tutta Italia.

Foto della serata (dal nostro profilo FB)

Report e foto a cura di Giuseppe F. Pagano 

 

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