Un voto italiano per un malessere di scala europea. Un indicatore chiaro è offerto dalla percentuale di astensionismo: dei 7,5 milioni di cittadini chiamati alle urne, solo il 67% circa si sono presentati al voto. Dunque un meno 7% rispetto alle amministrative precedenti, che indica una disaffezione politica di breve raggio nei confronti degli amministratori municipali, delle politiche locali, e quindi non solo una protesta nei confronti del governo tecnico.
L’affermazione dei “grillini” – qualunque cosa ne pensi Napolitano – è un dato che invita alla riflessione. Segnala un vuoto di scelta politica, che castiga Pdl e Lega, e dall’altro lato segnala la vitalità della società civile italiana che in mancanza di sponde autorevoli si riorganizza, evitando di percorrere vie estreme come in Grecia.
Molte delle scelte espresse in queste amministrative cadono nel segno della continuità, vedi il caso di Verona e Palermo, in cui Tosi e Orlando rappresentano due personalità di provata capacità amministrativa, e pertanto sulla loro persona si concentra il successo elettorale.
Il Terzo Polo è il grande escluso, sia nelle situazioni in cui sostiene alleanze di centro-destra, sia dove va da solo, solo a Genova riesce a portare un candidato al ballottaggio.
L’insieme delle forze che sostengono il governo è messo a dura prova. Il Pdl paga il prezzo più alto perché si trova in una crisi d’identità, e non ha un’immagine chiara di sé e di dove vuole andare. Inoltre è stato partito di governo già prima del dicembre 2011, pagando il prezzo del fallimento del berlusconismo. Il differenziale è netto: su ventisei comuni capoluogo il Pdl ne governava quindici, contro gli otto del Pd. Oggi ne tiene solo tre al primo turno (Lecce, Gorizia e Catanzaro). In altri nove (da Asti a Monza, da Trani ad Agrigento) va ai ballottaggi in netto svantaggio.
La Lega esprime un voto diviso, le truppe maroniane si assicurano una vittoria simbolica a Verona, ma il Carroccio nel complesso paga il prezzo nei comuni più piccoli della Lombardia (la Lega perde anche Cassano Magnago, paese natale di Bossi), perdendo persino a Monza, sede dei ministeri del Nord. Ma oltre agli scandali interni al partito la Lega paga l’arretramento di tutto il centro-destra. La vittoria di Tosi senza dubbio è un messaggio indirizzato a Bossi, e nel frattempo rafforza la candidatura di Maroni alla guida del partito.
Il Pd tiene, ma solo nei numeri, non nella prassi. Quanto accaduto a Palermo è indice di una crisi delle pratiche democratiche interne, oltre che un’incapacità di saper gestire le alleanze, considerando l’anomalia siciliana in cui il PD sostiene il governatore Lombardo. Inoltre il candidato Doria di Genova è stato espresso da ambienti esterni alla “politica politicante”. In ogni caso la foto delle amministrative lascia aperto un interrogativo gigantesco sulla collocazione del Pd e sul gioco delle alleanze, poiché l’unione con i moderati del Terzo Polo non sembrerebbe al momento attuale la scelta più felice, viste le macerie in campo moderato.
Bisogna stare attenti a bollare il fenomeno delle liste civiche come espressione dell’anti-politica. Per esempio il movimento 5 stelle esprime candidati con competenze specifiche, adatti alla competizione locale per la loro attenzione al territorio e a temi specifici. Pertanto occorre sempre distinguere il fenomeno Grillo dal fenomeno movimento 5 stelle. In questo senso è emblematico anche il caso di Tosi e di Orlando, perché hanno cercato di recuperare il rapporto con il territorio e i cittadini. Indicazioni arrivano anche dai referendum in Sardegna, in cui i cittadini sardi con uno straripante 97% hanno chiesto l’abolizione delle quattro nuove provincie (e si sono espressi a favore di un’abolizione delle altre provincie storiche). Hanno inoltre corretto al ribasso i seggi al consiglio regionale, passando da ottanta a cinquanta, e chiesto un abbassamento delle indennità degli “onorevoli” sardi. I sentimenti anti-casta ormai sono tangibili con mano, e la Sardegna ne è solo un primo avamposto.
Questo risultato delle amministrative in Italia, e l’onda lunga dei risultati alle elezioni politiche in Grecia e quelle presidenziali in Francia, potrebbero far crescere le insofferenze verso il governo tecnico, e quindi andare verso il voto anticipato. L’alleanza di Vasto, qualora rivenga messa in piedi, potrebbe avere già ambizioni di maggioranza. Per contro il mal di pancia del Pdl potrebbe tradursi in una politica degli istinti, dalla critica dell’euro sino a uno sbocco nazionale e sociale, e dunque archiviare la stagione “dialogica” della segreteria di Alfano.
Per quanto appaia improbabile un’anticipazione del voto ad ottobre, è anche vero che dalle amministrative sono arrivati anche dei messaggi per il governo tecnico di Monti. Se non viene inaugurata una nuova fase di sostegno allo sviluppo e all’equità, l’attuale maggioranza sarà travolta sia sui numeri sia nel campo delle idee. Allora il monito di Grillo, ovvero “ci vediamo in Parlamento”, può essere già letto come una ragionevole promessa e non come una minaccia.
Il Retrofuturista è a cura di Giuseppe Flavio Pagano