Piermario e la vita

Dopo la manutenzione del nostro sito, dopo le vacanze di Pasqua, ritorna l’Astrolabio. Ma è un ritorno tristissimo, terribile, perché segnato dalla tragedia che sabato pomeriggio ha strappato alla vita il calciatore del Livorno, Piermario Morosini, colpito da arresto cardiaco mentre stava giocando sul campo di Pescara. Le immagini di questo ragazzo che cade, prova a rialzarsi, cade ancora, tenta nuovamente di risalire e poi crolla a terra per sempre, hanno fatto il giro del mondo, e sono entrate come una lama nella testa e nell’anima di tutti noi, facendoci avvertire, quasi in modo fisico, la fragilità della condizione umana. E’ la sensazione di questa precarietà esistenziale, unita al dolore per la morte di un ragazzo di 26 anni, che ci lascia attoniti, impauriti, smarriti, e pieni di domande. Già, le domande.

Fin dagli attimi immediatamente successivi all’ufficialità della drammatica notizia, è iniziato il turbinio degli interrogativi: è stato fatto tutto il possibile? Si poteva salvare in qualche modo Piermario? E se l’infinita leggerezza del vigile, che ha lasciato l’auto di servizio davanti all’ambulanza ritardando di qualche minuto il suo arrivo sul prato, fosse stata fatale? Ma come è possibile che un giovane calciatore professionista, controllato in modo scrupoloso, possa morire così e a quest’età? Quanto possono aver pesato sul cuore del Moro, le ferite di una vita segnata dai lutti delle persone a lui più care? E ancora domande, e ancora dubbi.

 Ci si fanno le domande, perché si ha un bisogno estremo di risposte. Perché rispondere significa, o significherebbe, avere una spiegazione, darsi una giustificazione per quello che è successo.Ogni certezza in più ci sembra un passo, piccolo ma importante, verso il controllo della nostra vita; un controllo che simili tragedie invece ci lasciano pensare che non esista. Chiedere, rispondere, capire ci pare essere l’unica via per sentirci meno precari, e forse per allontanare da noi il pericolo, nel momento in cui non riconosciamo le cause del dramma come tratti distintivi della nostra vita.

E però, tutte le risposte, anche quelle più tecniche, quelle dei professori, dei cardiologi, degli esperti, non si concludono mai in questi giorni senza un accenno al destino, alla fatalità, all’impossibilità di azzerare il rischio di una morte improvvisa. Queste risposte non spazzano via tutte le nostre incertezze e le nostre paure. E forse è meglio così, perché ci costringono a riflettere seriamente sul senso della vita e sull’importanza di dare valore ad ogni momento vissuto. Troppo spesso abbagliati dalla spasmodica ricerca del massimo, molti di noi dimenticano che è dalla mancanza di cura delle cose più semplici che commettiamo gli errori più grandi. Piermario non solo non l’aveva mai dimenticato, ma ne aveva fatto uno stile di vita, e non è retorica post-mortem: come hanno detto tutti quelli che lo hanno conosciuto da vicino, cercava in ogni rapporto di lasciare un segno, consapevole che soltanto certi legami, certi sorrisi, certi sentimenti danno il senso più alto alla vita. Non la ricchezza materiale, che peraltro lui aveva. Grazie Mario, il tuo esempio resterà sempre dentro l’anima di chi non è superficiale.

L’Astrolabio è a cura di Andrea Salvini

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