RECENSIONE: Merkawa – s/t

Merkawa

autoprodotto, 2012

E’ una La Spezia deliziosamente hard-core quella raccontata dai Merkawa, nuovissimo  promettente quartetto ligure pronto ad ammonire chicchessia con un sonoro “belin” e a far tremare i palchi italiani con il loro primo lavoro, omonimo e auto-prodotto, “Merkawa”.

I Merkawa cominciano a combattere il tedio spezzino nel 2006 e tre anni più tardi pubblicano l’ep “Lazzaro” che presenta caratteristiche sonore più vicine all’alternative rock italiano; con l’accrescersi dell’affiatamento tra i membri del gruppo i testi e le melodie sono maturate fino alla realizzazione di questo primo album, registrato al Sonik Studio di La Spezia.

Questo disco dal packing finemente elaborato e rigorosamente home-made, ha ispirato diversi artisti visuali della scena underground pisana, tra cui GaiaEmme, che hai trasposto diversi frammenti dei loro testi nelle sue illustrazioni, refluiti nella partecipatissima mostra dell’1-4 Marzo presso La Limonaia di Pisa “Girls are crying and the boys are masturbating” (gaiathepest.deviantart.com)

L’album si apre con un brano il cui titolo preannuncia quelli che saranno i toni complessivi del disco, “L’ultima spiaggia”, un lido ultimo, che tarda ad arrivare e crea perciò un’aspettativa altra, un’intro sconfinante nel post-rock chiosata dall’imperare delle chitarre, distorte ma perfettamente compenetranti tra solo e accompagnamento, a sottolineare il feeling artistico tra il cantante e il chitarrista Lorenzo Trampetti, ideatori di ogni singolo brano.

E’ un brano in crescendo, una sospensione funzionale all’esplosione di “Un giorno Perfetto”. La disillusione e l’impossibilità di amare aggrediscono l’ascoltatore grazie alla potenza emotiva dell’urlo di Lorenzo Perucca, esecuzione forse un pò ostica a un pubblico non cultore del genere, ma  ben calibrata ed espressiva. Il cantato-urlato si addolcirà nel dispiegarsi dell’album, come in “Nemo”, traccia più vecchia e riconducibile alle primordiali sonorità del gruppo,  in un godibile alternarsi di chiaro-scuri sonori davvero azzeccati. Il brano “Orbita” costituisce sicuramente un summa, sia a livello strumentale che testuale, delle sfaccettature stilistiche del gruppo, che scivola dalla rabbia più acuta di “Hoffmann” e “Uxor” a passaggi più lenti, a volte a prendere la rincorsa per un nuovo slancio incalzante, a volte a suggellare un freno, un’ombreggiatura, come in “Cura”. La batteria di Luca Poletti puntualizza febbrilmente ogni singolo sussulto espressivo, inserendosi su un tappeto melodico frust(r)ato da incazzosi overdrive di chitarra e un basso impeccabile, impugnato da Omar Bovenzi. Come direbbero i ragazzi del gruppo, è un sound che “gasa” e che, allo stesso tempo, parla.

E’ un mondo fatto di bipolarismi quello dei Merkawa, oscillazioni  il coraggio e la difficoltà della parola, l’insidiosità del suono e il bisogno di raccontare e raccontarsi, anche attraverso la ripetizione di crude considerazioni circa l’esistenza, l’amore, il riscatto umano.

I Merkawa si trovano ora davanti una serie di eventi live che ci auguriamo largamente partecipati e che facciano da trampolino di lancio ad una realtà musicale tra le più azzardate e interessanti del momento.

http://www.myspace.com/merkawa/
https://www.facebook.com/pages/Merkava/

 

Francesca Gabriellini – redazione musicale

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