SPORT: Forse aveva ragione Churchill…

Sono ormai passati quattro giorni dal Milan-Juventus più atteso e più discusso degli ultimi anni. Se la vigilia, per la verità piuttosto lunga, era stata caratterizzata dal pianto vittimista di Conte e della Juve tutta, a cui avevano fatto seguito sarcastiche battute di Allegri, che da buon livornese non si era certo tirato indietro nelle schermaglie dialettiche, il post-evento, il dopo-gara, entra di diritto nella storia delle polemiche dell’Italia pallonara. E siccome non bastava il gol clamorosamente non concesso a Muntari (che se scuoteva la rete evitava un’infinità di chiacchere, ovviamente è una batttuta: il ghanese non ha alcuna colpa), il litigio, subito chiarito, tra Conte e Boban in diretta Sky, ecco che sono arrivate le dichiarazioni di Buffon in zona mista, all’uscita da San Siro, che da giorni riempiono le pagine dei giornali, sportivi e non, e sono oggetto degli status di migliaia di persone, sia su facebook che su twitter.

Ora, dirò subito che non mi interessa intervenire nel dibattito in corso tra pro e contro “buffoniani”, perché la mia sarebbe soltanto un’altra opinione che andrebbe ad aggiungersi alla marea di giudizi personali a cui nessuno sembra voler rinunciare. Inoltre, credo che quando un tema diventa così inflazionato, anche l’osservazione più intelligente rischia di passare inosservata. Perciò vorrei dedicare queste poche righe a parlare di altro.

E quello su cui mi piacerebbe far riflettere prende spunto da una

Winston Churchill

celebre frase di Winston Churchill, il quale un giorno disse: “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio, e perdono le partite di calcio come fossero guerre”. Credo che chi era su facebook sabato sera al termine della partita, abbia avuto una testimonianza reale di come le parole di Churchill siano ancora estremamente valide ed attuali. E non tanto per l’attenzione morbosa riservata ad una partita di calcio da parte degli utenti, quanto per i contenuti e le forme in cui si è manifestata quest’attenzione, che ha evidenziato un’arretratezza spaventosa a livello di cultura sportiva.

Perché va bene, si può essere indignati, amareggiati quanto si vuole, ed è anche comprensibile la voglia di esprimerlo e sfogarsi sulla piazza pubblica virtuale, criticando e attaccando duramente coloro i quali a nostro avviso si sono macchiati di comportamenti non corretti in campo e fuori; ma non è possibile accettare post di insulti, poi insulti e ancora insulti, con espressioni qui non riportabili. Non si tratta di moralismo, di educazione forse sì, di senso del limite e della decenza anche, ma tanto non ci scandalizziamo, non è questo il punto. Quello che non mi riesce comprendere, ma più che altro mi fa storcere il naso, è come si possa riversare, in massa, questo tipo di cattiveria sull’oggetto che si sta commentando, che è e resta una partita di calcio in cui nessuno ha ucciso nessuno. Può sembrare banale quest’ultima frase, ma nei miei anni trascorsi da utente Facebook, poche volte, forse mai, prima di sabato sera, ho avuto la “home” invasa da una tale rabbia manifestata in quei termini. E questo, alla luce di quello che accade tutti i giorni nella vita non sportiva del paese e del mondo intero, credo debba far quantomeno riflettere sul modo che abbiamo di sentire e vivere le priorità della realtà che ci circonda.

Credo che bisognerebbe imparare ad usare maggiormente l’arma dell’ironia, della battuta pungente, anche dello sfottò, lasciando da parte isterie e degenerazioni. Un atteggiamento di questo tipo ci aiuterebbe a vedere verde quando è verde, e rosso quando è rosso, senza fare sempre “di tutta un’erba un fascio”, seppellendo sotto metri di ignoranza quella capacità di discernimento di cui Madre Natura invece, fortunatamente, ci ha dotati. Bisognerebbe cioè, provare, sforzarsi a vedere quanto può essere bello diventare un po’ più sportivi e un po’ meno tifosi, guardando una partita con il gusto di godersela davvero, con il profumo della serenità intorno a noi, concedendo soltanto a chi è in campo la possibilità di qualche “errore da eccesso di adrenalina”.

Andrea Salvini

Redazione Sportiva

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