Il campionato di serie A è ripartito dopo la pausa-neve (eccetto Cesena-Catania): la Juve ha pareggiato in casa col Siena per 0-0 e lo stesso punteggio ha fatto il Milan, sempre tra le mura amiche, contro il Napoli.
Detto che giornate un po’così possono capitare a tutte le compagini di questo pianeta, è interessante sottolineare alcuni aspetti.
La squadra attualmente prima in classifica, la Juventus, dopo 22 partite ha pareggiato quattro volte in casa contro squadre di medio-bassa classifica (Bologna, Genoa, Cagliari e Siena).
Il Milan, che segue i bianconeri ad un punto, ha già perso quattro volte.
Il dato più emblematico però riguarda l’Inter, che senza l’harakiri delle ultime due settimane (un punto in tre partite) sarebbe in piena corsa per lo scudetto dopo un primo quarto di stagione in linea con le pretendenti alla salvezza. E in ogni caso, dopo otto sconfitte, otto!, l’Inter è a soli -9 punti dalla Juve (con una partita in più, è vero): sono tanti per rientrare nella lotta al vertice, certo, ma relativamente pochi se si considerano i disastri combinati dai nerazzurri in questa stagione.
Ora, questo fatto testimonia che nessuno corre troppo, che nessuno scappa. Segno che c’è molto equilibrio tra tutte le squadre, non solo tra le grandi. In provincia, o ospitando le squadra che di volta in volta la rappresentano, si possono perdere punti importanti. Questo secondo molti è un bene, perché evita lo scontato, conferendo suspance al campionato. Da questo punto di vista niente da obiettare. L’incertezza crea indubbiamente un maggiore interesse, fosse anche solo per curiosità.
Ieri sera, al termine delle partite, ho lanciato un post volutamente forte, per certi versi provocatorio, sul mio profilo Facebook, affermando, alla luce dei risultati di giornata, che il livello del calcio italiano è imbarazzante. Qualcuno si è risentito, legittimamente (si tratta pur sempre di opinioni), anche perché l’aggettivo usato è effettivamente troppo pesante, e mi ha risposto che l’equilibrio non è il frutto di un livellamento verso il basso, ma al contrario, della capacità delle cosiddette piccole di mettere in crisi le squadre più blasonate, cosa che non avviene – mi hanno fatto notare- in Spagna e Inghilterra per esempio, dove tolte le prime quattro-cinque, il resto è ridicolo, secondo loro.
In altre parole: l’equilibrio non deriva dal demerito delle grandi, ma dai meriti delle provinciali, in grado tatticamente di bloccare avversari complessivamente ed oggettivamente più forti.
Sono totalmente in disaccordo con quest’obiezione: se così fosse, le squadre italiane dominerebbero in Europa, o comunque, otterrebbero risultati di rilievo, che invece latitano negli ultimi anni (salvo casi sporadici), a differenza di quanto accadeva negli anni novanta.
E’ vero che all’estero c’è un diverso modo di giocare: in Spagna non viene concepita l’idea di impostare un match solamente per pareggiare, e in Inghilterra, come ricordava Ancelotti in una recente intervista, le squadra giocano tutte più o meno allo stesso modo e non creano particolari difficoltà a livello tattico. Però, il fatto che tatticamente le squadre medio-basse del campionato italiano siano più avvedute, non è a mio giudizio un indizio di livellamento verso l’alto, perché questo si ottiene solo con giocatori qualitativamente migliori. Magari il campionato italiano è ancora il più difficile, ma certamente il suo livello non si è alzato, anzi: pensate al Milan che vinceva campionati a metà degli anni novanta, alla Juve di Lippi e a quella di Capello e confrontatela con la formazione attuale di cui dispone Conte: c’è un abisso, innegabile, di valori.
E poi, ricordate che quando la tattica la fa così da padrona, significa che non ci sono giocatori in grado di scardinarla, giocatori che saltano l’uomo, specialisti di calci di punizioni, gente che calcia come si deve da fuori area: tutte qualità che appartengono ad un alto livello di calcio, che in Italia, oggi, manca.
E infine, la tattica non è soltanto sapersi difendere, non è un’arma che possono sfruttare solo le squadre più deboli: d’accordo, il Barcellona di questi anni è una favolosa eccezione non ripetibile a meno di non clonare Xavi e Iniesta, però magari se qualche top team italiano provasse a copiare il recupero palla in sei secondi (uno dei mantra del pensiero “guardiolano”), sarebbe più difficile per il Siena di turno chiudersi novanta minuti in area di rigore.
Andrea Salvini
Redazione Sportiva