In conclusione dell’articolo di sabato (https://radio-eco.it/e-cosi-finche-dura), volendo sottolineare come le valutazioni proposte fossero da inquadrare nel lungo periodo, e come invece nel breve potessi anche essere smentito, mi ero affacciato sulla giornata che stava per arrivare, avventurandomi in due pronostici che contrastavano con quanto fino a quel momento avevo scritto: la vittoria della Roma sul Milan e quella dell’Inter sulla Juve. Li ho sbagliati entrambi. Pensavo che il clima da ultima spiaggia dell’Inter e la guarigione non ancora completa del Milan potessero farmi azzeccare i due risultati, ed invece così non è stato. Questo significa che i pregi individuai nei vincitori e i difetti addebitati agli sconfitti sono tali da non poter essere messi in soffitta neanche per una sera, come invece si poteva credere. Dunque, pronostici falliti ma valutazioni che ne escono ancor più rafforzate.
La Roma ha giocato a tratti anche meglio del Milan, ha creato palle gol, con un po’più di cattiveria davanti e un Abbiati meno stratosferico avrebbe potuto anche ottenere un risultato migliore; ma la squadra di Allegri, tornata a tempo record nelle zone altissime della classifica ha dimostrato di essere più cinica, più esperta, qualitativamente migliore e ha saputo venir fuori da grande in un match complicato, come ha riconosciuto con la solita sportività Luis Enrique: “Ad oggi c’è troppa differenza” ha detto il tecnico spagnolo al termine del match; se lo lasceranno lavorare, e se lui capirà che il Barça non è riproducibile, la Roma negli anni futuri darà grandi soddisfazioni ai suoi sostenitori: i giovani acquistati sono, in proiezione, di livello molto alto.
Inter-Juve è stata la conferma più evidente dell’analisi del turno precedente: i nerazzurri ribadiscono una volta di più di essere alla fine di un’epoca, perché se lo smisurato orgoglio dei campioni che furono (nel non abdicare alla rivale storica), non ce la fa a colmare, neanche per una sera, le lacune anagrafiche e tecniche di una squadra “arrivata”, allora i problemi sono tanti e difficili da superare. Le parole di Ranieri nel post-gara sono state emblematiche: “Alla fine del primo tempo ho sostituito Zarate (che giocava di punta – Ndr) con Castagnos (messo a sinistra- Ndr) perché sapevo che la squadra avrebbe sofferto alla lunga la migliore condizione atletica della Juve. Ho cercato di chiudere gli spazi ed infatti abbiamo rischiato poco”. Peccato che stava 2-1 per la Juventus quando ha fatto il cambio, e che invece di contenere bisognava provare a recuperare il risultato, visto che l’Inter stava scivolando a -11 dai bianconeri (così come poi è stato), nei pressi della zona retrocessione. Gli uomini di Conte dal canto loro mantengono il primato, riaffermando di essere una squadra tosta, che crede nel lavoro che fa, cha ha voglia di soffrire insieme, ma a mio avviso assolutamente non pronta a vincere lo scudetto, soprattutto per la qualità della sua difesa: se lo facesse, sarebbe un regalo di altri.
Il Napoli, o meglio, la coppia Mazzarri-De Laurentiis, persevera nell’errore dal quale avevo messo in guardia: ha pensato troppo alla Champions, e troppo poco al campionato, affidandosi nuovamente al turnover; ma le riserve non sono all’altezza dei titolari, c’è poco da fare. Anche se il tecnico partenopeo continua a ripetere che si tratta soltanto di coincidenze, più indizi fanno una prova. Non che si debba snobbare l’Europa (ci mancherebbe, anzi pure l’Europa League dovrebbe essere presa con maggior onore dalle italiane impegnate), ma ha poco senso barattare un ottavo di Champions (che credo sia il massimo a cui il Napoli possa aspirare) con il (possibile) terzo scudetto della storia.
L’Udinese (miglior difesa del campionato) ritrova Di Natale e vittoria, e le due cose sono strettamente collegate, come non era difficile prevedere. Il cannoniere campano-friulano ha segnato, colpito una traversa, inventato magie non sfruttate dai compagni: se non si prende neanche un raffreddore l’Udinese può dire la sua molto a lungo, ma molto probabilmente non basterà, anche se farebbe piacere (e bene al calcio malato di business) vedere una provinciale lassù in vetta da sola all’ultima giornata.
Attenzione alla Lazio: a fari spenti, è seconda insieme alla squadra di Guidolin, subisce pochi gol (elemento solitamente decisivo per arrivare a grandi traguardi) e davanti fa male, perché Klose e Cissé, oltre ad essere forti, stanno diventando anche molto affiatati.
Andrea Salvini
Redazione Sportiva