2011 // RCA-Rough Trade.
Sono passati 5 anni da “First Impression of Heart” ed in questo lasso di tempo i vari componenti della band newyorchese sono sempre stati presenti con i loro album solisti (addirittura due per Hammond jr).
“Angles” è il quarto, e vociferato ultimo, album della band che agli inizi del 2000 “ha salvato il rock”, osannata per aver creato un genere a parte, che ha dato seguito a una marea di band più o meno emulatrici e che ha ridato vigore all’Indie, interrompe questo periodo di assenza e viene accolto da un gran fermento e da una grande aspettativa da parte dei fans e non.
Quando un album esce in questo clima, ogni cosa viene messa in discussione a partire dalla copertina: una scala di Escher rivisitata con motivi anni ’80, che personalmente trovo molto bella ma si sa, “de gustibus non disputandum est”.
Dal punto di vista dei contenuti ci si aspettava un album eccezionale sotto tutti i punti di vista, ma questa volta la band di Casablancas & co. non è riuscita a essere all’altezza dei lavori precedenti.
I “ragazzacci” di New York provano ad ampliare la propria gamma di suoni con l’uso di synth e qualche parte funk, inserendo tutto nella solida struttura dei lavori precedenti, ma riescono nel loro intento a metà dando vita a un album che ha sì il suono tipico degli Strokes ma che non convince fino in fondo.
Essendo una band molto complessa che ha fatto fortuna lavorando a 360° su suono e immagine ognuno trova qualche punto che non convince. Vale comunque la pena ascoltare l’album che si apre con l’ottima “Machu Picchu”, caratterizzata da una ritmica che richiama molto gli anni ’80, per passare a “Under Cover of Darkness”, primo estratto dell’album, e unico brano a essere così tipicamente Strokes.
Il resto dell’album contiene canzoni fatte più o meno bene: “Two Kind of Happiness” è una canzone divertente con un’ottima parte ritmica; “You’re So Right” invece, dove i protagonisti sono basso e batteria, risulta essere più cupa; “Taken for a Full” richiama molto la loro inclinazione r’n’r mentre “Games” riprende il tema anni ’80 annunciato nella copertina a suono di synth e drum-machine; “Call Me Back” è una canzone che ricorda quasi il bossanova mentre “Gratisfaction” prova a rievocare i vecchi fasti.
Il cd si conclude con “Metabolism” che risulta essere una canzone di riempimento e con “Life Is Simple In The Moonlight” , ultimo pezzo da novanta che forse è l’unica traccia che esprime il desiderio di rinnovamento della band.
Da grande fan della band non sono particolarmente entusiasmato da questo lavoro, ma dopo tutti questi anni è meglio di niente.
Andrè Paul Ferro