Serata dalle mille sorprese quella che ci ha regalato il secondo atto di questo Pistoia Blues 2011.
In noi era viva l’attesa di scoprire quanto questo festival potesse regalarci in una serata diversa per accenti sonori dal giorno di apertura. Ha dominato incontrastato il blues e il rock, ma soprattutto ha ripreso vita per un’ora e mezza la leggenda dei Doors, e noi ne siamo stati testimoni privilegiati.
Siamo arrivati a Pistoia alle 18 e qualcosa, in tempo per sederci nella platea di sedie ancora vuote, e ascoltarci divertiti il sound ska degli Skapestrati, formazione niente male proveniente dall’Elba. Ci siamo però chiesti la ragione che ha spinto gli organizzatori a miscelare questo genere con le proposte musicali offerti dai gruppi successivi, radicalmente diversi. Infatti poco dopo gli Skapestrati salgono sul palco una formazione che porta il nome di Michele Beneforti & Hot love trio. Una batteria, una tastiera e una chitarra. Hanno proposto un rock-blues davvero ben eseguito, e l’uso delle tastiere ha in qualche modo sostituito ad interim anche il basso. Ci sono piaciuti così tanto che poi siamo andati ad intervistarli, alla faccia dell’imbarazzante ufficio stampa del Pistoia blues che ci aveva negato i contatti di questa band (amiamo far polemica contro le storture dello show biz!).
Subito dopo è la volta di Willie Nile, newyorkese, venticinque anni di carriera alle spalle, ha iniziato la sua carriera nei club del Village. Si dice che abiti a Lucca. Il look ricorda vagamente Bob Dylan, forse la capigliatura. Willie è un nome grosso per gli addetti ai lavori, perchè ha collaborato con gente come Ringo Starr, Who, Elvis Costello, e capita anche di beccarlo accanto a The Boss e la E Street Band. Il suono che propone è una specie di “one man Clash”… cioè i Clash in una sola persona. Attitudine allo spettacolo: innata! E’ trascinante come solo gli americani sanno esserlo.
Ascoltiamo poi una coppia davvero interessante: Luca Olivieri e James Burton. Il primo è una gloriosa guardia del buon country fatto in Italia, e ha all’attivo collaborazioni con John Jorgenson, Tommy Emmanuel, Johnny Hiland, Jerry Donahue. Gente che ha fatto la storia della chitarra. La collaborazione che presenta qui a Pistoia è davvero delle più eccellenti, perchè Mr. Burton è stato il chitarrista di Elvis e di Johnny Cash, tanto per fare due nomi, e nelle sue tappe italiane sceglie sempre la voce di Olivieri ad accompagnarlo. Ci credete se vi dico che non si poteva stare letteralmente fermi di fronte a un blues e un rock’n’roll così trascinanti?
Poi andiamo un po’ nel backstage, intervistiamo così dopo un po’ di attese Luca Olivieri… e arriviamo a un soffio dall’intervistare Mr. Burton, con cui però abbiamo l’ardire di scambiare qualche parole a telecamere spente. Nel frattempo nel backstage si aggirano Ray Manzarek e Robby Krieger dei Doors. Ce li abbiamo a tre metri di distanza. Ovviamente è permesso solo alle grandi testate intervistarli. Noi osserviamo. Quando uno dei nostri (Andrea Spinelli) si accinge a tentare uno scatto con una macchina fotografica analogica, ci cacciano dal backstage. Sono i rischi del mestiere.
Mentre siamo alle prese con i gorilla, sul palco canta Robben Ford, ovvero la chitarra di Miles Davis nel tour del 1986. Ma la sua biografia vanta collaborazioni con George Harrison, Michael McDonald, Joni Mitchell e innumerevoli altri nomi. Spesso quando ti ritrovi di fronte a questi mostri della tecnica pensi “abili di chitarra, ma deboli di voce”… e invece no, perchè Robben ha una voce davvero niente male. Avremmo voluto seguire con più attenzione la sua esibizione da sottopalco.
Intanto è l’ora dell’ingresso on stage di Ray Manzarek e Robby Krieger. Quando salgono è ovazione, delirio puro. C’erano un tempo delle sedie numerate in platea, ma poi il pubblico le ha sfruttate per salirci sopra. Una massa si accalcava sotto le transenne. Dopo i primi tre pezzi la transenna si incrina, sino ad essere quasi piegata. Inizia una scena davvero rock’n’roll, cioè la security che si posiziona accanto ai musicisti per proteggere i nostri due Doors dall’arrivo di gente sul bordo-palco. Il concerto s’interrompe per 40 secondi o poco più, il presentatore intima al pubblico di ricomporsi. Come non detto: fischi e urla, fischi e urla. Si ricomincia. I Doors regalano tutti i grandi successi del Re Lucertola, suonati con un piglio filologico impeccabile. Chi si aspettava di vedere due anzianotti sul palco deve ricredersi. Chi pensava di vedere un cantante che fosse una pallida emulazione di Jim Morrison deve ricredersi altrettanto. Noi per primi rimaniamo sorpresi di come sia ritornata in vita la leggenda. Guardiamo attoniti quanto accade tra il pubblico… scene d’isteria collettiva. Vederle dal retropalco ti fa sentire protetto. Scattiamo qualche foto di sgamo e giriamo qualche breve video da uno spiraglio. E’ incredibile quanto si sta consumando sotto i nostri occhi. Ma non facciamo in tempo a realizzare che è già l’ora dei saluti dei Doors redivivi al pubblico, sotto il suono di un applauso scrosciante che non accenna a interrompersi neppure dopo la loro uscita di scena.
Nel retropalco si accalcano i fan, la gente scavalca le transenne, la sicurezza non riesce più a contenere nulla. Per fortuna tiene il cordone attorno al Palazzo Comunale. Opportunamente ce la diamo a gambe, anche per cercare un ristoro alle fatiche della serata: ristoro alcolico, s’intende. Ultima tappa delle nostre peregrinazioni pistoiesi è stato l’Orange club, locale in cui dalle 23.30 in poi iniziavano delle jam session con i gruppi che si erano esibiti ieri e oggi sul palco del Pistoia Blues. Sorseggiamo una birra, meditiamo sull’inutilità degli uffici stampa, parliamo di Handel e di teatro giapponese. Avremmo anche cantato Battiato, ma l’ora era tarda, e quindi abbiamo dato i nostri saluti a Pistoia per rimetterci in macchina e tornare a Pisa, silenziosa addormentata, che non si sveglia neppure quando arriviamo in macchina con i Sonic Youth a “tutto foco” nello stereo. Poche ora di sonno ci aspettano, e poi ritorneremo di nuovo a sfidare il destino nell’ultima serata al Pistoia Blues.
Giuseppe F. Pagano