Milano fatale

I numeri non lasciano molto spazio ai dubbi, il sogno berlusconiano s’infrange laddove è nato, cioè a Milano. Questa tornata elettorale amministrativa offre molti spunti per riflettere sui destini che aspettano l’asse Pdl-Lega, sull’effettiva rilevanza di un Terzo Polo, e anche sulle aspettative di cui è adesso investita la coalizione del centro-sinistra.

Persino agli analisti più attenti il distacco di sette punti percentuali tra Pisapia e Moratti è apparso inusitato. Trasformare il voto amministrativo di Milano in una sorta di referendum sulla persona di Berlusconi si è rivelato un boomerang, per cui oggi la batosta della candidatura della Moratti pesa tutta sul capo del partito invece di essere “socializzata” sulla coalizione e sulla figura stessa della Moratti, che pure tanta simpatia non aveva suscitato tra i simpatizzanti della Lega.

Di errori ce ne sono stati molti, innanzitutto la radicalizzazione dello scontro, che ha tenuto fuori dall’agone elettorale riflessioni importanti sul futuro di Milano, la sua gestione urbanistica, i servizi, la viabilità, spostando tutto sull’invettiva personale, sfociando nella calunnia vera e propria, in una sorta di quadro grottesco in cui Pisapia, formazioni terroristiche e procure erano affratellati da un comune intento eversivo. Vedere una signora dei salotti buoni come la Moratti presentarsi sotto le vesti di una scalmanata, ha sicuramente aiutato a dirottare parte dei consensi moderati sul Terzo polo o verso l’astensione. Basta notare infatti come l’evidente antipatia verso la Moratti è numericamente dimostrata dalle preferenze personali che sono inferiori del 3% rispetto ai dati della coalizione. I milanesi hanno anche mal tollerato l’ingerenza di Berlusconi, punendolo con 28000 voti, una caduta verticale rispetto ai 53.000 del 2006.

L’ottimo risultato di Pisapia è al contrario frutto di un impegno di natura diversa, in cui il dialogo con la borghesia e i ceti produttivi è stato affiancato all’ascolto delle istanze popolari dei quartieri disagiati, delle fasce più esposte alla crisi. Ha presentato un piano di sviluppo credibile per Milano, puntando sui servizi invece che sull’edilizia speculatoria di City Life. Pisapia, già premiato ampiamente alle primarie, riesce persino a convogliare consensi che superano di poco i risultati della coalizione. Pertanto il sorpasso non solo è un dato politico inconfutabile, ma anche un atto di fiducia sulla persona.

Male va la Lega, che avrebbe dovuto fermare l’emorragia di consensi di cui era vittima il Pdl. I dati sono sconfortanti, sia a Milano che a Torino, per quanto poi il Carroccio tenti di minimizzare. Tra l’altro segue perfettamente un trend che si è ripetuto in altre città. La Lega non riesce a sfondare nelle grandi città, e anche nelle piccole e medie realtà, laddove prendeva grandi consensi, la sua presenza ne esce parecchio ridimensionata. E’ un evidente segnale di malessere dei simpatizzanti leghisti, che non ammettono più le ambiguità di una Lega di lotta e di governo, e soprattutto dimostrano sempre più refrattarietà verso Berlusconi.

Dati deludenti del Terzo polo a Milano, anche se causati dalla scelta dell’Udc di correre da sola. Tuttavia sia a Milano che in altre realtà il Terzo polo sarà l’ago della bilancia per molti ballottaggi, forse una forza determinante. Ma nei distinguo tra “falchi” e “colombe” sulle scelte finali dei candidati da appoggiare al ballottaggio (non solo a Milano) è probabile che si consumino rese dei conti o altre fuoriscite importanti.

Se gli sconfitti hanno una faccia e un nome ben preciso, così non è per i vittoriosi, perchè sarebbe un atto impreciso attribuire d’ufficio la vittoria di Pisapia al Pd. Se il Pd vince inequivocabilmente a Torino, e di misura prende Bologna (con il controcanto di un risultato eccezionale dei grillini, che hanno pescato sostegni tra il popolo astensionista e tra i delusi del centro-sinistra), di sicuro ha mostrato lacune fortissime a Napoli, dove passa il candidato dell’Idv De Magistris. Persino Pisapia non è uomo del Pd, ma espressione di SEL e del movimentismo, quindi il ruolo del Pd in questo caso è stato un sostegno silenzioso. La sintesi di questo quadro premia dunque le aree più connotate identitariamente del centro-sinistra, premia i movimenti d’opinione, premia anche il voto di protesta (come a Napoli). Ridimensiona invece il ruolo dei partiti tradizionali, e la rincorsa verso l’estremismo moderato.

Milano fatale, dunque, per il sogno berlusconiano. Ma Milano anche avanguardia degli umori del Paese, in grado sempre di anticipare svolte politiche di portata storica. Milano ha visto il collasso della prima Repubblica con “Mani pulite”, poi il trionfo di un sindaco leghista – il primo di una grande città. Ha visto anche l’irresistibile ascesa del berlusconismo, la sua inattaccabilità. Ma ha visto poi la deriva erotico-puttaniera dell’Olgettina, e il coraggio della procura che ha scoperchiato i vasi di Pandora del potere. Adesso è la città dell’avvocato gentile che dà una lezione di buona politica all’Italia. E oggi tanti italiani si sentono milanesi.

Giuseppe F. Pagano (per Redazione News di Radioeco.it)

 

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